Il quarto album della band emo/math di Brighton nasce da un mondo in eterno conflitto in cui è difficile trovare le parole giuste.
[ 11.10.2024 | Sofa Boy | math rock, emo, indie rock ]
Una casa, una finestra illuminata, una figura che guarda all’esterno. Fuori, l’oscurità, l’ignoto, un corpo steso a terra. È vivo? È morto? Ci sta guardando? Ci sta giudicando, sicuri come siamo all’interno di queste quattro mura? E perché sta lì? Non è che è colpa nostra? Come possiamo saperlo? Come possiamo ignorarlo, adesso che questo pensiero gira nella nostra testa? Come possiamo pensare ad altro?
Blue Garden è il quarto album in studio dei Delta Sleep, quartetto di stanza a Brighton, ed è anche il loro album più strutturato e compatto, dove buona parte del romanticismo passato viene sostituita dal pessimismo e da una disillusione relativa al mondo che ci circonda.
Come ne possiamo parlare? Come ci dobbiamo comportare? Sembra tutto più grande di noi, ma al tempo stesso stare con le mani in mano drena più energie dell’azione. I Delta Sleep descrivono questa sensazione come “una nuvola grigia sempre presente nel retro della mente” che offusca anche quel poco di luce che prova a filtrare di tanto in tanto.
Una luce che si fa drammatica nella copertina descritta sopra, una luce che accompagna comunque questo viaggio lungo dodici tracce, e lo fa da quella Dawn posta in apertura, che setta subito il tono dell’album in un delicato crescendo.
“Don’t say that you’re a leader / When there’s bloodshed in your eyes / In a chamber of deceivers / Sending bullets through the night”, prima di sfumare in Slow Burn, esplosione perfetta che riporta il fuoco della guerra al nostro interno, prima di disegnare una scena priva di qualunque speranza (“Can’t you see that we’re burning / As we watch the world burn”).
A Casa dei Delta Sleep.
Composto (quasi) senza precedenti demo o registrazioni su cui costruire, Blue Garden è stato un lavoro più complesso da concepire per una band abituata a lavorare in fretta.
L’unica eccezione a questo metodo di lavoro sembra essere A Casa, meravigliosa specie di Camp Adventure 2.0 composta durante il lockdown (la prima versione acustica compare in Soft Sounds), che già dal titolo omaggia un’Italia che ha da subito adottato i Delta Sleep quasi come figli propri, sia con la vicinanza e la collaborazione con To Lose La Track, sia con un affetto tracimante ogni volta che Devin Yüceil e il resto della band passano per il nostro Paese.
Il brano – manco a dirlo – parte dalla quarantena per affrontare la fine di una relazione e tutti i non detti attorno ad essa, e questo conflitto interiore ben si sposa con il resto di Blue Garden, fatto di scontri, solitudine e un debole raggio di speranza.
Per gli amanti delle atmosfere più jazzate, del math rock e delle chitarre che fanno piru-piru™ c’è The Distance, con la sua storia d’amore che prova a sopravvivere ai chilometri in un mondo a pezzi.
Il resto dell’album mantiene l’impronta Delta Sleep, ma la carica di decibel, distorsioni e consapevolezza: prendete Illuminator e il suo epico crescendo, o la muscolare Figure In The Dark, oppure una Sl_ck_rs che si fa trottola indie rock mentre gira verso la fine del mondo (“I can’t remember the last time we looked beyond this country / Erasing all the comfort in our minds”).
Vulnerabili ma anche fieri.
A Casa e Glow tornano in territori musicalmente più familiari, così come quella Sunchaser utilizzata come primo singolo e qui posta in chiusura, che esplode (letteralmente) in un refrain micidiale, che a seconda del tipo di persona che siete vi sembrerà un addio o un arrivederci.
“See you when the sun in shining
Then maybe it would be worth finding
Somewhat of a silver lining”
Arrivati ad una maturità e ad un livello di scrittura che li pone tra i grandi della scena britannica e non solo, i Delta Sleep fanno brillare di luce propria anche brani nati dall’oscurità più profonda. Magari non sanno come parlarne, come comportarsi, ma già prendere una posizione e mantenerla è un segno di dignità e rispetto con cui porsi di fronte a un mondo che sembra non averne mai abbastanza di conflitti (ne parlavamo anche nel disco dei Chat Pile).
Il modo di entrare nel merito di certi temi, vulnerabile e fiero al tempo stesso, che permea certi generi musicali e produzioni che nascono dal basso rimarrà sempre la risposta migliore – anche se incerta – al corpo fuori dalla finestra, o alla nuvola grigia che circonda tutto, non solo la nostra testa.
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Last modified: 31 Ottobre 2024