Dalla bergamasca il suono arrogante e carnivoro degli Antidoto Alla Noia, combo molto versato alla sincerità del “motherfuckers” e agli arrembaggi sonici del loro – così definito – Busty Pov Rap Core, una forma di rap-metal dai ritmi sincopati e schizofrenici nel quale si riversano tutte le rabbie e le convulsioni riottose degli anni 90 grind e le assenze alterate delle destrutturazioni armoniche Los Angelesiane del tempo.
Dieci tracce – in lingua ed in inglese – che spaccano devote soluzioni e mistificazioni, tutto è diretto come un’ upper-cut sui denti, un diretto ripartito che suggerisce disgusto, disillusione, bava e sangue, tutta la “metallocopea” che ancora impera in maniera forzosa e sfarzosa a tutti i livelli “incazzati veramente” del rock sopra le righe e, con tutta sincerità gli AAN ci vanno giù sul serio, fuori dalle approssimazioni modaiole, dentro uno spessore amplificato che riesce nel suo intento di far tremare e sudare come tante realtà metalliche sopra il parallelo della Uppsala Svedese; indubbiamente belva da palcoscenico, la band vive in un estremismo sonoro che tra RATM e psicologiche deviazioni d’attacco alla Urban Dance Squad, concentra tutta la “rozzezza” in un manifesto artistico di apocalittica realtà, in quella infernalia ossessa di mid-impegno e riscatto che disturba – per linea diretta come un grumo di sangue razziale – il bempensante orco della società da sottomettere, fregare e intontire.
Il disco omonimo di questa formazione-panzer è viscerale e senza mediazioni, un pogo continuo di urlo, screamo e vene spappolate che inveisce col rap-funk molto RHCP di “Dalla roccia”, si fa forte e in collisione frontale con l’acid-metal dei Pantera “Suonano a morto”, “I lupi sono in città”, arranca nell’epicità del doppio pedale “Che il vento vi disperda” fino a spanciarsi nel basso che ulula la sua forma negligente di semplice ricamo sonoro “33 Giri graffiato”; un disco che imposta molto bene la propria personalità, la propria visione immediata di innalzare il nichilismo a livello di battaglia e che comunicare – a bombardamento serrato – la sua analisi sui nostri maledetti giorni, non è altro che il vivere, morire e rinascere attraverso l’arte del loud anarchico, magnificamente fuori regola.