I Perturbazione sono eterni outsider. Riescono a rimanere sempre nel limbo, pronti a fare il grande salto ma senza arrivare ad acciuffare un posto fisso tra le stelle. La loro carriera (ormai sono quasi trent’anni!) è una continua montagna russa e poi questo disco arriva dopo quelli che sono stati indubbiamente il momento più alto e più basso della giostra. Prima il boom de “L’Unica”, di Sanremo e del tour nelle piazze, poi il terremoto che ha visto Gigi Giancursi e Elena Diana uscire dal gruppo. Le Storie che ci Raccontiamo esce a quasi due anni di distanza da tutto questo e aspetta la quiete dopo la tempesta, ma i fantasmi del passato sono dietro l’angolo pronti a ghignare e a trovare tutte le piccole mancanze del presente. C’era dunque l’aria di un disco che lottasse con le unghie e coi denti alla salvezza. Ma i Perturbazione, si sa, colpiscono nel segno proprio quando le aspettative intorno a loro sono basse. E così l’inizio col singolo “Dipende da Te” è una falsa partenza, quasi a dire: “guardate che non siamo solo un fottuto singolo”. L’album cresce subito con un pezzo travolgente come “Trentenni”, ruffiana, dal titolo che puzza di banalità ma con un testo per nulla scontato, Elettro Pop di alta qualità. Si perché senza i ricami della chitarra di Gigi e l’eleganza del violoncello di Elena la virata Elettronica era sicuramente la scelta più ovvia. A volte l’elettronico diventa anche più elettrico, succede in “Ti aspettavo Già”. I Perturbazione hanno ben più di quarant’anni e bisogna dire che scrivono canzoni fresche e mature allo stesso tempo. Raccontano di amori adolescenziali, dei bei tempi, di stupida gioventù ma puzzano di consapevolezza. Qui la voce di Tommaso è alta, decisa ma trema quando si avvicina a parole chiave come “dolore, gioia e tradimento”. “Cara Rubrica del Cuore” è in pieno stile Perturbazione e avere un proprio stile nella musica leggera italiana vuol dire aver ormai lasciato un segno indelebile nel panorama. La canzone è poi impreziosita dalla voce Andrea Mirò, che sarà pure la musa che accompagnerà il gruppo in tour. “Cinico” invece ha un arrangiamento facile facile (anche se dietro il mixer c’è un colosso come Tommaso Colliva) ed è terribilmente orecchiabile. “La Prossima Estate” forse esagera, Pop troppo banalotto e semplice per una band di tale spessore. Il ritornello è decisamente da dimenticare, come tutti gli ultimi brani del disco. Suonano tutti un po’ come riempitivi con l’unica eccezione per “Le Storie che ci Raccontiamo”. Lunga ballata da sei minuti che ricama l’ennesimo arrangiamento facile e puntato su di un beat ben scandito sotto cui la band suona e ci spiega per bene che l’evoluzione non è semplicemente aggrapparsi agli scogli. Questo album è quello che ci aspettavamo in fondo, ma ben curato e apparecchiato. Con canzonette che entrano di prepotenza nella storia della band. Certo, non sarà il loro capolavoro ma lascia i Perturbazione ben saldi nella Serie A della musica italiana.
2016 Le Storie che ci Raccontiamo Marco Lavagno Mescal Perturbazione pop
Last modified: 20 Febbraio 2022