Poche chiacchiere, tanta sostanza: la band bolognese non teme la prova del secondo album e consolida e potenzia la propria formula vincente.
[ 03.11.2023 | post-punk, no wave | Bronson Recordings ]
Small Talk, ovvero: le chiacchiere da bar, quel discorrere del tutto e del nulla che ci lascia indifferenti e ci passa attraverso come un fantasma senza lasciarci addosso alcuna traccia; il parlare fra semisconosciuti tanto per passare il tempo, che ci riempie e al tempo stesso ci svuota.
Non soltanto il titolo, ma anche la copertina del secondo, atteso album dei Leatherette sembra volerci restituire la diapositiva di una situazione con la quale sicuramente ognuno di noi avrà avuto a che fare svariate volte. Una folla di gente indistinta, quasi senza volto né contorni ben delineati, in apparenza unita ma in realtà divisa da un nulla cosmico in comune.
Una dimensione estremamente ridotta, provinciale e stereotipata dalla quale scollarsi a tutti i costi, un sentimento che trabocca letteralmente, più esplicito che mai ma allo stesso tempo criptico e sfuggente, dal testo di Fade Away (“You can leave this town, but some things never change”).
Chi li aveva già conosciuti con l’EP di debutto Mixed Waste e il successivo ottimo album d’esordio Fiesta, pubblicato soltanto un anno fa, saprà sicuramente collocare al giusto posto questa visione nel background dei Leatherette. Nella giovanissima formazione di stanza a Bologna non c’è infatti nulla (o quasi) che possa suonare vagamente nostrano.
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Più assimilabile a realtà attuali d’Oltremanica come DEADLETTER e The Lounge Society, con un sound libero e contaminato che oscilla fra il post-punk e la no wave ed un linguaggio fuori da ogni schema, il talentuoso quintetto aveva già messo in chiaro fin dal principio le proprie intenzioni: dirigere i propri obiettivi ben oltre i nostri confini, puntando ad un suono internazionale e carico di personalità per potersi imporre come nuova voce anche al di fuori del panorama musicale italiano contemporaneo.
E, potremmo aggiungere a questo punto, parliamo di traguardi già ampiamente raggiunti. Small Talk è il naturale seguito di un lungo periodo trascorso in tour fra Europa e UK per la promozione del precedente album, mesi durante i quali i componenti della band hanno potuto consolidare il proprio legame, sviluppando e lavorando instancabilmente a nuove influenze e prospettive.
Con questa seconda opera, i Leatherette dimostrano di essere rimasti felicemente fedeli alla linea intrapresa nel precedente LP, veicolando però il deflagrante e fantasioso caos che già li caratterizzava in nuove e più affinate forme di espressione.
L’album, mixato a Bristol da Chris Fullard (IDLES) e masterizzato a Portland da Adam Gonsalves presso il leggendario Telegraph Audio Mastering, esalta in maniera ottimale quello che a tutti gli effetti è il vero punto di forza della band, la dimensione live. Gli strumenti sono stati infatti tutti registrati dal vivo, suonando tutti insieme allo stesso tempo, senza sovraincisione.
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Nelle dodici tracce di Small Talk si alternano momenti di corrosività noise ad episodi più morbidi e “pop”, senza che mai autenticità, struttura e compattezza dell’album ne vengano mai intaccate.
Dalla spigolosità sbilenca di James Chance & The Contortions all’attitudine riottosa dei primi Clash, con qualche incursione che strizza l’occhio ai fan di Morrissey e dei suoi Smiths e passando per l’atmosfera rarefatta di un fumoso jazz club e l’acidità di un incalzante giro funk, le influenze sono molteplici e tutte ben calibrate.
A giocare un ruolo essenziale è sempre il sax di Jacopo Finelli, marcatamente presente ma mai ridondante. Distorto e pulsante all’occorrenza, nell’esplosiva traccia d’apertura Bureaucracy Apocalypse fa da vero gancio da traino, mentre nella breve Nightshift risulta suggestivo e rétro.
Le rabbiose chitarre di Andrea Gerardi, le attanaglianti linee di basso di Marco Jespersen e l’incontenibile batteria di Francesco Bonora sono validi contrappesi alle linee vocali di Michele Battaglioli, più versatili che mai.
Il risultato finale è solido e compatto, un imprevedibile e geniale mix di idee che riescono sempre ad incastrarsi perfettamente, senza mai stonare l’una con l’altra. Il tiratissimo uptempo di Spying on the Garden ci travolge improvvisamente come un turbine post-punk, con il suo spoken word sguaiato che si fa spazio fra riff inesorabili, la contorta Experimenting confonde e disorienta, il raffinato blues di Lips incanta con la sua dolcezza.
Se Fiesta poteva essere definito l’esordio “adolescente”, ribelle e sfacciato dei Leatherette, Small Talk è il disco che denota una svolta in termini di crescita e maturità, è il giovane adulto che fieramente indossa ancora sotto la camicia la t-shirt della propria band preferita. Un’opera che fotografa un gruppo all’apice del proprio estro creativo, che fa della propria personalità e originalità una bandiera da innalzare con orgoglio.
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Last modified: 22 Novembre 2023