Non si vive di sole cose materiali sembra sussurrare Luka Bloom – l’irlandese cantautore solitario – e tanto meno di metamorfosi clamorose, prima occorre dare una svista ai luoghi da cui non bisogna fuggire, poi da tornare ad abitarli, viverli come in difesa di un respirare autenticamente natura e animo e darsi un contegno ed un raziocinio esemplare.
Con la poesie ci ha sempre saputo fare, ma quello che non ha mai detto nei suoi primi e timidissimi lavori, lo dice ora in “This new morning”, il modello sonoro che più gli si confà per raccontare e scavare il corso dell’interiorità di un uomo alle prese con la solitudine ed una gestazione letteraria lunga e profonda, ma ora che c’è non ce lo lasciamo scappare di nuovo anche perché le sue performances sono quasi introvabili se viaggiamo solamente in superficie. E’ da sempre considerato – o meglio relegato – alla categoria dei “beautifull loser”, quei cantautori chiusi nella poetica dei pochi, musicisti che per trovarli bisogna scandagliare l’underground per chilometri e chilometri in verticale tra le migliaia di metri di nuove proposte, ma poi appena arraffati (questi eroi in sordina) li teniamo stretti come portafortuna dei nostri giorni, quelli a parassitare tra malinconie e piogge dentro.
Un tenero folk easy- pop che disegna perfettamente le atmosfere uggiose d’Irlanda, la terra natia di un musicista che con una chitarra acustica e poco d’altro ci consegna tredici piccoli episodi con una discrezione intimista e scusante, quelle forme di grazia musicale che sono allure e beatitudine narrativa da animo in sospeso, rilassato; un ottimo modello cantautorale quello che Bloom delinea e intreccia nella tracklist, poche code strumentali e tante ballate come marchio di fabbrica, dai viaggi immaginari “A seed was sown”, “Heart man” ai sogni spagnoleggianti di “The race runs me”, dalle fitte di cuore per lontananze mai superate “Riverdays”, “Across the breeze” alle toccate sulle corde emozionali di “Your little wings” o trepidare nella corsa tra nuvole in slide e banjo che “The ride” favorisce come una apertura di finestre su mattini sferzati da aria buona.
Luka Bloom sfugge dai personalismi e dai riflettori, ama forse l’oscurità come quei fiori del sottobosco che conosciamo, ma non per questo luminoso di suo, le sue canzoni e le sue melodie raccolgono in modo particolare la tradizionalità e i sapori indie, un bilico gradevolissimo che merita di essere scoperto del tutto e seguire con maggiore attenzione. Garantito.
Last modified: 14 Novembre 2012