Il ritorno della band di Kevin Shields.
[ 02.02.2013 | m b v | noise pop, shoegaze ]
I My Bloody Valentine sono una band irlandese in attività dal 1983 e fondata dal chitarrista Kevin Shields e dal batterista Colm O’Ciosoig. Successivamente, dopo vari cambi di formazione, si aggiunsero Bilinda Butcher, cantante e chitarrista, e Debbie Googe al basso. Con all’attivo due LP (Isn’t Anything del 1988 e Loveless del 1991), quindicina di EP e due raccolte, il gruppo torna ora con il nuovo album M B V dopo un lungo periodo di inattività.
Prima di partire con l’esame dell’album potremmo fare un quadro dello stile e del genere dei My Bloody Valentine che, etichettati come uno dei più importanti gruppi degli anni novanta, si muovono genericamente in ambito alternative pop rock, ma più precisamente nello stile che loro stessi hanno inventato: lo shoegaze. Prima che un genere lo potremmo definire un atteggiamento, introspettivo e semplice di musicanti che con la testa china suonano la loro musica piena di distorsori e riverberi, come in effetti si sente anche in M B V. Un muro sonoro, come spesso è stato definito, che ricopre le melodie delle parti vocali messe in secondo piano ma sempre con un preciso intento stilistico, sognante, melanconico ma anche forte e caotico, sfruttando al massimo gli alti volumi.
M B V ha un inizio soffuso e semplice con She Found Now che anticipa il secondo brano Only Tomorrow il quale, per melodia e costruzione, richiama subito l’attenzione e il piacere degli amanti dello stile dei My Bloody Valentine; questi ritroveranno quelle sonorità tipiche del gruppo che si fortificano in Who Sees You. E si prosegue con Is This and Yes, If I Am che rimarcano tutto quello già detto prima per gli effetti e la voce distorta, le atmosfere sospese e ripetitive, e New You sesto brano dove il genere pop è quello più riscontrabile ma anche quello meno interessante, durante il quale l’attenzione si perde per un attimo ma poi viene riafferrata dalla semplice orecchiabilità. Invece tutto cambia in In Another Way brano forte, incisivo e soprattutto interessante per il ritmo e la voce che compare all’improvviso nella massa sonora, e in Nothings penultimo brano strumentale nel quale non accade niente o quasi. Un brano ripetitivo, anzi ossessivo, che non farebbe bene alle persone ansiogene ma che sballerebbe quelle più sballate; certamente meno di Wonder 2 brano che chiude il disco nella maniera opposta in cui si è aperto. Insomma, un divenire dentro le nostre orecchie.
Certo questo album marchia ancora di più a fuoco lo stile dei My Bloody Valentine e questo potrebbe essere, come per molti gruppi, sia il pregio più forte che il difetto più marcato ma comunque sia è un lavoro che non deluderebbe sia i vecchi sostenitori sia quelli di tempi più recenti perché da ascoltare in questo album c’è davvero tanto.
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Last modified: 1 Febbraio 2020
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