Scoprire quello che è l’obiettivo di una band quando ci propone un album, un brano, un video o qualunque altra cosa che possa definirsi artistica, ha un ruolo chiave nel compito di giudicare quanto tale valore possa considerarsi ricco o meno. Nel caso dei Rosso Dalmata e del loro omonimo album d’esordio è molto difficile giungere a conclusione perché, se da un lato l’artwork è incentrato su passionali accostamenti tra rosso sangue, bianco e nero con un risultato abbastanza sfrontato, girando la custodia e sbirciando tra i titoli dei brani (“Mina Si Fa Di Ketamina”, “Ho Mal Di Dandy”, “E’ Un Problema Se Sono Un Omicida Seriale”) ci sembrerebbe avere di fronte un gruppo che probabilmente punterà tutto sull’ironia per colpire al cuore gli ascoltatori. L’unica risposta possiamo trovarla nell’ascolto.
I bolognesi Rosso Dalmata provano a mescolare l’Indie britannico con l’elettronica Pop italiana, puntando oltretutto proprio su testi in lingua madre. Il loro album è stato mixato da David Lenci (Linea 77, Uzeda, One Dimensional Man, Teatro degli Orrori) e masterizzato da Carmine Simeone (Subsonica, Skin, Tony Levin). Il brano che apre l’opera, “Mina Si Fa Di Ketamina”, contiene una piccola chicca per tutti gli appassionati di cinema oltre che di musica. Infatti, nel pezzo, è presente un celebre monologo del film “Trainspotting“ reinterpretato, dopo sedici anni, dallo stesso doppiatore del film, Christian Iansante. Di seguito alla recensione potrete vedere il video realizzato dalla Elephant Production (Jolaurlo, La Radura) con l’attrice Martina Angelucci e la regia di Nunzia Vannuccini. Il pezzo si apre con il prepotente synth che sembra presagire l’imminente rimbombo di un Pop sintetico potente in stile Late Of The Pier. In realtà tutto si dispiega in un convenzionale Indie Rock di matrice inglese, con un ritornello assolutamente prevedibile e neanche troppo ironico (se questo era l’obiettivo). Si cercano suoni tossici (visto il tema del pezzo) dentro sonorità immediate e parole irriverenti ma il risultato è quanto mai dozzinale, nonostante il tentativo di elevare il contenuto con la suddetta partecipazione di Christian Iansante. Nel secondo episodio, “Romanzo Noir”, è nuovamente forte la presenza dell’Indie Rock derivato dal Post-Punk di scuola Franz Ferdinand e Kaiser Chiefs per intenderci, ma ancora una volta, il massimo che riescono a fare è trovare un ritornello con una melodia tanto orecchiabile quanto derivativa, allo stesso modo dei riff di chitarra o degli inserti sintetici. Il primo momento interessante si ha con “Adoro il 69” dove più energico è l’intervento dell’Electro Pop di scuola tricolore, Bluvertigo o Sikitikis. La linea melodica vocale è subito perfetta e indovinata e la semplicità sonora Pop-Punk delle chitarre risuona assolutamente eccellente, dentro un pezzo ricco finalmente d’ironia e voglia di leggerezza. Il cantante, Marco Baricci, si cimenta, in maniera minimale, anche con il piano, nel brano “Il Cubo Di Rubick” che nelle sue mescolanze tra Rock, suoni chimici e voce in primo piano riprende ancora con forza la corrente italica di Subsonica (molto simile nel cantato) e Bluvertigo, allargando le ali nella parte finale, su acustiche più dirette e punk del tipo non troppo incazzato. Non aggiungono praticamente nulla alla proposta dei Rosso Dalmata, i brani “Onda Sinusoidale” e la finto ironica “Ho Mal Di Dandy” mentre molto interessante è l’intro di “Storia Di Ordinaria Follia”, con le sue pazzie artificiali e l’evoluzione pulsante e piena di cambi di ritmo. Niente di nuovo, a dire il vero, ma nel suo essere “già sentito” è comunque un pezzo che mescola alla perfezione tutti gli ingredienti dell’album, oltretutto mostrando una buona esecuzione anche vocale pur se non stilisticamente perfetta. Poco convincente anche “Antistress” nella quale in realtà Marco Baricci, a differenza del brano precedente, mostra qualche limite vocale e un timbro non proprio da pelle d’oca. Forse il testo più interessante è quello di “Danza Della Busta”, liberamente tratto da un monologo del film American Beauty e ottimamente accompagnato dalla foga sonica di Frank Lav (autore delle parole), Guido Adam Terracciano, Herb De Masi, Dario De Benedetti e Mark Mad Honey (complimenti per la citazione). Parte forte anche “E’ Un Problema Se Sono Un Omicida Seriale” ma gli sviluppi suonano ancora una volta troppo mediocri e ritriti. L’ultimo brano, “Pietra Filosofale” non si stacca di un millimetro dalla proposta ormai chiara dei Rosso Dalmata, regalandosi anche un ritornello stile Prozac+. Non pensate che il problema di quest’album sia tutto nel suo essere sorpassato e convenzionale. Se avete mai letto altre mie cose, saprete che non ne faccio un dramma. Il dramma è che, in quasi tutti i momenti del disco, quando qualcosa sembra ineccepibile, tutto il resto è esattamente dalla parte opposta. Appena trovi un ritornello gradevole, ti suona insopportabile il resto del pezzo. Se sembra affascinante e intelligente il testo, è la melodia che non va. Se la musica ti prende, ecco che le parole arrivano a infastidirti. Manca omogeneità di valore assoluto. Con ripetuti ascolti, forse la parte testuale sarà proprio quella più interessante, esclusi un paio di sfortunati episodi ma le composizioni suonano fin troppo per palati semplici nell’intento, quanto poco accattivanti nel risultato.
Bluvertigo Electro Punk Franz Ferdinand Kaiser Chiefs Late Of The Pier linea 77 Lunatik One Dimensional Man Prozac+ Rosso Dalmata SIKITIKIS Silvio Don Pizzica Skin Subsonica Synth Pop/Rock teatro degli orrori Tony Levin U.D.U. Records Uzeda • Pop Punk
Last modified: 12 Febbraio 2013
Non condivido per niente questa recensione. è un bel disco, seppur un primo disco!
Anch’io trovo non condivisibile in generale l’intero articolo, ma le critiche vanno sempre prese in considerazione, specialmente se hanno un fondo costruttivo e non gratuito…. eppoi un pollice in giu’ ci voleva, dopo tanti polici all’insu’ per questo disco.
Condivido con Giancarlo,,,ma va detto che è un disco bellissimo, intenso; solo le persone che non vivono e portano tanto odio dentro di se non lo apprezzano. Ad ogni modo, questo modo di recensire una band, distruggendola GRATUITAMENTE non va bene. Riflettici Silvio.
Il synth iniziale di “Mina” non è una chitarra è un synth appunto! Cmq il disco è carino. Non la capisco ‘sta recensione, eppure non vado pazzo per il genere dei RD. Saluti. Giulio
@marco
Ti assicuro che sono quanto di più lontano dall’odio tu possa immaginare e potrei anche dimostrartelo da qualche scambio di opinioni avute con le band che non hanno accettato le critiche. Semplicemente non mi è piaciuto il disco. Avrei dovuto mentire e dire al pubblico qualcosa che non penso? Ricordate che la recensione è solo un’ opinione e non la verità e che nessuno dovrebbe permettersi di imporre con la forza le proprie opinioni agli altri. Io sono sincero con chi mi segue e se un disco non mi piace lo dico e basta. Noterete anche che ho cercato di argomentare e spiegare comunque di cosa si tratta, perchè quello che mi interessa è spingere ad ascoltare gli album, sia che abbiamo 0/5 che 5/5 e non certo dire alla gente di non ascoltare.
Un’affermazione come questa “solo le persone che non vivono e portano tanto odio dentro di se non lo apprezzano” presuppone che tu abbia una verità in mano che in realtà non ha nessuno di noi. A meno che i Rosso Dalmata non diventino come i Beatles.
Inoltre quando dici “recensire una band, distruggendola GRATUITAMENTE non va bene” cosa intendi? Non ho offeso nessuno, non sono stato aggressivo o cattivo e credo che la recensione rispecchi quello che penso e il voto che ho messo. Vorreste tutte recensioni positive? Pensate che il pubblico gradirebbe questa omologazione e falsità? Io non credo e continuerò ad essere sincero, sempre.
@giulio
Non ho capito che intendi col fatto che sia un synth, scusami.
P.s Cosa non capisci della recensione? che a te sia sembrato carino e a me no? C’è gente che schifa l’ultimo dei My Bloody Valentine figuriamoci se a me non possa non piacere questo.
Hai scritto che l’ intro di “Mina” è suonata da Guido Adam Terracciano che è il chitarrista della band, se hai letto il booklet….. E’ un tipico suono di moog, probabilmente modello “Little -Phatty”, non una guitar-synth ! Non capisco questo tuo modo, che non è solo il tuo grazie a Dio, di essere cosi feroce nei riguardi di una band. E poi quel finale: “Pietra filosofale” non sembra minimamente un brano dei Prozac. Hai visto cose che non ci sono secondo me,,,ma capita! Complimenti per la webzine ad ogni modo
Hai ragione. Non conosco personalmente i membri e forse ho sbagliato il nome (non lo strumento). Il synth è opera di Frank Lav.
Io non credo di essere stato feroce, solo sincero e in merito all’accostamento con i Prozac+, parlo solo di “ritornello stile Prozac+”. Oltretutto lo stesso Frank mi ha invitato a leggere altre recensioni dell’album e l’accostamento l’ho trovato anche altrove.
Non credo ti convenga fare paragoni con le altre recensioni ottenute dalla band: sono state davvero tantissime e positive; i prozac suonano con 4 power chords, le strutture sono davvero semplici e tutte uguali .Qua la situazione è diversa: questa è una band che sa suonare e spaziare. Il ritornello è stile Kaiser Chief ( vai a scuola dai!!). Dimmi per favore che non ti è bastato il semplice e demagogico collegamento Acida-Ketamina ..per accostarli a loro ti prego! . “Anti-stress” è un pezzo fichissimo ma se sei uno che non ha vissuto ne la controkultura , ne un po’ di strada, e la sera eria in cameretta è normale che non ti abbia sfiorato, anzi addirittura infastidito. Lo hai capito il testo? vedi so essere anch’ io antipatico. Un saluto
Delle similitudini con i Kaiser Chief ho già parlato prima, qui c’era anche altro e l’ho detto. E’ inutile attaccarsi a tutto per attaccarmi. Voi dite a me di essere stato aggressivo ma dovreste leggere quello che scrivete tipo:
( vai a scuola dai!!).
Dimmi per favore che non ti è bastato il semplice e demagogico collegamento Acida-Ketamina per accostarli a loro ti prego!
sei uno che non ha vissuto ne la controkultura , ne un po’ di strada, e la sera eria in cameretta è normale che non ti abbia sfiorato, anzi addirittura infastidito. Lo hai capito il testo?
Fermo restando che non sto certo a raccontarvi chi sono, ma, se aggiungiamo ai commenti che correttamente ho pubblicato anche quelli contenenti offese pesanti e minacce e considerando che sono tutti messaggi di persone vicine alla band, la cosa dovrebbe dirla lunga su chi è violento con le parole e chi no.
E quando i Kaiser Chief sono chiamati in causa come modello di arrangiamenti, non come i Prozac che suonano con 4 power chords (pure i Nirvana eh, che storicamente, scusate il francese, pisciano in testa un po’ a tutti), credo non ci sia più molto da dibattere circa le competenze o la preparazione dell’uno o dell’altro.
A me i gruppi che devono piacere per forza solo perché credono di saper suonare stanno proprio sopra le xxxxx. Scendete dal gradino che non siete ancora nessuno ed imparate ad accettare le critiche.
Recensii questo disco tempo fa e posso dire che mi piacque molto, come del resto posso intervenire dicendo che Silvio è un’ottima firma e che sono state fraintesi alcuni suoi passaggi , altresì dico che voi band emergenti dovreste avere anche umiltà e non solo amplfcatori a palla, non a tutti potete piacere e che con questo ghigno non andrete da nessuna parte e ve lo dice uno che da anni scrive di musica e di band boriose all’inizio poi finite nel dimenticatoio ne ho viste a milioni(.appena il primo cd.) Max Sannella
Sarebbe stato bellissimo vedere le mani che si spellano ad applaudirvi ma purtroppo o menomale siamo tutti diversi.