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La Band della Settimana: Alanjemaal

Written by Novità

“Gli Alanjemaal hanno sulle loro spalle quasi vent’anni di attività. Formatisi a Monza nel 1993 con il nome di Rude Pravda, di questo periodo ci rimangono solo una manciata di canzoni pubblicate in due tape. Alla fine del 1999, l’arrivo dell’attuale bassista e la ridefinizione del progetto musicale verso sonorità Noise, Psichedeliche, Post Rock, portano in dote il cambio di denominazione sociale in Alanjemaal.
Il nuovo corso, caratterizzato da una prevalenza di brani strumentali, suscita l’interesse di Fabio Magistrali (produttore di Afterhours, Bugo, Marta sui Tubi) concretizzatosi nella produzione nel 2001 di una decina di brani, alle cui registrazioni hanno partecipato come ospiti Elena Diana e Gigi Giancursi dei Perturbazione, che proprio in quel periodo stavano registrando con lo stesso Magistrali il loro capolavoro In Circolo. Brani che però rimangono nel cassetto per dieci anni, durante i quali l’attività della band, per una serie di ripensamenti artistici e di problemi personali, procede a intermittenza, e che vedranno la luce solo nel 2012 nel cd di debutto Dalla Ruggine, titolo intenzionalmente metaforico, quasi a indicare da quale punto far ripartire il discorso musicale lasciato in sospeso.

Oltre alla partecipazione nel 2011 alla compilation Franti, uno solo poteva ridere, tributo alla più importante band underground degli anni 80, dal 2009 al 2012 a fianco di una buona attività live gli Alanjemaal si sono dedicati alla registrazione di nuovo materiale, sempre con l’aiuto di Fabio Magistrali.

(Non ho) Niente da Sognare, uscito 1 Marzo 2014, è il risultato di questo lavoro.”

Sono loro la nostra scelta di questa settimana.

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Alanjemaal. Parte Seconda!

Written by Interviste

In questa seconda parte, Alberto Casiraghi ci parlerà della loro musica e della scena indipendente italiana, della loro vita, di “Dalla Ruggine“, della scena underground di Italia anni ’90, dei suoi sogni e delle sue paure. Buona lettura.

Nel disco, spaziate dalla psichedelia sixties, al Post Rock, dal Funky al Prog ed al Math, passando per il Noise e il più classico Rock italiano. Quello che viene fuori è un suono difficile da inquadrare eppure non proprio originalissimo. Voi come lo definireste?
Non lo definiamo. Non credo che abbia questa importanza, anche perché per esperienza, ognuno trova nella nostra musica quello che vuole. Per esempio, tu citi il funky, che io non porterei mai come esempio. Certo, capisco che il basso di Trappole possa ricordare l’epoca del cross-over o delle cose alla Fugazi, anche perché quel brano fu scritto con il precedente bassista. E anche il prog è una cosa lontana dai nostri interessi, se con prog intendi quel genere preciso. Se invece si intende un modo di scrivere dove la progressione degli accordi e delle armonie è un fattore importante allora siamo anche prog. Se intendi Genesi e Yes, allora ti dico che siamo fuori strada. Ma anche qui, io sono un malato della scuola canterburyana, anche se quello non è comunemente denominato prog. Comunque ritornando alla domanda, se èproprio dobbiamo ci definiamo, un po’ scherzosamente, Indie Psychedelic Post Rock Post Punk, il che vuol dire tutto e niente.

C’è qualche nome nuovo che vi assomiglia o vi piace molto? Sia italiano che straniero, ovviamente.
Artisti che ci piacciono ce ne sono molti e i nomi li ho fatti prima. Non credo che però ci sia qualche gruppo che ci assomigli. Pur essendo assolutamente convinto che tutta la musica rock contemporanea sia in qualche modo derivata, e quindi musiche assolutamente nuove e inedite è difficile ascoltarne, sono altrettanto sicuro che il nostro sia un calderone musicale molto personale. Non inedito, sicuramente derivato da tutto quello che c’è stato prima e da tutto quello che abbiamo ascoltato e amato, ma altrettanto personale. E’ la somma del tutto quel che conta; la sua sincerità e la sua onesta.

Una domanda personale. Cosa avete fatto dal 2001 al 2012? Oggi pensate di dedicarvi solo alla musica o farete anche altro?
Se con “dedicarci alla musica” intendi che possiamo vivere di essa, ti rispondo di no. E’ assolutamente utopico pensare che in Italia si possa campare con questo mestiere, ed è così anche per gli artisti molto affermati. In Italia in questo momento è già un miracolo se per un concerto si venga pagati. Solo dieci anni fa le cose erano nettamente diverse. Ovviamente abbiamo tutti un lavoro, una famiglia, i nostri affetti e le nostre passioni. Anche per una questione anagrafica le nostre vite private sono molto strutturate. Riuscire a suonare costantemente è già di per sé un mezzo miracolo. E in parte con questo ti ho risposto alla domanda riguardante cosa abbiamo fatto in questi dieci anni. Abbiamo vissuto: alcuni di noi si sono sposati, alcuni di noi hanno avuto figli, alcuni di noi hanno dovuto cambiare lavoro, alcuni di noi hanno cambiato compagna. Siamo in cinque: metti solo in fila due di queste vicende – di solito ricorrenti nella vita di ognuno – e capisci in fretta come sia stato possibile entrare in un buco di così tanti anni. E’ molto banale, ma altrettanto vero. Quello che facciamo è un misto di passione, sacrificio, determinazione, visionarietà e amicizia. Però, perché tutto funzioni nelle nostre vite private deve esserci un minimo di serenità, altrimenti viene a mancare automaticamente la concentrazione e la volontà di mettersi totalmente in gioco. Non è che queste cose si decidono a tavolino. Molto spesso succedono e quando te ne sei accorto sono già passate. Ecco, quando ci siamo accorti che avevamo deragliato erano passati un bel po’ di anni. Ma quando ce ne siamo accorti e abbiamo capito cosa era successo, e cosa volevamo fare da lì in avanti, siamo ripartiti.

Come già detto, il vostro disco è nato nel 2001. I pezzi che possiamo ascoltare oggi sono esattamente gli stessi di allora? E l’idea della vecchia lavatrice in copertina e del nome “Dalla Ruggine” è cosa nuova, immagino.
Dalla ruggine è stato pubblicato nella stessa forma del master che abbiamo prodotto del 2002. Non abbiamo fatto aggiunte e variazioni nel frattempo, e oggi si può ascoltare quello che si sarebbe potuto ascoltare dieci anni fa, ne più ne meno. Oggi non suoniamo quasi più quei brani dal vivo, tranne Allucinazione ipnagogica. E’ un’evoluzione naturale, cercare nuove strade, nuovi stimoli. Nella scaletta degli ultimi concerti ci sono quasi tutti i brani del nuovo disco che stiamo ultimando e addirittura brani nuovissimi. Però, pur essendo passato molto tempo e avendo oggi un suono diverso credo ci sia una continuità tra quello che suonavamo allora e quello che proponiamo oggi. Almeno, noi pensiamo che ci sia. Non so se questo viene avvertito da chi ci viene a sentire dal vivo.

Per quanto riguardo la copertina con la lavatrice e il titolo “Dalla ruggine” entrambe sono state decise a ridosso della pubblicazione dell’album. Cercavamo un concetto che potesse esplicitare queste canzoni riesumate da un cassetto, ma anche il fatto che in qualche modo gli Alanjemaal tornassero a suonare seriamente. Per caso, navigando in internet, un po’ di tempo fa, nel portfolio fotografico di una mia amica – una giovanissima e bravissima fotografa, Marta Rossetti http://www.flickr.com/photos/marta_vs_elan/ –  ho visto questa foto di una lavatrice arrugginita. Mi è subito sembrata un’immagine molto semplice, ma con una forte valenza poetica, tanto che il titolo è stata una conseguenza spontanea e immediata.

Che differenze avvertite tra la scena rock italiana di inizio millennio e quella attuale, non solo in ambito compositivo e artistico?
Non so se ci sia differenza. O meglio, non vorrei che le differenze che io noto siano dettate dal fatto che per me gli anni dell’entusiasmo quotidiano per quello che sento e della scoperta continua sono passati da un pezzo. E’ una pura questione anagrafica. Non so se sia questo il motivo, ma mi sembra che sia più accentuata l’intenzione di emulare i modelli, confronto a dieci/venti anni fa. Certo, prima c’era sicuramente più ingenuità e magari meno perizia tecnica. Ora qualsiasi gruppo alle prime armi ha un bagaglio tecnico che io negli anni 80 mi sognavo. C’è più consapevolezza dei propri mezzi ma anche meno genuinità, meno spontaneità. Ma ripeto, magari è solo come la vedo io. Ma la cosa che più mi preme è la differenza che trovo tra il pubblico, e questo lo dico da ascoltatore che va a vedere un sacco di concerti ogni anno. Ecco, trovo che ci sia meno attenzione per l’esibizione live, meno voglia di sentire musica dal vivo, ma soprattutto meno voglia di lasciarsi stupire e magari andare a sentire qualcosa che non si conosce minimamente. Vedo molta pigrizia e molto disinteresse verso la cultura in generale. E per me questo è un grosso problema.

Il mio tormentone. L’arte è prostituzione, diceva Baudelaire. Si può (soprav) vivere oggi, solo della propria arte?
No, almeno in Italia è escluso se non per una cerchia ristretta di nomi. E non penso che cambierà.

Quale è il vostro sogno di musicisti e la vostra paura più grande?
Il nostro sogno è semplicemente quello di comporre la miglior musica possibile, quella che a noi per primi piacerebbe ascoltare. La paura più grande è che nonostante averla scritta a nessuno importi.

Una brutta domanda, alla quale vi sfido a dare una bella risposta. Chi è la grande truffa dell’Indie italiano?
Sinceramente non so cosa rispondere. Ci sono tante band che non mi piacciono, ma non so se si possono definire “truffatori dell’indie italiano”. Anche perché a malapena potrei definire “indie italiano”.

Dove potremo ascoltarvi nei prossimi mesi, dal vivo?
Fosse per noi in tutta l’Italia. Più probabilmente in Lombardia.

Che differenze ci saranno tra “Dalla Ruggine” e il prossimo album?
Il prossimo album è composto solo da brani cantati, mediamente più corti, mediamente più semplici. Più rock che post rock. Magistrali dice che suoniamo come una band degli anni 70. Non sono molto d’accordo, ma è anche vero che faccio fatica a definire il nostro suono.

Sceglierete ancora la strada del download gratuito?
Dipende se troviamo un’etichetta o meno che ci pubblichi il cd. Il download gratuito può comunque essere una opzione, da affiancare alla vendita del cd, per la promozione del gruppo.

Vi siete mai chiesti dove sarebbero potuti arrivare gli Alanjemaal se il disco fosse uscito undici anni fa? Cosa vi siete risposti?
Obiettivamente, non molto lontano. E questo al di là del valore intrinseco del disco. Eravamo convinti già da allora che il cd avrebbe trovato poco pubblico, e questo soprattutto per la non facile catalogazione in uno stile. Se ci pensi, per un gruppo delle nostre dimensioni questo può essere un problema. Al di là di ciò, c’è sempre da rapportarsi con le dimensioni del mercato discografico italiano, che proprio in questo decennio si sono ridotte ai minimi termini. Certo, probabilmente avremmo suonato molto di più in giro e oggi non saremmo qui a promuoverci come se il gruppo si fosse appena formato. Cosa che ci mette in concorrenza – che brutto concetto – con band i cui componenti hanno mediamente dieci o venti anni in meno di noi. Questa è una vera difficoltà.

 

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Alanjemaal. Parte prima…

Written by Interviste

In occasione dell’uscita del loro primo lavoro, abbiamo intervistato Alberto Casiraghi, leader della band brianzola nata nel 1993 col nome di Rude Pravda ,oggi più enigmaticamente Alanjemaal. In questa prima parte sarà lui a raccontarci chi sono gli Alanjemaal, chi erano i Rude Pravda, cosa impedì alla sua band di pubblicare le dieci canzoni contenute in “ Dalla Ruggine” dieci anni fa, visto che allora furono registrate. Ci spiegherà cosa li ha spinti a pubblicare solo ora la loro opera. Ci rivelerà i loro rapporti con la grande scena alternativa italiana degli anni novanta e duemila e finiremo per chiacchierare del presente e del futuro della nostra musica. Tanta maturità, amore per la musica, disillusione e realismo.
Nella nostra home, trovate in ascolto un estratto dall’album. Allucinazione Ipnagogica.

Ciao a tutti. Per prima cosa, come state?
Ciao. A parte l’influenza, bene. Se poi intendi come stanno gli Alanjemaal artisticamente parlando, allora posso dire che si sentono giovani, nonostante gli “anta” conclamati. Ma appunto, la musica ha il potere di far dimenticare lo scorrere del tempo.

Chi sono gli Alanjemaal? Perché questo nome? Inizialmente la scelta era caduta su Rude Pravda. Poi cosa vi ha spinto a modificarlo?
Gli Alanjemaal sono principalmente una band rock (le varie declinazioni del genere sono secondarie).  Parallelamente, gli Alanjemaal sono una una specie di famiglia, con tutte le dinamiche complesse che essa comporta. Non potremmo definirci diversamente visto che il nucleo fondante si è riunito per la prima volta vent’anni fa con il nome di Rude Pravda. Perché abbiamo poi cambiato nome? Due ragioni: la prima è che venivamo accostati un po’ troppo spesso ai CSI e compagnia (colpa anche di una fanzine che parlava di loro, che però è nata tempo dopo di noi) e la cosa non ci piaceva,  visto che eravamo  molto distanti da quella scena musicale: soprattutto ciò creava equivoci. In secondo luogo, nel 1999 entrò nel gruppo Alessandro al posto del precedente bassista e la conseguenza fu una virata sul versante sonoro. E questa evoluzione doveva essere battezzata con un nuovo nome. Non è stato facile decidere quale. Non possiamo dire cosa Alanjemaal voglia dire. In realtà non vuol dire nulla, almeno non ha un significato comune, ma è intrinsecamente generato dal fatto che siamo assieme, noi cinque.

L’album uscito nel 2012 “Dalla Ruggine”, in realtà, è opera nata molti anni fa, nel 2001. Cosa vi impedì, allora, la sua pubblicazione e cosa vi ha spinto a proporlo al pubblico di oggi?
E’ difficile ancora oggi per noi capire cosa è successo e perché abbiamo perso tanti anni. Non che non ci siamo accorti che molte cose nelle nostre vite nel frattempo deragliassero o si complicassero, anche piacevolmente. Noi su questo disco puntavamo tantissimo. Ci ritenevamo una band matura che con il cambio di bassista era riuscita in poco tempo a fare un salto di qualità notevole, con idee nuove e con un suono, se non originale almeno molto personale. Eravamo convinti della via intrapresa e che attorno a noi ci sarebbe stato interesse. Non a caso Fabio Magistrali, che conoscevamo da una decina di anni, si era mostrato così interessato da riuscire a farci concretizzare quello che avevamo in mente. E quello per noi era un segnale, anche perché lui stesso, ai tempi dei Rude Pravda, aveva rifiutato di lavorare con noi perché non convinto della nostra proposta. Insomma, c’erano tutti i presupposti perché quel disco fosse un punto di partenza importante. Forse aspettative troppo alte – ma in realtà mica puntavamo alla fama e a i soldi…- che si sono infrante contro una marea di rifiuti da parte delle piccole case discografiche dell’epoca. Insomma, un sacco di feedback negativi che piano piano ci hanno smontato e ci hanno fatto perdere tempo, ma sopratutto perdere fiducia, tanto che per un po’ di anni quel disco non sono più riuscito ad ascoltarlo. Certo, si poteva puntare sull’autoproduzione, ma erano tempi un po’ diversi da quelli odierni. Non esistevano i social network, non era così facile distribuire un prodotto da soli se non lo supportavi con una buona presenza live. E in quel momento eravamo praticamente sconosciuti e trovare concerti era per noi difficilissimo. Insomma, abbiamo perso il momento giusto. Poi dal 2004 in avanti tutto si è complicato nel nostro privato e il disco è rimasto lì, sullo scaffale del mio studio.
Abbiamo poi deciso di pubblicare Dalla ruggine lo scorso anno per suggellare la nostra effettiva ripartenza: non dico rinascita, perché in realtà non abbiamo mai smesso di suonare. Ripartenza dall’ultimo momento in cui si siamo sentiti una vera band, con un progetto preciso, con un’identità precisa. Tutto quello che c’è stato nel frattempo, anche se non è da cancellare, è stata una lunga pausa creativa dettata soprattutto da elementi e avvenimenti esterni al gruppo. E’ la vita, una cosa di solito molto complicata.

Non avete paura che, ad orecchie poco attente, il vostro sound possa apparire vecchio, anacronistico, finendo per influenzare negativamente il giudizio relativo alla vostra futura produzione live e studio?
In parte sì, ma sinceramente non ci importa. Pensiamo che ci sia posto per tutti, e che ogni musica, se è suonata con sincerità e competenza, sia degna di essere ascoltata. E poi, siamo abbastanza vaccinati in confronto ai giudizi negativi o supposti tali, che sarebbe stato stupido esitare ancora. Del resto le poche recensioni pubblicate su Dalla Ruggine (mi rendo conto che non è così automatico dare spazio a un disco di dieci anni fa) dicono il contrario.

A proposito, ci sarà un nuovo disco, vero?
Certo. Il nuovo disco è già stato registrato e mixato sempre con il prezioso apporto di Fabio Magistrali. Tra qualche giorno andremo in studio per il master poi penseremo alla copertina e a trovare un’etichetta che sia interessata. Ma se non la troviamo questa volta lo pubblichiamo comunque, e in breve tempo.

I dieci brani che compongono la vostra suddetta opera prima sono stati registrati e prodotti da Fabio Magistrali (Afterhours, Marta Sui Tubi, Perturbazione). Come è nata questa collaborazione?
Conosco Fabio dal 1989 e ci avevo già lavorato assieme con gli I meet I per due session di registrazione al Window Studio, il posto dove lui lavorava all’inizio dei ’90. Siamo sempre stati in contatto, fino a collaborare con noi nel 2001, come ho raccontato sopra. Ora, dopo esserci persi di vista per quasi dieci anni, ci siamo incontrati di nuovo per finire questo nuovo disco che avevamo iniziato a registrare da soli un po’ di tempo fa. Lavorare con Fabio è sempre un’esperienza, soprattutto di vita. La stima reciproca e l’amicizia che ci lega è l’elemento fondamentale per il quale abbiamo deciso di lavorare ancora con lui. Questo al di là della sua competenza, della sua professionalità, ma soprattutto del suo gusto e della sua capacità di capire e di accettare quello che siamo e quello che suoniamo.

Il mercato della musica è cambiato radicalmente nel corso degli anni, con l’affermarsi del web, del P2P, degli Mp3. Se la musica sembra averci perso di qualità, di certo ci guadagna la voglia di conquistarsi il proprio spazio attraverso le esibizioni dal vivo. È questo che vi ha spinto a scegliere il download gratuito (ecco il link http://alanjemaal.bandcamp.com/) o ci sono motivazione diverse?
La motivazione principale è che per un gruppo della nostra dimensione (infinitamente piccola) è impossibile vendere dischi. In realtà i dischi non li vende quesi più nessuno, se non ai concerti. Oggi è fondamentale usare i primi per promuovere l’attività live. A questo punto della nostra carriera e della nostra vita per noi l’importante è che qualcuno ci senta e ci apprezzi. Se poi vuole comprare il disco a un nostro concerto perché quello che ha scaricato gli è piaciuto, tanto meglio. Detto questo, siamo consapevoli che economicamente saremo sempre in perdita. E questo, paradossalmente, potrebbe non essere il nostro problema principale.

Che cosa ascoltavate dieci anni fa e cosa ascoltate oggi? Quali artisti vi hanno maggiormente influenzato?  In una mia recensione ho accostato il vostro lavoro, nei suoi diversi passaggi, a nomi come Umberto Palazzo e Il Santo Niente, P.F.M., Massimo Volume, Slint, Tortoise, Scisma, Ustmamò, Perturbazione, Virginiana Miller, Marlene Kuntz. C’è qualche intruso o qualcuno che non doveva mancare?
Domanda non difficile, ma che richiederebbe tutto lo spazio di questa intervista, anche perché siamo in cinque e mica ascoltiamo le stesse cose. Chiariamo un punto necessario per capire il perché è difficile dare un riferimento preciso: non abbiamo mai scritto, almeno consapevolmente, una canzone partendo da un preciso modello musicale. Ovviamente, quello che si ascolta quotidianamente influenza quello che poi le tue dita tirano fuori dalla tastiera, ma non abbiamo mai voluto suonare come il gruppo x o il musicista y. Abbiamo sempre cercato di buttare dentro le nostre passioni musicali infischiandocene degli steccati, una cosa per noi molto stupida. E quindi cosa ascoltavamo? All’epoca di Dalla ruggine ci mettevano d’accordo i Motorspycho, molta psychedelia sixties californiana, Husker Du, Fugazi, June of 44, Blonde Redhead, Don Caballero, Sonic Youth e migliaia di altre cose. Solo io ascoltavo l’ormai morente post-rock, ma sono sempre stato l’onnivoro del gruppo. Dei nomi italiani che hai citato mi sono sempre piaciuti i Massimo Volume, mentre i Perturbazione erano amici miei già da diversi anni. I Marlene Kuntz, per dire, io non li ho mai digeriti, mentre qualcun altro nel gruppo li ascoltava.
Oggi più o meno i gusti sono rimasti quelli, anche se ci mi piacciono anche altre cose, come gli Oneida più psychedelici, Akron/Family, Field Music, Low, per dire qualche nome tra i più noti. Tra gli italiani nell’ultimo anno mi sono piaciuti Gazebo Penguins, Verbal, Fine before you came. Ti posso dire che in questi giorni sul mio Itunes girano (in stetto ordine alfabetico): Bill Fay, Django Django, Extra Life, Father Murphy, Fucked Up, Godspeed You! black emperor, Hanne Hukkelberg, Japandroids, Moon Duo, Pontiak, Putiferio, Swans, Six Organ Admittance, Tu Fawning.

Fine prima parte.

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