L’evoluzione storico/tecnica del Record Producer. Settima Parte.

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VII. L’ULTIMO TRENTENNIO: RICK RUBIN E LA “PRODUZIONE PER SEMPLIFICAZIONE”

“Il mio stile di produzione comporta l’essere in sintonia
con qualsiasi cosa. Non puoi riuscirci semplicemente
ascoltando la musica. Anche il pro-wrestling
é importante. E i film. Cioé, qualsiasi cosa.
Devi realizzare i dischi nello stesso modo
in cui vivi la tua vita”.

Frederick Jay “Rick” Rubin, record producer statunitense ed attualmente copresidente della Columbia Records, costituisce indubbiamente uno dei produttori discografici più influenti e prolifici dell’ultimo trentennio; Donovan Phillips Leitch, celebre cantautore e musicista britannico, lo definisce come “uno dei più grandi. È a livello di Phil Spector, George Martin e Mickie Most”. Il punto focale della sua poetica va individuato essenzialmente nel minimalismo: produzione per semplificazione, registrazione di musica nella sua forma più pura ed essenziale, senza orpelli di sorta. “Quando ho iniziato a fare il produttore [il minimalismo] era la mia specialità. Sul mio primo disco, invece che ‘prodotto da Rick Rubin’ c’é proprio scritto ‘semplificato da Rick Rubin’… e mi viene ancora naturale sia il non impiegare troppa roba extra, che alla fine non aggiunge nulla alla produzione, che il puntare all’essenza di ciò che é la musica”.   Il minimalismo di Rubin deriva dall’innata passione per gli AC/DC, il suo primissimo amore adolescenziale; infatti, rendendo merito alla figura che ha plasmato il sound peculiare della band in capolavori come Highway To Hell (1979), Rick annovera Mutt Lange nell’olimpo dei produttori più autorevoli in ambito Hard Rock: “Mi piace davvero com’é riuscito a ottenere un sound così spontaneo… e penso che abbia davvero catturato lo spirito, l’essenza di quel gruppo… Highway To Hell é probabilmente il disco con il sound più naturale che io abbia mai sentito in vita mia. Ci sono così pochi fronzoli, non c’é nulla che ostacoli i passaggi tra i chitarristi Angus e Malcolm Young, il bassista Cliff Williams e il batterista Phil Rudd… Quando produco una band Rock, cerco di creare degli album che suonino potenti come Highway to Hell”.

La carriera discografica di Rick Rubin affonda le sue radici nell’Hip Hop, con la fondazione della label che ben presto avrebbe traghettato il nuovo genere musicale dagli squallidi bassifondi newyorkesi alle luci della ribalta internazionale: la Def Jam. Il catalogo della neonata etichetta fu inaugurato da LL Cool J, giovane e talentuoso rapper scovato da Adam “Ad – Rock” Horovitz dei Beastie Boys; il primo singolo prodotto da Rubin per l’artista, “I Need A Beat” (1984), venne inciso con un budget di 7000 dollari presso i Chung King Studios di New York – “una vera discarica”, come li ha definiti lo stesso Rick; il brano riscosse un successo commerciale tale da suscitare immediatamente l’attenzione della CBS Records che, nel settembre 1985, propose a Rubin un allettante contratto da due milioni di dollari. Grazie a quest’irripetibile opportunità, soltanto nel primo anno di vita la promettente Def Jam diede alla luce, oltre a Radio di LL Cool J (disco di platino), il terzo LP dei Run – DMC, Raising Hell (primo disco hip hop ad entrare nella Top Ten di Billboard), e Licensed  To Ill, il debut album dei Beastie Boys (probabilmente una delle produzioni più innovative di Rubin). La rivoluzione era cominciata.

Per Raising Hell Rick aveva intenzione di forgiare, a livello sonoro e concettuale, un prodotto ruvido, minimale e feroce: “è davvero ridotto ai minimi termini, ma puoi sentirci più musica che in qualsiasi altro disco del genere in giro all’epoca. L’approccio era less is more, ma mancava solo quello che doveva mancare! E una delle cose che rende speciale questo disco é l’essere stato registrato in uno studio davvero modesto. Volevamo che la drum machine avesse il sound di una drum machine dozzinale. Volevamo dei suoni che sembrassero provenire da giocattoli scadenti, ma con un’anima. Era la cosa più importante, molto più che farlo suonare tutto bello pulito o perfettino. Era crudo e realistico, come un documentario”. Licensed  To Ill, registrato presso i Chung King Studios nell’estate del 1986, costituisce una fusione perfetta tra rap e campionamenti Rock; questo connubio, insieme al lungimirante utilizzo della “struttura – canzone”, costituì il vero e proprio punto focale della produzione di Rubin durante la seconda metà degli anni 80, ponendo le fondamenta per tutti i vari epigoni che sarebbero arrivati in seguito: I’m The Man (Anthrax, 1987), Epic (Faith No More, 1989), Limp Bizkit e Kid Rock.

Secondo quanto riporta il vecchio sound engineer della Def Jam, George Drakoulias, le ritmiche dell’album vennero realizzate esclusivamente con “delle DMX e delle 808, con dei riverberi AMS e un po’ di compressione, mentre la console era una piccola 24x4x2, una vecchia Neve68 con giusto un paio di grossi altoparlanti. Il digitale ancora non c’era, così incidevamo su un nastro da mezzo pollice e facevamo un sacco di editing. Se qualcuno sbagliava qualcosa, andavamo avanti lo stesso, rifacevamo quella parte e poi ci mettevamo a tagliare e incollare i nastri. E smanettavamo un sacco con i riverberi… [il Chung King Studio], era uno studio analogico con un mixer a 16 tracce, le canzoni si facevano tutte a mano senza nulla di automatico, e i dischi erano davvero elementari: una drum machine, un DJ che faceva dello scratch e un rapper che sbraitava. Era tutto molto semplice ed essenziale, ma la cosa divertente é che mixavamo tutto a mano. Per cui ci toccava avere tipo tre o quattro persone sulla console, ed io ero responsabile di quello su cui riuscivano ad arrivare le mie mani, quindi diciamo quattro bottoni. E se volevi fare uno stacco, non si poteva programmare la drum machine: il beat era pressoché costante, per cui se volevi uno stacco dovevi mettere in sordina manualmente la cassa o il rullante, quello che c’era”. Come rammenta Adam Yauch, in arte MCA, “per Licensed  To Ill non avevamo nemmeno un campionatore, per cui tutte le parti che sentite in loop le abbiamo dovute realizzare fisicamente utilizzando dei nastri. Abbiamo registrato il beat di “When The Levee Breaks” su di un nastro da un quarto di pollice, poi abbiamo creato il loop e alla fine c’era un nastro che scorreva per tutta la stanza, penzolando dalle aste dei microfoni, girando tutto intorno come un enorme anello. Poi, per poter piazzare qualcosa d’altro sopra al loop, dovevamo metterlo in sincrono noi, manualmente”. Fu un successo senza precedenti. Licensed  To Ill, pubblicato nel novembre del 1986, divenne il primo album della Def Jam – e dell’Hip Hop in generale – a raggiungere il primo posto nella classifica di Billboard. L’album, incluso nella lista dei migliori 100 dischi rap pubblicata da The Source, viene valutato dall’unanimità della critica come uno dei 500 album più rappresentativi di tutti i tempi. Nel giugno del 1986 la Def Jam firmò un contratto di esclusiva con i Public Enemy, i padri fondatori del rap politicizzato, ambito che avrebbero dominato incontrastati fino al 1991, anno in cui Tupac Shakur fece il suo ingresso nel panorama discografico mondiale. Nella produzione di Yo! Bum Rush the Show, Rubin accantonò l’aspetto tecnico/ingegneristico del lavoro (cedendolo a Steve Ett, il nuovo sound engineer della Def Jam), per ricoprire esclusivamente il ruolo di produttore esecutivo; secondo Shock Lee, leggendario DJ, produttore e fondatore della band: “Rick pensava che avremmo mantenuto le sonorità tipiche della Def Jam se avessimo impiegato Steve Ett. Steve aveva aiutato Rick a creare quel tipo di sound. È difficile spiegare di preciso in che cosa consista, ma quando lo senti lo riconosci subito. Sembra quasi di sentire un disco Heavy Metal ma Hip Hop”.

Pubblicato nel gennaio del 1987, Yo! Bum Rush the Show venne letteralmente osannato dalla critica, divenendo in breve tempo uno degli album Rap più venduti dell’anno. La Def Jam pubblicò anche il suo fortunato seguito, It Takes a Nation of Millions to Hold us Back (1988, ancora una volta con Rick Rubin nelle vesti di produttore esecutivo). La successiva collaborazione con i The Cult segna il definitivo allontanamento di Rubin dal panorama Hip Hop: “Electric é il primo disco Rock ‘n’ Roll che io abbia mai fatto”, ha commentato il celebre produttore. Rubin avrebbe realizzato un disco affilato e tagliente, rifiutando categoricamente lo stile tronfio ed ampolloso caratterizzante le colossali produzioni discografiche dell’epoca, gli anni di massimo splendore per i cosiddetti gruppi Hair Rock: “Quando devo produrre un disco Rock applico sempre la stessa formula: ridurre tutto al minimo. Fare in modo che le parti di chitarra siano più ritmiche. Potrà anche sembrare semplice, ma quello che hanno fatto gli AC/DC é praticamente impossibile da duplicare”. Il sound engineer George Drakoulias ricorda: “Abbiamo registrato le parti di batteria all’Electric Ladyland, lo studio di Jimi Hendrix, che era discretamente ampio, ma non molto grande. Abbiamo fatto i suoni di batteria abbastanza facilmente, e anche in poco tempo. Non c’é stato nulla di particolarmente insidioso. La cassa della batteria é stata microfonata con dei microfoni panoramici 47/87, il rullante con un Sm7 e i tom con dei 421. Abbiamo anche triggerato un campione, ed era davvero fantastico. Poi é stato applicato un noise gate su un tom, ed é venuto fuori questo effetto veramente bizzarro che mi ha impressionato molto”.

Nella primavera del 1986 Rick Rubin rivolse la propria attenzione agli Slayer (prima ed unica  band metal di casa Def Jam), producendo il celebre Reign in Blood, album considerato ancor oggi come la quintessenza della produzione Metal; Tom Araya, leggendario frontman della band, ricorda: “In quel periodo, nell’ambito Trash Metal nessuno aveva mai sentito una produzione del genere su un disco”. Opinione pienamente condivisa anche dal chitarrista Kerry King, che afferma: “Quello che si voleva fare con quell’album… era prendere la produzione, levargli il riverbero, e usarla per colpirti dritto in mezzo agli occhi. Penso sia stata la prima volta che si é potuto ascoltare del Trash Metal con chiarezza, e credo sia per questo che la gente lo ritiene uno dei dischi migliori del genere”. A registrazioni ultimate la CBS Records, principale canale distributivo della Def Jam, rifiutò categoricamente di pubblicare Reign in Blood per via delle ricorrenti tematiche a sfondo satanico. L’irrevocabile decisione della CBS costrinse Rubin a cercare una soluzione alternativa, traghettando così l’album alla Geffen Records. Reign in Blood ottenne il disco d’oro soltanto grazie al passaparola, senza ricevere il benché minimo supporto da parte di radio e stazioni televisive, come MTV ad esempio. Rick instaurò con gli Slayer una lunga e feconda collaborazione, che condusse il produttore a lavorare nuovamente con la band in occasione di South of Heaven (1988, disco d’oro), Seasons in the Abyss (1990, primo vero successo commerciale della band, nominato da Kerrang! miglior album dell’anno), Decade of Aggression Live (1990), Divine Intervention (1994), Undisputed Attitude (1996), Diabolus in Musica (1998) e Christ Illusion (2006, vincendo un Grammy nella categoria Miglior Performance Metal con il singolo “Eyes of the Insane”).

Nel 1988 Glenn Danzig, lead singer della leggendaria band Punk The Misfits, reclutò Rick Rubin per la produzione di Danzig I, il suo primo disco solista; cercava un producer in grado di conferire  al suo album un sound scarno e minimale, svincolando i brani dalla ridondanza degli arrangiamenti musicali. Come in Electric, Rubin plasmò una sonorità grezza, incisiva e compatta, costituita da una batteria secca e tagliente, chitarre definite e leggermente riverberate, in puro stile AC/DC, voce chiara e potente, ben centrata nel mix. Nel 1989 la fruttuosa collaborazione tra Rubin e Danzig –  indubbiamente una delle predilette dalla critica – diede alla luce anche il secondo lavoro della band, Danzig II: Lucifuge (disco di platino), per poi continuare con Danzig III: How the Gods Kill ( 1992 ), Thrall – Demonsweatlive (1993) e Danzig IV (1994).

to be continued…

Last modified: 20 Febbraio 2019