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La Band della Settimana: Paolo Zanardi
E’ uscito il 10 ottobre il quarto album del pugliese, romano di adozione Paolo Zanardi, Viaggio Di Ritorno, registrato a Roma negli studi “Gas Studio Vintage” e prodotto dalla label romana Lapidarie Incisioni con distribuzione Audioglobe. Così, dalle parole di Paolo, una breve evocativa descrizione di Viaggio di Ritorno: “Una manciata di canzoni scritte in retromarcia, controsole e con il futuro alle spalle, un bouquet di fiori a 5 euro gettato nella tromba delle scale un attimo prima che lei aprisse la porta, il residuo, gli scarti di lavorazione di momenti preziosi…”. Paolo Zanardi inizia la sua attività di autore e compositore con una formazione chiamata Borgo Pirano. Intorno alla sua carismatica figura – un po’ per somiglianza e un po’ per carattere vicina alla sagoma di Zanardi del geniale Andrea Pazienza – la band si attiva partecipando e vincendo nel 1996 la seconda edizione del Premio Ciampi e nel ’98 la 9ˆ edizione del Premio Città di Recanati. La passione di Zanardi per il cinema si traduce ben presto in un felice sodalizio con il giovane regista Graziano Conversano, con il quale realizza la colonna sonora per alcuni corti (Premio Sacher 2001) e una canzone per il film “Mio Cognato” di Alessandro Piva. Musica anche le poesie e racconti dei primi due dischi di REMO REMOTTI: “CANOTTIERE” e “IN VOGA” (Concertone-Edel), scrittore e cabarettista romano con il quale aveva già da tempo iniziato una strettissima collaborazione per una serie di spettacoli dal vivo. Nel 2005 esce il suo primo disco “PORTAMI A FARE UN GIRO” (Olivia Records-Venus) e due anni dopo, nel 2007, esce il secondo: “I BARBONI PREFERISCONO ROMA” (Olivia Records-Venus). Il suo terzo lavoro, “TUTTE LE FESTE DI DOMANI”, esce nel 2011 e la canzone “ARBEIT MACHT FREI”, liberamente ispirato ai “fatti” della Thyssen Krupp, vede la collaborazione di Caparezza e Antonio Rezza, che compaiono insieme ad altri ospiti nel video tratto dal brano. Nel 2012 si esibisce a Sanremo nell’ambito della rassegna Premio Tenco, un brano estratto dall’esibizione è presente nel disco «SIAMO IN TENCO 2011 – 2012» (Ala Bianca/Warner).
Virginiana Miller – Venga il Regno
Ritornano i Virginiana Miller, ritorna il loro Rock, leggero nella forma ma denso nei contenuti, sbilenco, d’autore. Il nuovo lavoro si chiama Venga il Regno, e ci consegna una band con un’identità precisissima: una voce inconfondibile (quella di Simone Lenzi), sia nel senso più prosaico di espressione canora che in quello di visione poetica, e un sound accessibile, ma con soventi cambi di registro che aiutano a non bloccare l’ascolto ma a mantenerlo vivo.
Venga il Regno è fatto soprattutto da canzoni, belle canzoni: “Una Bella Giornata”, il singolo d’apertura, è il classico apripista, orecchiabile ma per niente stupido, con un preciso senso Pop e un bel tiro consistente (e un testo splendido: “È inutile / lo sai / restare lì nascosta / non è mai troppo presto / per rimettersi in piedi / e rialzare la testa / e se non è domenica / se non sarà più festa / andrà bene lo stesso / perché la vita ti vuole / perché ti vuole adesso / in questa bella giornata / l’aria è pulita / la strada asciutta / la pioggia goccia a goccia / è già caduta tutta”). Ci si scurisce un po’ in “Anni Di Piombo” (secondo singolo) anche se, forse, un po’ meno di quello che ci si aspetterebbe. I Virginiana Miller sono così, chiaroscuri: non sono fatti per vivere di estremi; vivono di spostamenti, di atmosfere, di metamorfosi. Hanno un sapore retrò, da film d’autore (e non sarà un caso il David di Donatello vinto con “Tutti i Santi Giorni”, canzone che dà il titolo all’omonimo film di Paolo Virzì, ispirato ad un romanzo dello stesso Lenzi). Sono crudi e dolci, sono schietti ed eleganti (vedi la commistione di sonorità morbide e testo tagliente di “Nel Recinto dei Cani”: “Venga il regno / e sia dei cani”). Sono spiazzanti: ti preparano alla lentezza e poi procedono per scatti (“La felicità è un dono / passa di mano / e poi si dimentica / raggio di sole / che illumina / si posa sui volti / la felicità è una cosa degli altri”, da “Due”).
Venga il Regno è un disco solido, in cui musiche e testi si attorcigliano e si inseguono, a volte si allontano, a volte combattono, ma sono sempre nel punto giusto, nella direzione che serve. Non troverete nei Virginiana Miller gli alfieri di chissà quale nuovo modo di intendere la musica, ma certamente si confermano dei capaci e affidabili “costruttori di canzoni”. Avercene.
Il Parto Delle Nuvole Pesanti – Che Aria Tira
Quello che tira fuori certamente non è buona aria, ma quella che gira nel nuovo disco del Parto delle Nuvole Pesanti è una ventata di speranza e di nuove sonorità, un nuovo lavoro che la band calabro/emiliana licenzia dopo una infinità di successi, tra i tanti la nomination al David di Donatello con Onda Calabra (colonna sonora del film Qualunquemente di Albanese), e che porta senz’altro ad un ascolto fresco e sostanzialmente “anti”, proprio come ci vuole in queste quotidianità.
Una profonda occhiata musicale sui tempi che si corrono, la crisi, l’instabilità, le arroganze e il marasma delle malefatte che si attaccano alla propria pelle, in poche parole tutte le ossessioni che si respirano come fumi venefici, e loro, se la cantano e gliela suonano in maniera esemplare, con quella riconoscibilissima sponda etno-folk del loro istinto, ma questa volta sfondando anche in territori rock, elettronici ed acustici, proprio come un’onda che deborda oltre la battigia; dieci brani che loro definiscono “Musica Sociale”, un insieme di “sceneggiature” sonore che colpiscono in pieno la mira che si vuole colpire, ritornelli e testi laceranti che caricano e vanno a muovere i nervi tesi della poesia e della rabbia intrisa insieme. Ed è una realizzazione discografica che non annulla le aspettative degli ascolti, un continuo dialogo con la forza dolce della lotta sociale.
Oltre agli storici Mimmo Crudo, Salvatore De Siena, Amerigo Sirianni e la collaborazione preziosa di Manuel Franco e Antonio Rimedio, c’è un parterre di ospiti rilevanti come Fabrizio Moro, Carlo Lucarelli, la vocalist turca Canceli Basak e il Coro Mikrokosmos Multietnico di Bologna diretto dal Maestro Michele Napolitano, dunque già uno spettacolo a sé, tutti gioielli che vanno ad incastonarsi in una tracklist di quelle che spaccano e fanno circolare il sangue come in un circuito d’Indianapolis; un abbraccio accusante dal Sud che tesse e prende il largo con “La Nave dei Veleni” tratta dal libro di Lucarelli Navi a Perdere, poi il macramè di mandolino contro l’ecomafia “Crotone”, la stupenda ballata di “Vita Detenuta” sui suicidi in galera o lo scatto sanguigno di “Alì Ochali”, la verve antagonista al potere dei poteri “La Poltrona” o quella bellissima “Qualcuno Mi Ha Detto” tratta da una poesia del grande Nazim Hikmet, tutta alta poesia contro con tanti altri riferimenti all’ingiusto mondo di oggi, da Monti, Balotelli, pedofilia, razzismo ecc ecc, e che fanno un disco di genealogia non allineata.
Il Parto delle Nuvole Pesanti amano remare controcorrente, e lo fanno talmente bene e con dovizia, che chissà perché (ma lo sappiamo bene) ad ogni giro di stereo lo stimolo di spaccare il culo a tanti e a tutto è forte e primario. E’ la forza della ragione degli ultimi.