Ratboys – The Window

Written by Recensioni

Intriso di speranza e malinconia, il nuovo album della band di Chicago è un lavoro solido e ambizioso.
[ 25.08.2023 | indie rock, alt-country | Topshelf Records ]

C’è qualcosa nelle case del Midwest americano, in quegli agglomerati di assi di legno e mattoni con un paio di gradini all’ingresso, il prato pieno d’erbacce sul retro, una rete di ferro arrugginita o una siepe a separare un vicino dall’altro, a volte un garage. Gli American Football ci hanno costruito un’iconografia sull’immagine di quell’esatta casa, un’immagine banale, semplice, decadente a tal punto da fare il giro e diventare simbolo di emotività post-adolescenziale prima e nostalgia suburbana poi.

Per il loro quinto album, i Ratboys ci portano sul retro di un’altra casa, ma il quartiere potrebbe essere lo stesso. Al muro è appoggiata una di quelle vanghe da neve che vediamo sempre nei film americani, mentre la solita rete di ferro separa un giardino dall’altro; l’atmosfera è glaciale, i toni virano tutti all’azzurro come in 12 Monkeys, c’è un arbusto mezzo morto ad allungare i rami sul muro di mattoni. Dall’unica finestra aperta esce una luce quasi aliena in questo contesto: calda ed eterea, sfumature di una festa entrata nel vivo, o è la nostra percezione da un esterno freddo e inospitale? 

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Una doppia chiave tra speranza e malinconia da sempre marchio di fabbrica dei ragazzi di Chicago, ma che si fa vero e proprio leitmotiv in The Window, arrivato a due anni da quell’Happy Birthday, Ratboy che aveva messo un punto sulla prima fase di vita della band. Prodotto dall’ex Death Cab for Cutie Chris WallaThe Window è il classico disco della maturità, quello in cui le onnipresenti radici pop punk si sposano con tendenze country e folk da sempre presenti nell’arsenale della band, anche se mai esplorate così bene e con questa profondità.
Dopotutto il momento storico è propizio: dal recente boom dei Wednesday alle sortite nostalgiche ed americaneggianti di Waxahatchee e Angel Olsen, ecco che un brano come Morning Zoo diventa un perfetto manifesto country rock emozionale da playlist per un road trip, mentre No Way profuma di concerto al tramonto, occhiali da sole e cicale.

Al tempo stesso, da quella finestra escono anche schitarrate ad alto volume come fossimo a un house party improvvisato: l’opener Making Noise For The Ones You Love parte a mille all’ora, con la voce di Julia Steiner che si fa strada a fatica tra una batteria incessante e sporadiche esplosioni di feedback, mentre Crossed That Line riscopre le radici punk della band con un earworm efficacissimo di appena un paio di minuti. O ancora il primo singolo Black Earth, WI, una piccola odissea folk rock che parte Courtney Barnett e sfocia in un bridge strumentale alla Black Country, New Road, prima della poetica chiusa finale.

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Eppure, è quando ci avviciniamo davvero alla finestra e ci guardiamo attraverso che la potenza del songwriting dei Ratboys ci colpisce in pieno petto: la title-track, posta esattamente a metà scaletta, racconta gli ultimi momenti di relazione tra i nonni della Steiner, una in casa di cura e l’altro fuori durante le fasi più intense della pandemia, una relazione terminata a distanza, guardandosi e parlandosi da una finestra aperta. “Ho scritto questa canzone qualche giorno dopo la morte di mia nonna, a giugno 2020 […] Molte delle parole sono le stesse che mio nonno le ha detto in quegli ultimi istanti”

“I saw you through the window / We locked eyes and the window / Was open, felt the wind blow / I looked in, and I felt you with me / When you waved your hand / I felt you with me”

Speranza e malinconia, dicevamo. In un disco semplice, solido eppure ambizioso, che può essere affrontato con lo spirito leggero dell’ennesimo album proto-Breeders con cui passare un pomeriggio spensierato, ma che può anche offrire chiavi di lettura diverse in base a quanto abbiamo voglia di guardare dentro quella finestra, e quanto quello che vediamo racconta di noi.

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Last modified: 17 Settembre 2023