La forma canzone è probabilmente una delle più meravigliose e poliedriche modalità espressive che il genere umano sia riuscito a produrre. Siamo abituati quotidianamente ad approcciarci a questa forma spesso ben definita e strutturata in parti riconoscibili. Facile districarsi tra strofa, ritornello,strofa, poi ti passa sotto le orecchie l’EP di una band particolare fin dal nome e sei costretto a uscire e rinnegare l’amato schema. Gli Ångström con il loro EP omonimo letteralmente si tirano fuori da qualsiasi logica mainstrean, per realizzare quattro tracce che spazzano via regole e sistemi facendosi portavoce di un approccio creativo e di scrittura privo di sistematicità, che si lascia trascinare da suggestioni, immagini, emozioni, storie reali e irreali, e molto altro.
La prima traccia “Godard” ci proietta in un tempo indefinito, in uno spazio stellare di una galassia lontana, un tempo immobile, freddo, nella quala risuona una voce robotica e artificiale che si sovrappone a un delicato sussurro che proviene dal lontano 1967 e precisamente dal lungometraggio “2 ou 3 choses que je sais d’elle” di Jean-Luc Godard, uno degli esponenti più importanti della Nouvelle Vague.“The Third World Is You” scalda l’atmosfera gelida e la solitudine di “Godard”, per sei minuti circa, con chiarre dagli infiti delay e ritmi più affini al calore e ai suoni del mediterraneo.Il terzo brano “Scalar” schiaccia il piede sull’acceleratore riportandoci a terra in una nottemetropolitana,tra melodica e movimento, dal sapore retròfatta di inseguimenti e rincorse per colcudersi, forse, con un alba, un caffè. E una sigaretta arrotolata.
“You And I For Hundred Miles” è l’ultima ed unica traccia con un cantato più presente, che più si avvicina ad una canzone tradizionale o che fa pensare di esserlo. Proprio nel momento in cui ci si apetta un ritornello, infatti, si viene travolti non dalle parole,ma dalle note di un saxsofono. Romantica, appassionata, cullata dalle chitarre acustiche, questo brano ci lascia un’intensa storia d’amore che dura il tempo di 100 miglia. Per gli Ångström, che prendono il nome da un fisico svedese, tra i padri della spettoscropia, gli anni a cavallo tra i 60 e i 70, e il fermento che li hanno rappresentati, sono senza dubbiio una grande fonte di ispirazione. In linea con lo stile in cui si muovono propongono un’esperienza musicale composta perlopiù da brani strumentali con sporadici momenti di cantato. La scelta è coraggiosa in quanto diventa meno accessibile ad un pubblico più vasto, ma apprezzabile per l’approccio personale e moderno. Un buon risutato, interessante e suggestivo, e decisamentefuori dal coro.