Lo “spessore” emotivo di questo libro lo si percepisce già dalla prima pagina. Non quella della prefazione (che non c’è) o dell’introduzione (che non c’è), ma quella delle dediche, perché per me i libri cominciano sempre da lì.
“(…) Ad Antonella, che si è presa cura della mia testa”. Io che non so un cazzo, ma riesco ad immaginare molto, posso, appunto, solo immaginare lo schifo, il lercio, la melma, la putrefazione, il puzzo, il degrado, il letame, il caos dal quale vengono estratte certe parole, e la meticolosità, la pazienza, l’amore, la dedizione, la sofferenza, la fatica, la tenacia con cui vengono messe in fila, una per volta, senza lasciare nulla al caso. Perché i libri, o almeno certi libri, che credete, mica si scrivono con leggerezza o avvolti dalla più totale spensieratezza. Certi libri vengono fuori solo dopo che si è raschiato per bene il fondo.
Ed è così che, a mio parere, vengono fuori le storie di Non Farti Fregare di Nuovo, una raccolta di 27 brevi racconti scritti da Alessandra Perna, voce e basso dei Luminal, band Punk Rock romana che non necessita ormai di troppe presentazioni. Racconti che vengono immaginati come delle conversazioni, ed è il titolo di ognuno di essi che ci fa intuire l’argomento trattato: “Conversazione sull’amore I”, “Conversazione sull’ossessione”, “Conversazione sulla solitudine”, “L’ultima conversazione” ecc. Sono dialoghi avvenuti chissà quando, chissà tra chi, chissà perché; l’unica certezza è l’identità di chi ha scelto di immolarsi per metterli nero su bianco, con una narrazione che a tratti perde di intensità, certo, ma che di sicuro sa metterci a nudo di fronte alla miseria delle nostre vite.
Sono storie sul dolore che affligge l’intera umanità, che narrano di relazioni insoddisfacenti e pedofilia, di solitudine e obblighi morali che impongono società e religione a discapito della felicità. Il nocciolo della questione è uno soltanto: si può essere felici? E la risposta arriva puntuale a pagina 41: “(…) Allora? Come sta? Cosa devo dire ai bambini? Che ne sarà di noi? Mamma, non ti preoccupare, andrà tutto bene. Le tremavano le mani. Voleva piangere. Doveva restare. Come faceva a pensare di poter essere felice? Nessuno può essere felice. Non dopo aver già scelto. (…)”
Eh già, nessuno può essere felice, o meglio, quasi nessuno. Per questo nelle storie di Alessandra Perna non c’è salvezza, se non in qualche raro caso. Ognuno rimane fermo, incastrato a godere della propria sofferenza. Ognuno resta fermo, consapevole (chi più, chi meno) del proprio dolore. Rivedere le proprie scelte, ribaltare il tavolo, seguire i propri desideri, voltarsi all’improvviso e percorrere un sentiero diverso dal solito implica un rischio troppo grande: quello di stare bene. Salvarsi richiede troppo coraggio. Lo stesso coraggio che richiede scrivere un libro.
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Last modified: 20 Febbraio 2019