Quattro chiacchiere con l’artista fresco dell’uscita dell’esordio in solitaria.
(di Giada Consiglio e Francesca Marchesini)
Quando, fin dall’età di otto anni, si scrivono frasi sparse, versi, rime, se ne accumulano di cose da dire: quaderni zeppi di parole che solo anni e anni dopo, vedono la luce in un disco, come foto ritrovate in fondo ad un cassetto. Questa è la storia di Federico Dragogna, nome assolutamente noto al mondo della musica, visto che da vent’anni fa parte di una delle band migliori italiane: i Ministri. Oggi però si cimenta in un nuovo percorso, solista, con altri amici e colleghi che lo accompagnano nei live e nella realizzazione musicale di questo progetto discografico dal titolo Dove Nascere, prodotto da Mattia Cominotto per Pioggia Rossa Dischi.
Dodici tracce che ci fanno vedere Federico sotto una luce diversa, unendo la tecnologia del suono elettronico a quello classico dello strumento acustico, un ottimo mix di moderno e vintage che rendono il suo stile assolutamente unico. La sua dote cantautorale è sempre viva e ben espressa: affronta il tema del consumo superficiale della musica, delle abitudini e dei sentimenti descritti con filosofia e verità. A quarant’anni, presenta un disco maturo e riflessivo che tra poco porterà in giro con firma copie e un tour nelle principali città italiane.
Poco prima della partenza dei live, abbiamo intervistato Federico per conoscere altre informazioni sulla sua nuova pubblicazione.
Ti abbiamo sempre visto in compagnia dei Ministri anche se non ti sei mai risparmiato: hai portato in giro uno spettacolo in teatro su Fabrizio De André, hai scritto in diverse riviste musicali, hai realizzato colonne sonore. Ma questo è ufficialmente il tuo disco solista. Come ci si sente ad aver creato tutto da solo?
Lo sto scoprendo man mano che me lo chiedono. In una canzone del disco dal titolo Cascate c’è una frase che sta ad esprimere quando si prova quello strano brivido di quando si legge il proprio nome. Anche se dovremmo esserci abituati, c’è una sorta di spaesamento che è un tema che ritrovo sul disco ed è anche la sensazione che sento.
Oggi segni il tuo debutto con questo disco dal titolo Dove Nascere. Cosa si nasconde dietro il titolo di questo progetto?
Dove Nascere è anche una canzone del disco che parla di migrazione, di uomini che cercano fortuna o una sorte migliore. Il mio destino, nato da questa parte del mondo, non mi ha permesso di analizzare troppo le problematiche vere. Solo ad un certo punto, da adulto, mi sono accorto che la tua stessa vita non dipende da te, ma più dalla fortuna. Questo è lo sfondo di tutto il disco, il non sentirsi troppo speciali.
Tra i brani scelti ad anticipare tutto il disco c’è Musica per aeroporti. Qual è il tuo rapporto con i viaggi e le sale degli aeroporti?
Già con i Ministri avevo scritto un brano che poi non abbiamo mai pubblicato che si chiama Non ho più voglia di girare il mondo, anche se in passato sono stato un fervido viaggiatore. Il fatto che il varco per poter girare il mondo sia proprio l’aeroporto, un luogo ideale per parlare di presente nella forma più grottesca, rende il mio rapporto conflittuale. La sicurezza delirante, il consumismo da manualetto è qualcosa che odio. Preferirei una sagra di paese.
La musica paradossalmente somiglia ad un aeroporto: spesso viene “usata” per il consumo commerciale, veloce, e superficiale. Il pubblico ha un ascolto distratto e poco profondo. È giusto cogliere, nella tua canzone, una punta di dissenso verso questo sistema?
Il brano parla sostanzialmente di questo, un parallelo tra gli aeroporti e il consumismo e la musica di oggi. Parla anche del mondo in cui sono cresciuto, quello “alternativo”, una “setta con pochi adepti” una perifrasi proprio della musica indipendente italiana. Sicuramente i mezzi a cui ci stiamo abituando adesso non aiutano l’approfondimento, sta a noi stufarci o avere la voglia di guardare più in là. La musica dal vivo (soprattutto i piccoli live) è un anticorpo importante che aiuta a trovare qualità.
Dubbi è una canzone dai suoni ipnotici che parla di come le nostre incertezze prendano il sopravvento nella nostra testa. Quando ti sei sentito sopraffatto dai tuoi stessi dubbi?
Sono un grande fan dei dubbi, perché sono nato e cresciuto con la filosofia e anche da bambino ero un rompi balle! Due cose gli animali non potranno mai permettersi: i dubbi, e la comicità. È umano, per me è una risorsa. Nella nostra società tutti hanno una posizione, chi ha un dubbio non è ben visto, e questo mi dispiace.
Questo disco, che dura 40 minuti, è ricco di collaborazioni: com’è stato condividere con produttori, musicisti, e artisti i tuoi concetti e idee?
In confronto agli artisti in circolazione oggi, non ho featuring con altri e i brani li ho scritti tutti io. C’è un pezzo prodotto con Stabber, che ha lavorato anche in mondi lontani dai miei tipo Salmo, Gaia e Coez ed è stata un’esperienza super. Poi un brano con Enrico Gabrielli dei Calibro 35, che è stato preziosissimo. Mi interessava avere persone che aggiungessero del loro mettendosi al servizio del brano.
La parte musicale è più elettronica e ricercata, ma non hai abbandonato la loro versione nuda, con chitarra e voce, da poter eseguire anche se ci fosse un blackout. Ci racconti il tuo rapporto tra la tradizione dell’usare lo strumento e l’uso della tecnologia?
Il mio rapporto con l’elettronica è abbastanza antico, produssi i Lori’s Eyes, che sembra un po’ James Blake come idea. È una parte della mia personalità che con i Ministri non potevo e volevo esprimere. Questo disco è stato creato pensando che se il computer che produce elettronica si impalla, continua a suonare lo stesso, continua ad esistere. E anche io continuo ad esistere.
Girerai per i negozi di dischi, quei negozi “vintage” in cui sicuramente ti trovi a tuo agio, per fare sentire la tua voce al pubblico. Che riscontro ti aspetti di ricevere dalla critica e da chi invece ti segue da sempre?
C’è una parte di noi che, anche se lo neghiamo, si costruisce necessariamente delle aspettative. Rispetto alla critica, già son contento che ancora esista! Da quello dei sostenitori mi interessa più un’accoglienza di qualità, magari poche persone ma che siano veramente interessate. Questo non per retorica ma perché anche io personalmente ho apprezzato e amato alcune band o musicisti che hanno meno numeri ma che per me sono fondamentali. Pochi ma in profondità.
Come dicevamo all’inizio sei una persona sempre in movimento, con tanti progetti tra le mani. C’è qualcos’altro che bolle nella tua pentola?
Ho un sacco di progetti per la testa, potrei farne un libro! Mi piacerebbe portare avanti tutti i binari aperti fino ad adesso e ogni anno provarne uno nuovo, costringendomi ad andare fuori confort zone! Farei di tutto… tranne l’alpinismo! (ride, ndr)
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Last modified: 31 Maggio 2023