Musica da camera e screamo per un lavoro coraggioso ma pieno di lacune insuperabili.
[ 28.01.2021 | UFV / Sleepy Dog / Seaside Suicide | chamber music, screamo, baroque music ]
Dopo il bellissimo ultimo lavoro dei cugini Feu! Chatterton, arriva ancora dalla Francia una delle opere più originali e, almeno potenzialmente, interessanti di questo 2021, firmata da Maxime Foulon (piano, voce), Maxime Dufossé (chitarra) e Alexandre Foulon (violino).
Quella dei Lorem Ipsum è una miscela surreale di musica da camera, folk sperimentale, screamo, musica barocca e neoclassica. Avete letto bene: le urla screamo che incontrano la delicatezza classica, la musica da camera e barocca; ma non si pensi che sia lo stupore e solo quello a doverci convincere ad apprezzare Vivre encore anche perché un lavoro simile, se non più estremo, era già stato realizzato con il progetto Igorrr di un altro francese di cui vi abbiamo parlato anche lo scorso anno e che, a differenza della band di Lille, ha mescolato ancor più le carte in tavola suonando molto più interessante.
Oltretutto, ciò che ascoltiamo oggi è il frutto di un lavoro ed un percorso che i Lorem Ipsum hanno iniziato già prima del 2017, anno dell’esordio in full length Que restera t-il?, quando i difetti evidenti specie sotto l’aspetto vocale non erano nascosti dall’uso estremizzato dello screamo.
Tralasciamo lo stupore, lasciamolo a chi è abituato a scelte musicali canoniche e concentriamoci su questi otto brani per circa trentacinque minuti. Canzoni d’amore e morte, passionali e rigogliose, cariche di malinconia introspettiva e soprattutto di poesia costruite provando ad evitare di sfruttare fino allo sfinimento una precisa idea, e variando spesso registro, spaziando tra folk, neoclassica e tanto altro nonostante i riflettori siano puntati sulla vocalità stravagante per il genere ma che non pare davvero eccellere.
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Il brano che da il via all’album, Damocle, è tra i più riusciti, capace di racchiudere gran parte dell’intensità emotiva presente nel disco, narrando i tormenti dell’amore, alternando disperazione rabbiosa a sommesse parti vocali quasi lacrimanti su un parte orchestrale perfetta e non ridondante.
Disillusione, tristezza e citazionismo (“La vita ti sfugge. Mi hai sempre detto che ti era mancata la tua vita ma era già finita”) fanno di Andree uno dei pezzi più “cinematografici” con una sorta di suspence sonica in crescendo raggiunta sfruttando pienamente il potenziale caldo dello strumentale.
In Anne una voce potente decanta la forza della natura che non si cura dell’uomo, della sua morte e va avanti; uno dei brani più poetici e profondi e forse anche tra i più ammalianti, uno dei pochi in cui oltre alle urla, siamo avvinghiati in un canto mai eccessivo e sfacciato ed in cui le potenzialità vocali, nelle sue diverse sfaccettature, sono portate al massimo nel disperato tentativo di nascondere i difetti.
Sulla falsariga del brano precedente e con un maggiore approfondimento sul folk da camera più calmo continua Patrick mentre tornerà un suono poderoso, quasi aggressivo con Bienaimé dove lo stesso chamber folk si trasformerà in qualcosa di nevrotico. Con Didier assistiamo ad una sorta di omaggio alla tradizione transalpina di Yann Tiersen mentre la voce si limita a recitare brevi versi che continuano il persorso mesto e disincantato dei precedenti.
Torna presto lo screamo con la vorticosa Sergei, prima dell’ultima traccia che si conclude con versi che quasi vogliono essere una sorta di triste ringraziamento a tutti quelli che sono riusciti ad amare questo disco e lasciarsi trasportare dalla musica e dalle parole. “Non ti ringrazierò mai abbastanza per essere esistito per avermi amato”. Un verso apparentemente banale ma che racchiude una potenza indescrivibile e che piazzato in chiusura di uno dei brani più complessi, riusciti e melodicamente attraenti di tutto il disco, ci lascia in un complesso stato emotivo che si fa fatica a comprendere pienamente.
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Vivre Encore è un concept album sui fallimenti dell’uomo nella sua fisicità; un album che pone l’accento sui contrasti tra la natura umana fatta di carne, il suo lato spirituale e ciò che invece è il mondo che ci circonda. Un album profondo che potrebbe certo risultare pesante alla lunga, sicuramente per i temi trattati ed una certa ridondanza ma anche per uno stile musicale che a volte ci mette a dura prova, arrivando vicinissimo al farsi stancante.
Lo screamo, come detto all’inizio, una volta concluso l’ascolto appare utilizzato in maniera fin troppo eccessiva per un’opera del genere e superato lo stupore, avremmo apprezzato maggiori variazioni sul tema. Non è un disco screamocore, del resto, e l’utilizzo di talune forme espressive dovrebbe essere funzionale al messaggio, più che parte preponderante dei brani.
Un disco indubbiamente interessante, certamente con buone idee e che non manca di momenti che si fanno memorabili anche melodicamente ma soprattutto negli arrangiamenti; con ottime parti strumentali ed altre vocali che non mancano di lasciarci qualche perplessità anche per una voce certo eclettica ma che non nomineremmo tra le più affascinanti in circolazione: anzi, ascoltando le canzoni precedenti a questo disco, c’è il sospetto che siano le pecche vocali ad aver spinto sull’accentuare le parti urlate.
Liricamente un po’ monotono ma che sfrutta bene una sorta di scrittura poetica per ovviare alle ridondanze tematiche date dalla dichiarazione stessa degli autori sul fatto che si tratti di un concept album.
Certo, i francesi hanno dimostrato come una delle strade percorribili in futuro dalla musica è quella delle contaminazioni, anche apparentemente illogiche facendo all’emocore ciò che Igorrr ha fatto al metal e sono riusciti a mettere insieme concetti intelligenti senza costruire un mastodontico e palloso mattone ma superato questo e un discreto manierismo, resta un disco che forse stupisce ma per i motivi sbagliati.
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Last modified: 27 Aprile 2021