Il collettivo londinese debutta con un EP ambizioso e sperimentale e dimostra di aver imparato appieno la lezione dei primi Black Country, New Road.
[28.03.2025 | autoprodotto | post-rock, jazz rock, progressive folk]
Sono noioso. Credo di aver ormai spaccato il cappello in quattro, e forse pure altro, riguardo al famigerato BMNRcore, il sottogenere che inquadra le band con una certa somiglianza a black midi e Black Country, New Road. Qualcuno si sarà già stancato di questa ricerca di cloni e della guerra civile che si sta sviluppando per il predominio del termine, perlomeno nella mia mente bacata e ossessiva.
The Orchestra (For Now) sono una band londinese composta da sette elementi. Dopo essersi fatti un nome con i loro spettacolari concerti, hanno pubblicato oggi stesso il loro primo EP, Plan 75. Tre delle quattro canzoni che compongono il disco erano già da tempo nell’etere, pertanto abbiamo potuto apprezzare appieno il loro talento.
Il sound del collettivo londinese è sicuramente assimilabile al post-rock dei BC,NR periodo Isaac Wood. Possiamo però notare come le trame intrise di progressive rock e folk e le detonazioni noise siano ben più potenti, dense e nevrotiche.
Il riff di In Wake Robin è ben più che una citazione a In the Court of the Crimson King, mentre il climax finale di Skins, dove il cantante urla, sgolandosi, tutta la propria frustrazione, è un elogio al progressive sinfonico che si mescola ad un punk davvero rumoroso e al jazz rock.
The Strip è forse la traccia più debole, nonostante i suoi rimandi a Nursery Cryme e Selling England by the Pound dei Genesis, gli stessi che troviamo nell’iniziale Escape From New York, con i suoi arpeggi fiabeschi e gli archi minacciosi, che deflagra in un intenso acme distorto.

Direzioni opposte.
Se da un lato band come The Orchestra (For Now) spingono il genere verso territori più aggressivi e sperimentali, dall’altro molte formazioni sembrano prendere una direzione opposta, ammorbidendo il loro suono fino a una progressiva standardizzazione.
Negli ultimi mesi abbiamo potuto apprezzare appieno gli EP di Flip Top Head e Maruja, oppure i singoli di Invariance, Glasshouse Red Spider Mite e MPTL Microplastics, tutti alla ricerca della loro nicchia e di una personalissima zona sperimentale dove espandersi.
Dall’altro lato siamo però di fronte alla già teorizzata standardizzazione pop di questo post o prog rock, che dir si voglia. Alcune band – vedi Speedial, foot foot e Man/Woman/Chainsaw – stanno semplicemente ammorbidendo la parte vocale.
Altre ancora stanno smussando anche gli spigoli e gli angoli melodici, come si nota in English Teacher, Mary in the Junkyard e Truthpaste, o nel chiacchierato nuovo disco dei Black Country, New Road.
Un’anima che si sta sempre più sfilacciando, se non si può già considerare spezzata.
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Last modified: 28 Marzo 2025