Ammetto di storcere il naso quando mi viene assegnata la recensione di un’artista più commerciale del solito, anche se spesso Marina Rei è caduta in un velato dimenticatoio. A onor del vero, oggi ciò significa avere qualcosa da dire nel panorama spento della musica italiana, fatta di talent show e gelida apparenza. Da Sanremo a collaborare con Giulio Ragno Favero (OneDimensional Man, Teatro Degli Orrori) è come andare dalle stalle alle stelle. Pareidolia è il manifesto di una donna che ha fatto della musica la sua ragione di vita, talvolta capita appieno, talvolta meno. Sicuramente questo album non le darà il massimo della visibilità, ma non credo sia questo il suo intento. Immagino preferisca di gran lunga rivolgersi a chi può davvero riconoscere le sue doti incontaminate di musicista a tutto tondo, prendendo le distanze dal tormentone “Primavera”, scegliendo una via più underground, tra tenaci riff (“Sole”) e ballate oniriche (“Del Tempo Perso”). “Avessi Artigli”, prima traccia del disco, prende corpo gradualmente partendo dai colpi incessanti di un rullante martellante inframmezzato da una chitarra in cui si scorgono in lontananza i Muse o addirittura i Battles. L’Hip Hop della titletrack, frutto della collaborazione con Zona MC e Off Muziek e i ritmi da dancefloor di “Vorrei Essere” si sommano alle molteplici influenze di Pareidolia, sempre più avvezzo a mutarsi in un mondo a sé stante, dove ogni canzone è diversissima dall’altra. La rivisitazione di “Annarella” dei CCCP è un qualcosa di realmente toccante, la degna conclusione di un’opera che racchiude lo spirito di oltre vent’anni di carriera di un’artista più in salute che mai. Altro che Primavera. Qui siamo in pieno Inverno.
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Last modified: 20 Febbraio 2022