L’artista catanese ci racconta la genesi del suo progetto e del suo EP di esordio.
Un EP come il bimbo appena nato di un ragazzo appassionato di film e letteratura che un bel giorno ha deciso di mettersi a fare musica concretamente. My Cave di Tucci esce oggi e contiene quattro brani che ben sintetizzano le potenzialità e la sensibilità di Emanuele Tucci, catanese classe 1997. Il ritratto di una interiorità complessa ma raffinata, che assorbe diverse influenze esterne e le elabora in un prodotto intimo e sincero pronto a catturare la curiosità della scena.
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Il suo percorso è cominciato ancora prima della pandemia, vero spartiacque di molti lavori venuti fuori in questi anni. «Facevo il bassista in una band di nome Birth By Dream tramite cui mi sono approcciato per le prime volte al mondo della musica; poi, durante il lockdown, ho iniziato a comporre da solo. Il mio primo brano, che è compreso nell’EP, è stato Sick of Everything; uscì nel settembre 2021, ancora prima della realizzazione dell’idea Tucci per come è adesso».
Il progetto infatti si avvale ora delle chitarre di Mario Lo Faro, chitarrista dei Clustersun che abbiamo intervistato poco tempo fa (qui), e della produzione esecutiva di Ivano Pulvirenti di Keep VInyl Alive, il quale ha lavorato nel mettere insieme questa realtà. È stato così che il progetto da cameretta di Emanuele si è trasformato in un vero e proprio collettivo, di cui My Cave è il primo prodotto finito.
«A Dicembre dello stesso anno conobbi Mario e Ivano , ai quali mi sono affidato in maniera spontanea per via dello stesso background musicale e di una sintonia prima di tutto umana, fondamentale per me. Entrambi hanno apportato le loro influenze e Mario in particolare ha messo nei brani il suo suono di chitarra così unico!»
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Dopo la fase di registrazione, il gruppo ha provato a creare una versione dal vivo di My Cave e, lo scorso 21 aprile, questo è stato presentato in quel di Catania sul palco della rassegna “Disclosure” in apertura del concerto dei Bee Bee Sea. «In registrazione tutte le batterie sono elettroniche ma, nella veste live dell’EP, la batteria è stata affidata a Ciccio Paladino che ci ha dato la giusta energia ed è stato bravo a suonare con le sequenze. Non è stato tecnicamente semplice tramutare questi brani in una versione live, ci vogliono palchi e impianti adatti. Nel futuro spero di poter avere dal vivo ogni singolo strumento presente nelle canzoni ma già la versione proposta lo scorso aprile suonava alla grande».
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Nella sua vita Tucci ha affrontato studi umanistici che si vedono tutti nella scelta dei concept. Il titolo deriva dal famoso Mito della Caverna di Platone che però viene in qualche modo rovesciato. E così la caverna diviene luogo dove l’artista accoglie e illumina tramite la forza dell’arte, un covo intimo da condividere anziché una prigione. «Lasciando entrare la gente nella mia caverna, provo io stesso a illuminare le ombre che vedo, che poi sono ciò che mi spinge a suonare, ovvero i malesseri da cui cerco di liberarmi. È un’arte terapeutica che prova ad essere più vera possibile. La chiave di lettura è proprio il tentare di far luce sull’arte all’interno della caverna e il mostrarne lì stesso la sua autenticità. È a questo che la copertina è ispirata».
Ma non c’è stato solo Platone a stimolare questo lavoro. «Film e libri sono stati grosse influenze. In Oblio per esempio c’è tanto di “Dracula di Bram Stoker”, ma posso citare anche “A Ghost Story” e “La Notte” di Antonioni, tutti film da un leitmotiv molto malinconico. Capita spesso che inizio a comporre non appena finisco di vedere un film, sull’onda dell’emotività di ciò che mi hanno trasmesso. E poi le opere di Victor Hugo tra cui certamente “Notre Dame de Paris” e “I Miserabili”. O un romanzo come “Il Conte di Montecristo”; più in generale direi i mattoni dell’800 e l’immaginario gotico».
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Sommando queste ispirazioni alle influenze prettamente musicali, si delinea chiaramente il quadro angoscioso e sentimentale che Tucci ha provato a rappresentare. «Ascolto musica davvero tutti i giorni e di conseguenza ne assimilo molta. Scoprii Jonathan Bree per caso, in Italia in fondo non è molto conosciuto. Ecco, se ascolti la mia Sick of Everything puoi notare che il giro di synth è chiaramente ispirato all’intro di violino di You’re So Cool di Jonathan Bree; è stato il mio primo riferimento, insieme alla sua attitudine onirica e nostalgica. Un altro mio guru è stato Baxter Dury, amo la sua personalità, il suo modo di porsi sul palco e le sue atmosfere cupe e nichiliste. E infine i DIIV, che hanno accompagnato ogni momento della mia vita, insieme a Jack White da solista».
Così Tucci ci racconta il suo mondo labirintico fatto di ascolti, letture e visioni che innescano lo spirito creativo. Canzoni agitate da turbamenti che allo stesso tempo hanno la capacità di descriverli e affievolirli. Agitarsi e cullarsi in una coltre di mistero.
C’è cultura e talento e il futuro è decisamente interessante.
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Last modified: 13 Maggio 2023