Ultimamente ho una certa difficoltà nel capire i gusti musicali dei teenager di questo periodo storico, mi sono sempre più convinto che, ahimé, il modello inculcato dai vari talent show abbia generato un appiattimento creativo senza ritorno in cui tutto ciò che non è facilmente fruibile e rispettoso dei canoni ammiccanti musical-televisivi non possa in nessun modo trovare degli sbocchi. Fortunatamente mi sbaglio, e me ne sono accorto grazie al disco d’esordio di Lucio Corsi intitolato Vetulonia Dakar. Lucio è un ragazzo molto giovane, diciannove anni, che arriva dal grossetano, per la precisione da Val Campo di Vetulonia, e il suo EP è una piacevole scoperta. Sia chiaro fin da subito, non è un disco di rottura che da il LA a nuove sonorità nel panorama alternativo italiano, non rivoluziona il modo di concepire la musica, niente di tutto questo. Piuttosto utilizza gli strumenti classici della musica cantautorale ed esprime semplicemente se stesso e la sua stravagante personalità, aspetto non marginale per un ragazzo della sua età.
Gli arrangiamenti sono essenziali, si accompagna quasi esclusivamente con la chitarra acustica, e mantiene in tutto il disco un profilo lo-fi, quasi casalingo, che esalta i suoi testi e la sua interpretazione, ricorda decisamente il Bugo westernato dei primi tempi. La sua scrittura ha un approccio sensoriale, si affida alle sensazioni dirette, le osserva e le vive, e poi da queste prende ispirazione per le canzoni. Come già detto, arriva dalla Maremma, e il suo contesto natio è quello rurale e in tutti i brani è continuo il riferimento alla terra e agli animali, elementi che danno vita a metafore intriganti e giocose tipo Quando l’uomo di cocomero ebbe voglia di cocomero, lui si mangiò!. Ha uno stile maturo, non risolve mai un verso con rime scontate, e utilizza la metrica in maniera disinvolta da autore consumato, ciò è sicuramente l’aspetto più notevole e sorprendente del disco, supportato da una timbrica vocale che, anche se palesemente di ragazzino, è marcata e sicura.
Ne è la prova la canzone che chiude il disco, “Canzone per me”, che parla di un rapporto svanito e ormai lontano senza scendere mai a facili sentimentalismi. Anche se solo il 10% dei teenager italiani fosse come Lucio Corsi, mi sentirei molto più sereno.