Può succedere che ti arrivi tra le mani un cd perfetto sotto più punti di vista, ben confezionato, con una bella presentazione per la stampa (che è un fenomeno più unico che raro), una super produzione tecnico-sonora con nomi illustri a far da garante laddove l’orecchio non coglie certe sottili paternità produttive, eppure non ti piace. La situazione delineata è esattamente quella che mi sono trovata a fronteggiare con gli Stereoscrash Mode e il loro omonimo album. I pugliesi sono attivi da parecchi anni, hanno all’attivo numerosi live e tanta esperienza e, in ultimo, hanno avuto la fortuna di farsi notare da quell’Enrico Cacace nominato ai Trailers Music Awards per la colonna sonora di Gran Torino di Clint Eastwood, che ha deciso di prendersi cura del loro disco. E una sovrapproduzione in studio è evidente nel brano di apertura “Quella che ti Gira”, un mix di Rock e ariosa Elettronica su cui si staglia un cantato alla Ligabue che ha l’unico pregio di essere tutto, rigorosamente, in italiano. “Se Mai”, manco a dirlo, ha sapore tutto cinematografico d’oltreoceano, con un apertura lenta e cadenzata, contrappuntata da chitarre elettriche riverberate: ancora una volta, però, è la voce a non avere nulla di originale. Gli Stereoscrash Mode fanno un Pop Rock ben concepito ma molto poco originale, che prosegue anche in “Adesso Ormai”. La traccia successiva, “Cercare più in là”, si discosta per arrangiamenti dai primi brani del disco, tutta costruita su sonorità Elettroniche e artefatte, appesantite però dal testo in rima, croce e delizia della nostra lingua, tutte incentrate su parole tronche alla fine del verso. “Sogni della Mia Vita” è deliziosamente Pop: niente da invidiare a un singolo di Ligabue, ma proprio per questo, al di là del gusto personale, decisamente poco personale. Un tentativo di ispessimento lirico caratterizza il testo di “Alessia”, in cui la voce, per una volta, sembra abbandonare il Liga tra i riferimenti stilistici e si ispira più al Cantautorato per tematica e scelta lessicale, sostenuta anche da un arrangiamento più particolare, con uno splendido pianoforte che strizza l’occhio alla dissonanza spesso e volentieri.
C’è dell’Indie Rock americano nell’intro di “Quello che C’è” che cede subito il passo al Rock nostrano del cantante di Correggio. Il disco chiude con “Sono Nato in Italia”: può non piacere l’arrangiamento onirico ma sicuramente si apprezza, come già nella precedente “Alessia”, una maggior cura del testo e una cifra stilistica più personale. La questione insomma è questa: puoi anche scrivere un numero di brani sufficienti per fare un disco, puoi essere intonatissimo ma purtroppo non avere un timbro personale, puoi essere circondato di musicisti validi e avere un produttore della madonna, ma se manca il messaggio, difficilmente riuscirai a distinguerti nella folla di band emergenti che ogni anno la nostra penisola sforna e dà in pasto al mercato underground. Non resta che augurare agli Stereoscrash Mode di capire il proprio limite e farne un punto da cui partire per individuare il proprio carattere personale, che, al momento, manca.
2014 Ligabue Loud Sparks Marialuisa Ferraro Pop-rock stereoscrash mode
Last modified: 20 Febbraio 2022
Può succedere che, dopo esserti già capitato tra le mani quel famoso e prefetto cd sopra citato, ti capiti poi sotto gli occhi un articolo del genere che, rigo dopo rigo, ti appassiona e cattura, coinvolge ed emoziona…per la quantità e qualità di esasperate critiche dal retrogusto strettamente personale. La “lotta” a Ligabue si mescola talmente tanto alla recensione di un album inedito da apparire quasi pretestuosa. Paradossalmente, protagonisti sono gli Stereoscrsh, che portano nel nome stesso quel messaggio già abbastanza chiaro, musicalmente parlando, che però a quanto pare non tutti riescono a cogliere, abbagliati dalla superficialità di un incomprensibile binomio “Liga-Stereoscrash”, che AD OGGI non ha senso d’esistere. Troppo facile dare un’occhiata alla storia della band (o più precisamente cover-band) e recensire su questo passato (peraltro di tutto rispetto!) un prodotto che invece segna proprio il punto di svolta, lo svincolamento da ciò che è stato, la liberazione dell’artisticità di musicisti che scrivono, creano, arrangiano ed interpretano. Parlare di poca originalità, di timbro non personale, di mancanza di messaggio sembra davvero surreale, o aridamente soggettivo. Tutto sommato, mi vien da pensare che, se rinomati professionisti del calibro di “quell’Enrico Cacace”, Brent Woods, Masaki Saito e via dicendo (l’elenco di grandi nomi è in continuo aggiornamento) hanno lavorato a QUESTO progetto, con QUESTA band e QUESTA voce (e non con quella folla di band emergenti da dare in pasto a non so chi) beh, qualche motivo ci sarà! Capisco anche che in alcuni casi, l’unico modo per distinguersi tra una massa, questa volta di giornali (e giornalisti), network e radio che condividono la stessa positiva (ed oggettiva) visione delle cose, sia quella di andare totalmente in contrasto con esse. Spero mi si perdoni l’intervento, ho sfruttato la possibilità di commentare da voi stessi fornita riportando solo quello che è il mio pensiero. Io appartengo al popolino….lo stesso che COMPRA I CD (quello degli STEREOSCRASH fa parte del mio archivio musicale). Tanti saluti! Claudia
Anzitutto perché definirsi “popolino”? E sottolineare che si compra i cd? A noi arrivano in redazione, gratis, ma non facciamo certo l’elemosina. E’ una libera scelta della band quella di inviare un loro prodotto a una redazione per ottenerne una critica. Il giudizio finale del pubblico è quello insindacabile che fa la differenza per un gruppo, non per questo è “popolino” o stolto perché compra i cd. In secondo luogo, l’oggettività non è data né da un’opinione personale (tua o mia) né dall’acclamazione corale di un certo numero di persone, poco importa chi siano o quante siano. Invece, Claudia, dalle tue parole sembra che se una band ottiene tot recensioni positive e una negativa sia per mancanza di oggettività di chi ha redatto quella negativa o, peggio ancora, per andare controcorrente e suscitare scalpore, così da avere qualche lettura in più. E’ come dire che i cinepanettoni sono capolavori perché al botteghino fanno un sacco di quattrini e il Morandini gioca a fare l’outsider quando li boccia drasticamente nelle sue recensioni.
Quando ci si avvicina a un disco, a un brano, a un artista nella sua produzione complessiva, l’oggettività non esiste perché in musica entrano in gioco troppi fattori soggettivi: l’emozione anzitutto, le impressioni legate a conoscenze pregresse in seconda battuta. L’unica cosa oggettiva è la tecnica (che bisogna saper riconoscere, distinguere e apprezzare): una buona produzione, che mi sembra di aver riconosciuto, una buona capacità strumentale o vocale, che mi sembra di aver riconosciuto, un buon gusto per gli arrangiamenti. Per quanto MI riguarda, visto che sono l’autrice della recensione, le MIE numerose esperienze musicali pregresse da MUSICISTA e da ASCOLTATORE mi permettono di dire che gli StereoscrashMode non siano particolarmente originali e che la scelta di cantare in italiano con un timbro che ricalca molto quello di Ligabue (e mi sembra innegabile uditivamente parlando, lasciamo stare la biografia, quello si che è un dato oggettivo: “assomiglia a”), sia una gran bella zavorra per la band in termini di personalità e originalità. Per quanto riguarda la mancanza di comunicazione di un messaggio, leggasi sopra: a me, per quella che sono io, gli Stereoscrash dicono poco. Non sono io il pubblico a cui evidentemente si rivolgono. Ma sono io che, da giornalista, ricevo il loro album e dico cosa ne penso, senza insulti, senza derisioni. Leggere una recensione implica sapere che chi ascolta un disco è esattamente come un qualsiasi ascoltatore, fatto di emozioni, sensazioni e ricordi. Con qualche competenza in più forse per esprimersi su un certo argomento e con qualche riferimento in più perché di cd, comprati e non, ne ascolta parecchi.
PS. La lotta a ligabue? Nella mia recensione non ho scritto nulla di negativo su Ligabue. Ho solo detto che la voce del cantante degli StereoscrashMode gli assomiglia troppo. E di Ligabue ce n’è uno e basta così perché, piaccia o non piaccia il suo stile, gli altri sono comunque solo copie. Credo sia molto più personale, comprensibilmente tale visto che sei una loro fan, la tua critica alla mia recensione, che la mia recensione stessa. Buona giornata.
PS. La lotta a ligabue? Nella mia recensione non ho scritto nulla di negativo su Ligabue. Ho solo detto che la voce del cantante degli StereoscrashMode gli assomiglia troppo. E di Ligabue ce n’è uno e basta così perché, piaccia o non piaccia il suo stile, gli altri sono comunque solo copie. Credo sia molto più personale, comprensibilmente tale visto che sei una loro fan, la tua critica alla mia recensione, che la mia recensione stessa. Buona giornata.