Diciamocela subito tutta e fuori dei denti, sono proprio forti sti sardi Malastrana, possono andare fieri di questo loro debutto senza titolo, ma con una vorticosa forza propulsiva, di suono e testo legati assieme, efficace e con un “tiro” micidiale che non si scorda facilmente; la loro carta vincente? Un grunge amperico cantato interamente in sardo, una vera e azzeccatissima prova sonica che poi va a rapportarsi con il loro quotidiano, col loro segno e sogno profondo di essere al centro di un nuovo rock da esportare con credibilità.
Cinque tracce risolute, elettriche e melodiche che spiritualizzano arie Verdeniche “Malastrana” ed iconografie Pumpkinsane “No basa a Jompere”, cinque tracce che bastano e avanzano per farsi una idea basilare di questa personale genesi musicale che dalla Sardegna arriva come un ruggito di leone a rovesciare la stupida tranquillità di tanti nerd di provincia che respirano affannosamente brit e indie-ansiogeno; una tracklist dinamica che si fonde perfettamente con le traiettorie soniche di chi cerca la carica giusta dei jack e la poesia distorta da iniettare immediatamente come adrenalina negli orecchi, praticamente una crisi epilettica estasiata ed incontrollabile dalle grandi aspettative future e che si ignorava esistesse. Luca Panciroli voce, chitarra, Daniele Deperu batteria, Mario Sotgiu chitarra e Dario Piga basso, i quattro Malastrana, affrontano un repertorio in cui onestamente – a parte la virtù dell’inserimento della lingua madre – ci provano in tanti, ma senza risultati, sotto il modesto, invece questi “ragazzacci” hanno tutto per lasciare stimmate e graffi importanti durante il loro passaggio sullo stereo e nello spirito di chi ascolta, graffi come il riscatto umano e sociale della loro stupenda isola, il sesso sfrenato “Play my game” ed il sesso come mezzo per il fine o i fini “Sa surbile” o lo sguardo incantato e curioso che scruta oltre “Amus a bider”, dolcissima ballata Vedderiana messa come un diamantino acustico a fare da cerniera lampo su questo disco che si chiude sfumando e che, come un risucchio d’aria, ti porta via con sé, dentro ed oltre la sua bellezza semplice e che odora di vita, amore e verità.
A silenzio totale rimane questa magia scalmanata di pedaliere arrossate e l’inestricabile trama della lingua sarda che ancora rieccheggiano dappertutto e che fanno salire questa band a livelli di piacere assoluto, un esordio con un disco pregno di molteplici motivi de seduzione, convincente da tutti i punti di vista, insomma poche chiacchiere, un discone Ayò!
Last modified: 27 Agosto 2012