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Rebis – Naufragati nel Deserto
In un mondo musicale Indie in cui spesso fa la voce grossa in termini di copertura mediatica il suono e spesso il volume di musicisti nel più dei casi poco dotati armonicamente e tecnicamente, fa strano ascoltare un disco come quello dei Rebis. Fa strano innanzitutto perché la loro musica è acustica e popolare e poi perché non ha la pretesa di essere di moda ed in questo risulta piuttosto genuina, oltre che ben curata. Un disco che ti riempie la testa di suggestioni cinematografiche e di paesaggi sabbiosi, di paesi del sud del mondo in cui la musica è ancora un veicolo per raccontare storie ataviche e antiche e per ballare danze che si sanno senza sapere di saperle, che arrivano da chissà dove e forse da posti che hanno a che fare con la nostra infanzia. Dicevo del Mediterraneo: in questo lavoro dei Rebis ci sono molte delle lingue che si affacciano su questo grande ventre di acqua che unisce culture diverse ma al tempo stesso radicate nella stessa terra storica: l’italiano, il dialetto siciliano, l’arabo e persino il francese di colonie africane come Tunisia e Algeria o Marocco.
Troviamo musicisti molto capaci e arrangiamenti curati sempre a cavallo tra la musica d’ autore e etno; troviamo violini, clarini, chitarre acustiche e classiche, troviamo echi gitani e persino klezmer. Nonostante tutto questo e nonostante ci siano ottimi pezzi nella tracklist (per esempio “Naufragata nel Deserto”con quell’andamento ciondolante tipico del quarto col punto e con il passaggio cromatico in minore, oppure “La Notte di S.Giovanni” ben orchestrata in una danza tra il Soft Prog e il Jazz), il disco alla fine risulta un po’ troppo lungo e denota una certa carenza di melodie davvero popolari; spesso la voce si trascina un po’ nel lamento facile e prende spesso un’inclinazione operistica un po’ posticcia. Il finale del disco complessivamente sembra più debole dell’inizio, esempio ne è l’indulgere in varie ballate chitarra e voce. Complessivamente un disco meritevole di ascolto ma non troppo profondo nella ricerca musicale per renderlo un disco memorabile di musica popolare.
Nuovo video per Le Teste
Sono state la nostra band della settimana lo scorso novembre, Le Teste, formazione Ska di Saronno, con all’attivo numerosi live, presenta ora il suo ultimo videoclip. Hanno diviso il palco con Vallanzaska, Matrioska e Stiliti durante alcune tappe del Festival dei “30 anni di Ska in Italia” organizzato e promosso da Maninalto! Al MEI 2.0 hanno diviso il palco di P.zza del Popolo di Faenza con Andrea Mingardi, Matrioska e Bandabardò. Questo che presentano è il Videoclip di “Calciopolis” tratto dal loro ultimo album 2012. Godetevelo!
La Band della Settimana: Le Teste
Le Teste, band Ska Core di Saronno, sono:
Claudio “Cla” Cosi – Voce e Chitarra
Carlo “Lotto” Medici – Basso
Valerio “Vale” Mangiafico – Sax
Michele “Drugo” Mastrofilippo – Trombetta
Domenico “Dome” Santoro – Tastiera
Marco “Marco” Laurenti – Batteria
Kruz – Suoni
Le Teste nascono come Teste di Cocco nel settembre del 2001 dalla passione per la musica di alcuni compagni di scuola. Passione che, con il passare degli anni, è rimasta intatta e ha permesso al gruppo di affinare le proprie doti tecniche e compositive e di calcare più di 250 palchi in sette anni di attività con guru del panorama Rock alternativo italiano come Persiana Jones, Derozer, Vallanzaska, Peter Punk, Almukawama, Figli di Madre Ignota e molti altri. Nel 2004 esce il primo disco della band dal titolo Stasera Non Entrate distribuito in tutta Italia da Vacation House e dopo una pausa di circa due anni, Le Teste tornano in auge con un restyling della formazione e del nome (che diventa appunto Le Teste) e dopo una serie di live si chiudono in studio per dare alla luce il nuovo album dal nome 2012. Con quest’ultimo progetto si nota ancora di più la voglia del gruppo di diffondere divertimento, freschezza e allegria allo stato puro senza mai trascurare una certa dose di rabbia e di grinta che caratterizzano sempre i pezzi delle Teste che, oltre a far ballare, si pongono come obbiettivo anche quello di far riflettere.
Drive me Crazy – 2012 Ep
Dopo una demo autoprodotta, tornano a far parlare di sé i Drive Me Crazy con 2012 – The Ep un disco breve, ma intenso. Sono solamente 4 le tracce di questo lavoro, ma la carica energetica che sprigionano compensa la brevità. La voce di Claudia Favalli ci incanta, mentre il resto della band detta egregiamente un sound Rock esplosivo alternato a momenti più soft da romantiche ballad.
“Drive me Crazy”, la canzone che porta lo stesso nome della band, veicola su note stridenti un testo dolce. La traccia è stata anche scelta come singolo iniziale, completo di videoclip ad opera della M&M Italia.
La seconda canzone, “One Out of a Million”, è una vera e propria ballad dal gusto romantico ed ha un refrain che si imprime in mente con una facilità sorprendente. Un inno e uno stimolo a seguire le proprie ispirazioni e le proprie passioni alla volta del successo.
“2012” esprime ad hoc quel che è il Rock n’ Rose della band: suoni a tratti forti e voci sussurrate in alternanza per prendere un po’ in giro con stile chi credeva nella ormai scongiurata fine del mondo predetta dai Maya.
2012 The Ep si chiude con un brano dalle chitarre stridenti e voci trascinate che ben rappresentano il mood del titolo: “Love is Paranoid”. Si sente tutta la passione e la disperazione di un amore a tinte paranoiche.
La voce della Favalli spacca. A tratti nei brani più soft compare il fantasma dei contrasti vocali di Anouk, mentre in altri momenti la grinta prorompente è quella di Beth Ditto dei The Gossip, pur mantenendo sempre una propria identità e peculiarità.
I Drive Me Crazy sono una band carica di energia e di verve che entra nel mercato musicale sfondando la porta e portando una ventata di novità nella nostra collezione di dischi.
Dal 23 maggio l’Ep è disponibile in download su iTunes e le principali piattaforme, nell’attesa del tour che vedrà i DMC esibirsi in diversi locali del Nord Italia.
Le teste – 2012 BOPS
Dopo l’incipit meditativo, a tratti cool, di “Preludio”, i lombardi Le teste partono in quarta con uno ska-rock potente, cantato in italiano e swingato in stile Roy Paci (ma se possibile con molta più classe), che non guarda in faccia nessuno: ce n’è per tutti, dalle idiozie mediatiche sulla fine del mondo di “Fine dei giochi” o “2012”, al nostro bel Paese di maneggioni in “Calciopolis” e lo status symbol da drink regalati nei locali fighetti di provincia in “Free Drink”. Immancabili la canzone d’amore, “Lovely girl” e la critica sociale di “L’animale” e “C’è crisi”. E se la prendono anche coi fresconi che si bevono qualsiasi prodotto musicale come fosse Coca-Cola nella velocissima “Estasi sintetica”, e con i “Pagliacci!” che riempiono le nostre città di slogan e false speranze. “La ruota”, traccia di chiusura del disco, sembra essere una summa di tutte le narrazioni precedenti: i ragazzi ci stanno dicendo che siamo coinvolti in un ingranaggio che forse neanche vediamo, la cui morsa stringe e lascia un segno silenzioso, nel suo incessante movimento. A noi non resta che illuderci di poterla fermare. Le teste, al contrario, vi faranno muovere e parecchio. Che vi piaccia il genere o no, questa è gente da andare sicuramente a vedere dal vivo. Enjoy!
Z-Felt – Come evitare la morte nei luoghi affollati BOPS (recensioni tutte d’un fiato)
Come evitare la morte nei luoghi affollati è l’album con il quale i pugliesi Z-Felt propongono sette brani, completamente improvvisati, senza struttura e senza testi. Musica tutta strumentale, per un certo verso ironica, pungente sperimentale al massimo. Ma come loro stessi scrivono Z-felt è non-musica, Z-felt è non-rumore, in realtà forse Z-felt è una scusa. La scusa di ciarlatani della musica. Forse tutto questo pensiero è costruito solo per poter suonare ciò che gli pare e piace, il che è apprezzabile perché, in fondo, non si nascondono dietro un genere o dietro all’idea stessa di non averlo. Il genere qui non esiste davvero e qualcuno potrebbe dire che non esiste neanche la musica. In effetti il trio, cresciuto tra musica e fumetti, lascia i virtuosismi ad altri, creando sicuramente qualcosa di nuovo e di inatteso. Come il significato di tutto il lavoro, che potrebbe voler dire tutto o niente, certo, dipende da chi ascolta. In effetti mi sembra di parlare di un quadro contemporaneo, ma forse un po’ lo è…
I Migliori tre dischi italiani del 2012 secondo Rockambula.
Un buon intenditore di vino e musica qualificherebbe questo 2012 come un’ottima annata. Non servono altre parole per raccontare dodici mesi di merda, almeno per tutto il resto che ci ha vomitato l’esistenza. Dal disastro della Concordia allo scudetto della Juve, dall’incendio di Comayagua alla rielezione di Putin, dall’umiliazione spagnola alla finale degli Europei alla strage orrenda di qualche giorno fa. Trecentosessantacinque giorni da dimenticare che però sono stati fantastici almeno in quel piccolo mondo da sogno fatto della nostra musica. Un anno speciale, alla faccia dei Maya. Di seguito le scelte dei nostri collaboratori sui migliori tre album ascoltati quest’anno, nella speranza che possano aiutarvi a non perdere nulla o anche per andare a recuperare pregiate perle sfuggite al vostro orecchio di alcolizzati di Rock e non solo. Buon divertimento.
Silvio Don Pizzica ha scelto…
Alio Die – Deconsecrated And Pure
Venti anni di curriculum alle spalle, decine e decine di dischi, una abilità prolifica artistica da far concorrenza a Charles Bukowski, quest’anno Alio Die (“un altro giorno”) ha scelto di farci dono di tutta la sua energia caotica con Deconsecrated and Pure, una delle imprese più possenti e lancinanti mai realizzate dal milanese. Elettronica minimale, glitch e rumori vari, musica sacra e field recordings. Niente di quello che ascolterete è come quello che avete già ascoltato.
The Churchill Outfit – The Churchill Outfit
Allucinazioni anni sessanta/settanta, The Beatles, The Doors, Jimi Hendrix, Love, The Zombies, Pink Floyd, Jefferson Airplane, XTC, The Pretty Things. Indie Rock e Folk/Blues robusto e spirituale, acre e sano. Garage revival stile The Raconteurs o Arctic Monkeys. Neo Psychedelia a la The Black Angels, band texana capitanata da Christian Bland o anche The Warlocks. Stoner Rock, Acid Rock, Heavy Psych, Dead Meadow, The Brian Jonestown Massacre. Insomma, tanta tanta roba!!!
String Theory – 3Rooms
Gli String Theory (da Teramo) sono Sergio Pomante (sax ed effetti), Lorenzo Castagna (chitarra ed effetti) e Silvano Marcozzi (batteria e percussioni). Gli String Theory sono estemporaneità e autonomia totale di estrinsecazione. Una delle migliori cose che mi sia capitato di ascoltare in questo 2012. Scusate se mi ripeto. E “Roma Capaci” è un capolavoro.
Riccardo Merolli ha scelto…
Drink to Me – S
“Non c’è niente di terrestre, una botta talmente forte da rimanere spiaccicati sul pavimento, Musica per chi scopa. Provare per credere, ascoltare pezzi come Henry Miller, Picture of The Sun e Disaster Area per comprendere la potenza. Nell’anno dell’elettronica del Male non poteva essere altrimenti.”
S.M.S. – Da qui a domani
“Il ritorno dell’ex frontman dei Diaframma Miro Sassolini incontra la poesia di Monica Matticoli. Una delizia dei sensi per chi vuole lasciarsi trasportare da queste atmosfere, nei loro testi appare una sconcertante struttura poetica e le loro canzoni sembrano appartenere ad una generazione senza futuro.”
Nicolò Carnesi – Gli Eroi non escono il Sabato
“Se scappi potrai trovare di meglio oppure soffrire in eterno, se resti non hai mai capito un cazzo della vita. Un sound introverso spezza l’equilibrio tra dover essere cortesi e diventare giustamente stronzi, cantautorato attuale con tanta freschezza e fantasia. Nessuno vuole santificarlo prima del tempo ma il disco è veramente forte.”
Marco Vittoria ha scelto…
Massimo Zamboni – 30 anni di ortodossia
In un cd e in un dvd rivivono le emozioni di un’epoca in cui essere punk era davvero essere alternativi, e i Cccp sapevano come distinguersi dalla massa! Massimo Zamboni, chitarrista della band si fa accompagnare in questa testimonianza live dal suo ex compagno di avventure Fatur, da Nada, Cisco, Giorgio Canali e Giorgio Canali.
Tindara – Quando parlo urlo
Un’ottima prima prova che miscela alla grande rock, grunge, stoner e pop senza deludere mai. Quando i Marlene Kuntz (Luca Bergia, batterista della band piemontese, ne è il produttore) incontrano i Violent Femmes inserendo a sprazzi i Days of the news (li ricordate?). Certo che come debutto è proprio promettente e se il buongiorno si vede dal mattino…
Franco Battiato – Apriti Sesamo
Il nuovo imperdibile album del grande cantautore siciliano. Al basso il grande Faso (Elio e le storie tese). Mai scontato nei suoni, gradevole sin dall’apertura della confezione con sovracartoncino trasparente che contiene il cd. A sessantasette anni e dopo decine di lavori non smette di innovare ed innovarsi.
Max Sannella ha scelto…
Rio Mezzanino – Love Is A Radio
Un disco che sogna, e non lo fa come una sicurezza “a traino”, piuttosto ne fa vanto, vizio e virtù di una stramaledettamente fascinosa santeria atea che contamina chiunque possiede uno spirito ed un’anima aperta e geniale che ama il buio o l’oscuro come fonte di luce
The Charlestones – Off The Beat
Questa band da disdetta alle limitazioni stilistiche per espandere il suo sentimento in avventure elettriche che sorvolano anche certi anni Sessanta americani, e lo fa con una maturità intensa che poi corrisponde a questo bello slancio discografico.
Santobarbaro – Navi
una spiritualità ombrosa che vive di elettronica, pulsioni dark e appigli di visioni lontane, ovattate, quella capacità strabiliante e manipolatrice che si pone sempre a confine tra sogno e delirio, silenzio e rumore, con tutta l’attenzione riportata per creare vere e proprie filiformi sinfonie intime e color torba.
Marco Lavagno ha scelto…
Aftherhours – Padania
La Padania non è verde, ma investita da tutte le combinazioni di grigio. Fredda e tagliente come il violino di “Costruire per distruggere”, storta come le ritmiche pazzoidi di “Ci sarà una bella luce”, pungente come la chitarra di Xabier Iriondo (e a proposito di luce: che illuminazione il suo ritorno!), anticonvenzionale come la voce di Agnelli, mai così pronta a mettersi in gioco. Tecnica squisita e mente aperta a 360 gradi. Non ci sono limiti di ritmica, di note e di parole. Tutto suona così fuori dal comune; destabilizzante ma incredibilmente naturale. Un flusso compositivo istintivo e incasinatissimo che presenta alcune pause riflessive, forse ancora più dolorose (“Nostro anche se ci fa male”). Un microcosmo intimo, specchio riflesso dei paesaggi desolanti che osserviamo tutti i giorni con gli occhi pieni di rabbia e di rivolta.
Nobraino – Disco d’Oro
Li ho scoperti con questo disco nonostante siano anni che bazzichino palchi e compongano canzoni con estrema facilità. Si un disco facile, piacione, che ci riporta alle radici della nostra musica popolare senza troppe pretese, se non quella di compiere il “Record del Mondo di chi sta più bene”. L’oro è il suo colore: ballabile (“Tradimentunz”), circense, sorridente, elegante nella sua rusticità. Lorenzo Kruger guida una improbabile ciurma con un carisma invidiabile e una voce perforante. E come riesce a trapanare quando parte “Film muto”, pura poesia spiccia tra “muscoli e cervello”.
Fiorella Mannoia – Sud
La signora torna in grande stile. Sempre più rossa: di fuoco e di passione. Ma anche nera di Africa, elegantemente bianca di pace e speranza. Si presenta scalza, umile anche davanti alla sua prima esperienza da autrice (la combo con Fossati in “Se solo mi guardassi” è semplicemente da manuale). Non il solito album che ci si aspetterebbe da una cantante come Fiorella Mannoia. Sud è il miglio prodotto della sua carriera: ricco di influenze musicali (ve lo aspettavate Frankie Hi-Ngr?), carnale, reale, sognatore, moderno e sociale, senza mai scadere in facili banalità. “In viaggio” è un sereno abbraccio d’addio. “Dal tuo sentire al mio pensare” è lo sguardo intenso e curioso di una bambina, occhi che non si scollano dall’obiettivo e bocca che si apre appena per lo stupore. Stupore per chi con la musica sa ancora emozionarci.
Marialuisa Ferraro ha scelto…
Management del dolore post operatorio – Auff!!
Irriverenti, incazzati e vagamente spacconi. In una parola: punk. Rispolverata la lezione dei CCCP e riletta in chiave indie, la band di Lanciano si presenta al pubblico italiano con una ricetta di rabbia misto gioia di vivere. Di alzare la testa e farsi sentire ce n’era proprio bisogno in questo 2012 di crisi e i MaDe DoPo sono i figli musicali perfetti di questo nostro tempo.
Teatro degli Orrori – Il mondo nuovo
Omaggio ad Aldous Huxley e a Storie di un impiegato di Fabrizio De Andrè, finalista al Premio Tenco di quest’anno, il Teatro degli Orrori partorisce un disco fortissimo, che li consacra e li consolida nel panorama musicale nostrano. L’attenzione ai temi del lavoro (che manca) e dell’immigrazione riassume le pagine più tristi della cronaca di quest’anno, facendo della band la vera portavoce di un disagio che purtroppo non è solo generazionale.
Calibro35 – Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale
Atmosfere calde, a tratti cullanti e a tratti danzerecce, mescolate a citazioni colte e rifacimenti di grandi successi jazz, in un involucro squisitamente strumentale: i Calibro35 hanno questa formula immaginifica da colonna sonora cinematografica che non riesce proprio a essere mero sottofondo musicale, ma delinea scene dal contorno netto e preciso, scalda, consola, indigna. Se l’obiettivo di ogni musicista è suscitare emozioni, questa band ci riesce meglio di chiunque altro, senza, oltretutto, servirsi dell’uso della parola.
Vincenzo Scillia ha scelto…
Mombu – Zombi
“Zombi” dei Mombu è un disco fresco, in parte innovativo, un vero e proprio spiraglio di luce. Il loro Jazz che si affaccia su di un Rock sperimentale e avvolto da atmosfere Africane per cosi dire, è stato un vero colpo a segno. Nessun disco del panorama Underground ha avuto, almeno sul sottoscritto, l’ impatto che ha dato “Zombi”. I Mombu sono un gruppo di grande valore, dalle mille risorse e probabilmente è anche la band dell’ Anno.
Kubark – Ulysses
Immaginate di girovagare in una grande metropoli come New York, oppure gironzolare per il centro di Napoli con l’ intento di fermarsi in ogni bar e buttarsi giù un cicchetto di tequila, altrimenti, se volete, pensatevi a Milano ad ammirare le più belle showgirl che si esibiscono nei vari locali, alternativi e non. “Ulysses” dei Kubark può fare da colonna sonora a questo vagabondaggio, comprende sensazioni che si possono provare in ogni situazione citata.
Il Teatro degli Orrori – Il Mondo Nuovo
Indubbiamente il Teatro degli Orrori è un gruppo che si è dato veramente da fare ultimamente, infatti è una delle band Rock più interessanti che sono girate su MTV. La loro sfida cominciata alcuni anni fa ha visto esiti positivi tra partecipazioni a diversi festival e riconoscimenti ottenuti. Per una volta possiamo dire che ad avere visibilità è stata una band degna e “Il Mondo Nuovo”, ovvero il loro ultimo disco, ha dato prova della loro capacità.