I Missili sono una sorta di collettivo dai membri intercambiabili che giocano con ritmi Pop e arrangiamenti ridotti all’osso intorno a filastrocche infantili che richiamano la gran moda naif di questi tempi. Il loro disco, Le Vitamine, è un braccialetto plasticoso e colorato che si vende in spiaggia a poche lire (neanche euro, fa più fico), composto da otto perline dalle ritmiche lineari e dall’esecuzione volutamente approssimativa, sempre nell’ottica di un Lo Fi che vuol essere divertente e che, in parte, anche ci riesce. Le Vitamine è un disco leggero, solare, ludico. Si sfiorano ambientazioni estive e rotolanti arcobaleni Pop (“Dio Romano”, “A Bastonate”), oppure ritmi in levare ondeggianti che richiamano certi anni 70 stile “Giovane Esploratore Tobia” (“Fotoricordo”) negli episodi più riusciti (dove cioè il sorriso si fa complice e strizza l’occhio); in quelli più odiosi si striscia piagnucolanti attraverso pianure di noia (nonostante le ritmiche sempre uptempo, per quanto semplici) e immagini stantie (“Fossili”, “è da un po’ che ti guardo e tu, è da un po’ che non mangi più, bambina”, o “Una Grande Tribù”, “lassù c’è una grande tribù, hanno appeso un uomo a testa all’ingiù, e rulla il tamburo voodoo, com’è bello il coro delle mamme zulù, fammi restare qui sulla mia sdraio blu, fa troppo caldo e su, io non ci torno più”).
I Missili camminano sul filo, ridacchiando, tra una simpatia soave e lieve, che non riesce ad essere poetica quanto vorrebbe, ma che può regalare un sorriso e qualche passetto di danza, e una strafottenza sempliciotta che dovrebbe passare forse per illuminazione e che invece provoca fitte dolorose d’insofferenza. Ascoltatene a vostro rischio e pericolo se oltre ad una luminosa foschia volete toccare con mano qualcosa di fermo, sodo, vero.