Possibile che il Punk Rock, in Italia come all’estero, sia cosi incapace di tirarsi fuori da quelle sabbie mobili nelle quali si è tuffato di testa oltre un decennio fa? È finita l’era del No Future, del Sex And Violence, de “la nostra musica fa schifo ma non ci frega un cazzo”. Punk e anarchia. Mica tanto. A livello sociologico un semifallimento visto che gran parte dei seguaci del genere/movimento predicano gli ideali e anti ideali del nichilismo ma sempre quando si trovano a debita distanza da quella che è la loro vita reale. Ovvio che non voglia assolutamente generalizzare ma di punkabbestia figli di papà ne ho visti veramente troppi. A livello musicale, che poi è la cosa che più m’interessa, la situazione è simile perché se è vero che il Punk Rock dovrebbe essere tra i generi più liberi del creato, poco attento a tecnicismi e schemi vari, è anche vero che, oggi più che ieri, i nuovi punk rocker seguono delle linee guida nella composizione dei brani che appaiono di una spaventosa rigidità. Qualcuno a essere sincero e come mi sforzo sempre di ripetere, ci ha anche provato ma il rischio è spesso quello di essere poco Punk per i Punk e troppo Punk per il resto del pubblico. La colpa in fondo è anche la vostra e la mia, se preferite. Se avete ancora qualcosa da chiedere al figlio di Joey, Johnny e Joe, non abbiate paura. Che cosa volete ancora dal Punk? Quali risposte e quali domande cercate, insomma che diavolo deve dirvi e suonarvi ancora una band del genere che non abbiano già detto e suonato i Ramones, i Sex Pistols o i Clash, tanto per fare qualche nome? Dal mio punto di vista ce ne sarebbero tante di cose ma bisogna capire quanto coraggio abbiano gli artisti e quanta apertura mentale l’eventuale pubblico. Forse è meglio lasciar perdere. Scusate lo sfogo, ma fidatevi del mio dispiacere. Sono nato e cresciuto col Punk e solo col tempo ho acquisito quel certo distacco necessario a capire in che nero vicolo cieco si sia cacciato. Quanto detto non è assolutamente una critica diretta a questo Here Again, degli Knives Out. Anzi, Dexter (vocals), Jonas (guitar) Samy (guitar), Luca (bass) e Luo (drums) ce la mettono tutta per farci muovere il culo. Il problema è che tra Social Distortion, Bad Brains, Rancid e Antiflag tutto è troppo, cazzo, troppo scontato. E la cosa brutta è che gli svizzeri sono al loro esordio. È il momento in cui dovrebbero sputare tutte le loro idee come catarro nel cesso la domenica mattina. O mancano quelle (le idee) o manca il coraggio. Ci sono band che fanno il capolavoro all’esordio e poi si ficcano nel deretano della storia per sempre. Loro no. Forse sono timidi. Grinta, rabbia e cori ubriachi dominano tutto “I’m Here”. Continue rievocazioni dominano tutto il disco dei cinque.
“Desolate Road” suona coriacea e possente ma presenta un’assenza di melodia che sembra più una difficoltà respiratoria alla fine del secondo pacchetto di Pall Mall 100’s che non una scelta da fuoriclasse. “Wait” si presenta come un bel pezzo spumeggiante e sparato a mille ma in fondo, se non fosse per il fatto che la band viene da Lugano, alla fine quello che resta è un amaro sapore di (in realtà probabilmente anzi sicuramente irreale) scopiazzatura sporcata dei nostri Punkreas. Si continua col tripu(ah)dio adrenalinico e sfrenato di “In The Land Of Dreams” nel quale ritroviamo i pallosi coretti che però dal vivo devono far tanto fighi. Ok. Forse l’avete capito. Questo disco non mi piace. Forse piacerà a qualche fanatico del genere. Agli amici della band. Agli amici degli amici. Difficile andare oltre. Qualità non eccelsa, nessun tentativo di superare gli schemi classici del punk e il resto poca roba. Un pizzico di Huntington Beach stile Guttermouth in pezzi come “Foe”, qualche giro di basso alla Matt Freeman, ancora omaggi punkocalifornicatori in “Welcome to the Crew” e poi il disco è finito. Non so se l’avete capito, ma Here Again non mi è piaciuto molto. C’è troppa musica in giro. Lunga vita ai coraggiosi. C’è poco tempo a disposizione. E chi non ha coraggio abbia almeno senso estetico (e non parlo di estetica classica ma almeno un minimo di senso melodico (che poi nel Punk non servono melodie di una raffinata ricercatezza (i Ramones insegnano))). Non mi va neanche più di parlare di questo disco, di questi trentatré minuti poco gratificanti per quanto in fondo scorrevoli. Scusate ma non è per me. Se proprio vi è finito del Punk a casa, è una buona riserva, come una bottiglia di gin nel cassonetto del water, utile quanto finisce la birra Birra. Magari cacciatela fuori quando la vostra tipa dorme. Se vi piace il Punk, senza se e senza ma, potrebbe fare per voi. Se siete degli incalliti Indiesnob lasciate stare. Unicuique suum. Scusate se ho parlato poco o male della musica degli Knives Out ma scrivere è più simile a scopare che a farsi una sega. Ci vuole un buon partner e la voglia viene da sé. E poi mi scoccia parlare male dei dischi. Comunque, che ci crediate o no, nelle piccole webzine, siamo ancora liberi di farlo. W Los Ramones! W Rockambula!
Last modified: 1 Giugno 2012