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The Use – What’s the Use?
Si può prendere la complessa lezione IDM (Intelligent Dance Music), per definizione distante dal grande pubblico, dalle masse e spingerla a un livello tale che possa essere compresa anche da chi cerca nell’Electronic Music trame quanto più possibili semplici e immediate? Prova a rispondere a questo interrogativo Michael Durek, il nucleo della formazione di Jersey City nominata molto semplicemente The Use e la sentenza non sarà per niente così scontata. Come accennato, nella costruzione delle aggrovigliate e mutevoli armonie elettroniche, il punto di partenza è da ricercarsi nelle tortuosità e nelle ostentazioni ritmiche dell’IDM di Aphex Twin, Boards of Canada e Autechre eppure la musica di The Use, pare andare ad affondare le proprie radici ancor più lontano, nella musica classica di Bach e Chopin, i veri maestri del talentuoso Michael Durek e coloro che ne hanno forgiato i tratti distintivi. Da questi elementi, attraverso una serie di esibizioni live, si è sviluppato con naturalezza il suono che poi andrà a formare questo What’s the Use?, carico di rumore e totalmente, o quasi, privo di precise tempistiche e struttura, in chiave perfettamente Glitch Hop, come suggerisce anche la biografia che lo vede al lavoro su opere di Dre, Cypress Hill ed Eminem. A tutto questo, aggiunge un tocco Wonky in stile Flyng Lotus ed ecco pronto un debutto degno di ogni attenzione. Ciò che farà da ponte tra il primo Durek e quello odierno, sarà l’esperienza, soprattutto live, con i Pas Musique.
Fatta questa doverosa premessa, resta da buttare giù delle considerazioni sul disco e rispondere alla domanda iniziale. Di certo The Use riesce a semplificare materia multiforme con destrezza e prova ne sono l’opening “Hello Everybody” così come diversi brani successivi (“Aunt Joanne’s Metaphysics”, “Slim’s Pursuit”, “Ripe”), spesso sfruttando suoni particolarmente vintage e accattivanti (“Where Ya Been feat. Trinitron”, “Dying Breed”). C’è tuttavia da ammettere che i cambi di ritmo, le spregiudicatezze Noise, le volute e ricercate imperfezioni (“Time Burton”, Bird Song feat. Rachel Mason”) rendono particolarmente arduo un ascolto trascinante, quasi danzereccio e comunque agevole sulla lunga distanza. Ciò che riesce a The Use è produrre transitori ed effimeri varchi tra due mondi più lontani di quanto si possa immaginare, attraverso vibrazioni e ritmiche attraenti ed esaltanti dentro contesti di natura antitetica.
Ricordate la domanda iniziale? Si può prendere la complessa lezione IDM e spingerla a un livello tale che possa essere compresa anche da chi cerca nell’Electronic Music trame quanto più possibili semplici e immediate? Per ora la risposta è un secco no (si prendano le ultime due tracce, “And God Created Great Cephalopods” e Halo Alchemy” come esempio in tal senso) con un “ma” enorme però. Quello che si può fare, ciò che The Use nella persona di Michael Durek ha fatto in questo What’s the Use? è un tendere la mano, accompagnare un ascolto arduo attraverso l’uso di elementi e sonorità più semplici, gradevoli al primo ascolto, un modo per avvicinare e spingere a provare anche i più scettici, evitando di creare muri tra ascoltatore e artista. Questo è il grande merito di What’s the Use? che, per contro, difetta per brani veramente memorabili e suoni fuori dal comune. Un disco ordinario, con un intento straordinario e centrato solo a metà.
Aphex Twin – Syro
Molto è già stato detto a proposito di “Syro”, ma discretamente spettacolare è senz’altro la definizione più improbabile tra quelle che ho avuto modo di udire.
Continue ReadingGaraliya – Garaliya
Due galli affascinati dalle immagini psichedeliche che finiscono per comporre musica dietro a delle drum machine, ecco chi sono i Garaliya. Il vinile è il loro cibo, il campionamento è la tecnica di degustazione, e i campionatori l’apparato digerente. Non producono musica di scarto, ma scatti di musica. Per capirci meglio il loro mondo assomiglia molto a quello di Aphex Twin, sia per le affinità noise che per la scelta di utilizzare delle visual importanti all’interno delle loro esibizioni, che trasformano i live in una vera e propria performance art. Lin MoRkObOt e Mizkey si sono messi insieme ed hanno creato i Garaliya, due galli cibernetici che al posto di cantare al mattino, preferiscono ruggire di notte atmosfere tekno-noise, jazz ed a tratti trip pop (trip come Hoffmann più che come i Massive Attack). Un progetto musicalmente diverso per l’Italia, o perlomeno per l’ascoltatore medio di musica elettronica. Un progetto per orecchie argute ed addomesticate al rumore, che mi auguro vivamente non diventi un live set pulito e senz’anima.
Sicuramente da assaporare live, perché é quella la formula in cui i Garaliya prendono interamente forma, e sicuramente da tenere d’occhio per tutti gli amanti dell’ IDM (Intelligent Dance Music). Se pensate ad un duo di musica elettronica convenzionale vi sbagliate, se pensate a due nerd forse ci azzeccate, sicuramente non sono due sprovveduti che aprono per la prima volta Ableton Live e pretendono di fare musica (come purtroppo succede spesso ultimamente).