Le difficoltà d’integrazione, l’intolleranza, il razzismo, la discriminazione, sono piaghe sottopelle per la società civile italiana. Ulcere sempre pronte a mostrarsi in tutto il loro doloroso orrore ogni qualvolta accadono episodi disdicevoli, assurdi, violenti e inconcepibili (penso a quanto successo a Pescara, città dalla quale scrivo, dove uno zingaro ha ucciso un ultrà della squadra cittadina, generando caos misto di rabbia e tristezza). L’ignoranza genera razzismo. L’uomo medio non ci mette molto a dimenticare il settarismo e i pregiudizi, spesso vivi ancora oggi, nei confronti dei nostri connazionali emigrati nel mondo (e non provate neanche a venirmi a dire che loro sono andati tutti solo a lavorare). Del resto, oggi i ricchi siamo noi, no? Forse non per molto ancora, comunque. L’uomo medio italico tende a non ricordare le proprie radici. Non rammenta quale crocevia multietnico sia sempre stato il suo paese, la sua amata Italia, anche in virtù della sua posizione geografica nel cuore dell’Europa e del Mediterraneo. L’uomo medio è cieco davanti alla profonda e radicata influenza della cultura tedesca o francese a nord del Po’, non capisce quale stretta mescolanza ci sia tra i popoli del mezzogiorno e le culture elleniche e balcaniche, non pensa che sempre nel sud esistano minoranze etniche, ad esempio albanesi, diventate parte integrante della nostra penisola ormai da decenni. Il razzismo genera ignoranza. Mentre dimentichiamo chi siamo, diventiamo insensibili di fronte al costante e spaventoso processo d’impoverimento culturale che ci sta affogando tutti come topi. L’inconsapevolezza popolare è da sempre il carburante più elementare ed economico per chi marcia per motivi ideologici o politici sul carro del fanatismo. La gente esasperata per motivi diversi cerca un facile nemico contro il quale sfogare tutte le sue frustrazioni. È cosi che gli stranieri ci rubano il lavoro, gli zingari sono tutti ladri, le rumene tutte troie, i nordafricani violentatori, gli albanesi spacciatori, ecc… Vogliamo rinchiudere la nostra cultura in un castello inattaccabile mentre fuori scarichiamo cannonate di veleno, ma non ci rendiamo conto che i castelli sono roba da medioevo. Se non volete che le mura vi crollino addosso sotto il peso delle vostre cazzate, disgregate dal terremoto della globalizzazione, vi consiglio di uscire e cominciare a bere e ballare. La musica ci salverà. Ci voglio credere come un bimbo a babbo Natale.
Gli O’Rom con Vacanze Romanes non affrontano direttamente il tema dell’integrazione attraverso musica contaminata e testi pedanti e moralisti o politici. Gli O’Rom sono piuttosto loro stessi parte integrante del suddetto processo. Non a caso, l’acquisto del Cd appoggia il progetto del commercio equo e solidale che ha per obiettivo diminuire la sperequazione tra i due emisferi attraverso una rete commerciale equa tra produttore e venditore, che garantisca giusti compensi per chi lavora favorendo inoltre i piccoli produttori del “Sud” del mondo. Carmine D’Aniello (voce, bouzuki e tamburi a cornice), Carmine Guarracino (chitarre), Ilie Pepica (volino), Ion Tita (fisarmonica), Doru Zamfir (fisarmonica 5,8,9), Ilie Zbanghiu (contrabbasso) e Amedeo Della Rocca (percussioni) ci regalano musica che non sperimenta, non rinnova, non guarda avanti ma anzi scava nel passato alla ricerca di tradizioni che possano essere energia rinnovabile per il motore della crescita della nostra società. Ricalcando lo stile del menestrello bosniaco Adnan Hozic, cui il disco è dedicato, o del più noto Bregovic, tanto per capire di che parliamo, Vacanze Romanes ci propone una calda e passionale rivisitazione partenopea di canti tipici Rom, bosniaci (Nocas Mi Srce Pati), pezzi strumentali rumeni (Kalushua, Ciocarlia), canti greco – salentini (Kali Nifta, che sicuramente sarà ultra nota a chiunque abbia visitato le terre leccesi nel periodo della pizzica e taranta) oppure Rom – russi (Solnuska), con testi in lingua originale (che trovate tradotti nel libretto all’interno) che trattano i temi classici della musica popolare, dalla partenza alle armi, alle donne e le pene d’amore, il pianto delle madri e delle mogli, l’emigrazione, il ballo e la festa. Vacanze Romanes è un disco perfetto per chi non soggiorna nella paura, per chi ha voglia di vivere ballando nelle piazze con un bambinello (bottiglione da cinque litri di vino) tra le braccia, per chi vuole sudare, ridere e amare tutta la notte, tutta l’estate. Questo disco è un abbraccio caldo di Napoli, dell’Europa e del Mediterraneo. Un abbraccio per tutti quelli che sognano sotto le stelle, col canto dei grilli e le onde del nostro mare che baciano i piedi. Questo disco è per tutti i buoni e incolpevoli Barabba del mondo.
Last modified: 18 Giugno 2012
grazie di cuore da tutti gli ‘o Rom!