Le società di gestione collettiva: in cosa consiste l’attività di intermediario dei diritti d’autore.
La scelta di affidarsi ad una società di gestione collettiva è libera e rimessa alla volontà di ciascun autore, che altrimenti può decidere di gestire autonomamente i propri diritti, sebbene non sia un’attività semplice (si pensi alla difficoltà di monitorare gli utilizzi della propria opera nel mondo ed alla complessità di negoziarne le condizioni, nonchè di intervenire in caso di utilizzo illecito).
L’attività di intermediario dei diritti d’autore (così come definita dall’art. 180 della Legge sul diritto d’autore) è riservata dalla legge alla SIAE e agli organismi di gestione collettiva e, dunque, è attualmente svolta sul territorio italiano da S.I.A.E. e L.E.A..
Qualora un autore voglia affidarsi ad una società di gestione collettiva, è importante che ne valuti le caratteristiche al fine di individuare l’organismo che meglio soddisfa le proprie esigenze.
In primo luogo vanno valutati i costi a carico dell’autore, cioè l’aggio (la percentuale che la collecting trattiene sui proventi dell’autore per coprire le spese di gestione) e la quota associativa annuale, e quelli a carico dell’utilizzatore, cioè la tariffa di utilizzazione. L’aggio più basso e la tariffa più alta determineranno un maggiore guadagno per l’autore. È chiaro che nel contemperamento degli interessi in gioco, le variabili sono molto più complesse, ad esempio tariffe più alte potrebbero associarsi a minori utilizzi, così come un aggio più alto potrebbe essere applicato in presenza di maggiori servizi ecc.
In secondo luogo, è fondamentale il criterio di ripartizione adottato dalla collecting: solitamente analitico o statistico.
Il primo (tendenzialmente più corretto) è quello in base al quale vengono suddivise le somme raccolte, tra gli autori dei brani effettivamente utilizzati.
Questo tipo di ripartizione in alcuni casi non è possibile per il difficile reperimento di informazioni esatte e complete, o perchè comporterebbe costi di gestione troppo alti, addirittura anche più alti degli incassi. Anche l’utilizzatore potrebbe subire forti disagi a causa dell’applicazione di tale tipologia di rendicontazione, basti immaginare, ad esempio, le difficoltà per un pubblico esercizio nel dover redigere un report analitico di tutti i brani trasmessi in sottofondo (la situazione cambierebbe notevolmente in presenza di software o strumenti di tracciamento e catalogazione dei brani).
Nei casi in cui non è possibile una ripartizione analitica si utilizzano i criteri statistici. È quindi interesse dell’autore individuare l’organismo che riesce a ripartire il maggior numero di utilizzi con il criterio analitico senza che questo faccia aumentare eccessivamente i costi di gestione, ed al contempo approfondire il criterio statistico adottato per i vari tipi di utilizzazione. Ciò posto, giocano un ruolo rilevante anche i tempi impiegati per il pagamento dei proventi agli autori, la capacità di rendicontare con maggiore o minore precisione e l’efficienza nel supporto ed assistenza ai propri associati.
Ugualmente fondamentali sono anche i servizi di base offerti dalla società, quali ad esempio la tipologia dei diritti intermediati, i territori coperti ed i rapporti con le società di collecting estere, nonché la capacità di controllo degli utilizzi non autorizzati.
Da ultimo, andranno valutati il funzionamento della società e l’efficienza della stessa, nonchè la possibilità per l’autore di prendere parte ai meccanismi decisionali ed eventuali servizi aggiuntivi (quali bandi di finanziamento, agevolazioni per particolari soggetti ecc.).
La scelta dell’intermediario, dunque, è cruciale oltre che particolarmente delicata, non bisogna limitarsi ad una valutazione superficiale, ma ragionare sul lungo periodo, sul bilanciamento di tutti gli elementi rilevanti e sulle necessità che si vogliono soddisfare.
[ LEGGI ANCHE La gestione collettiva del diritto d’autore. Parte I ]
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Last modified: 29 Marzo 2020