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Fuochi di Paglia – Del carciofo e di altre storie

Written by Recensioni

Che fossero ironici lo si capisce dal titolo del loro EP, che lascia presagire storie leggere ma pungenti. Che fossero un poco privi di inventiva lo si può’ intuire già dalla copertina, tanto rustica quanto impersonale.
Andando a spulciare sotto la ostica e spinosa crosta troviamo 3 simpatici ometti toscani sulla trentina, con una gran voglia di fare musica senza tanti pensieri, sforzi e tribolazioni. Fuochi di Paglia sono semplicemente: chitarra acustica, contrabbasso, batteria minimal (se non solo percussioni) e, incastrate a forza, parole sputate a getto. Il risultato è un combo ben attrezzato con la propensione a strappare un sorriso, giusto solo per lo spirito cazzaro e per la toscanità verace del prodotto. Fuoco ardente che brucia tanto e in fretta.
“Del carciofo e di altre storie” si presenta levandosi il cappello con grande eleganza stradaiola, un mendicante che mette il più bel vestito trovato in pattumiera. Un continuo sali e scendi in colline ruspanti, picchi jazzaggianti ma per fortuna facili da scalare, poi lente discese ubriache, ritornando nel casolare di notte, ruzzolando piano piano fino alla meta.

Si parte in quarta con la storia del “Carciofo”, un po’ banale forse per scelta dei contenuti ma ben curata nei cambi di tempo e nel frenetico swing, che pare calzato appositamente per piedi incandescenti. Poi si passa a tematiche più ricercate con “Ogni cantautore”, critica spietata (giustificatissima) al mestiere del menestrello. L’approccio dei ragazzi è solare e genuino e le pecche artistiche vengono surclassate da una roboante risata che spiana tutto l’amaro che c’è nella musica di oggi. La tensione si allenta e il “fuoco” perde mordente in “E gracidan le rane”, dove l’interpretazione vocale di Gabriel Stohrer pecca leggermente di impersonalità, non contribuendo alla giusta atmosfera da Chianti e rocciosi sentieri verdi che meriterebbe il brano. Si ritorna in quota con la chitarra gracchiante di “La ballata di Maria”, pezzo più rock ed elettrico (o elettronico?) del disco che rimanda la mia memoria ai robotici balletti di Andy dei Bluvertigo. Però la critica gratuita ai social network non “scotta” e il fuoco si limita ad ondeggiare seguendo il ritmo spietato ed ossessivo, ma non ci ustiona la pelle.

“Rotoballe” chiude il sipario, non-sense e poche pretese che delineano la vera anima del gruppo: l’immediatezza. Forse proprio da questa conclusione si capisce che i Fuochi di Paglia non sono una band da imbrigliare su disco ma da andare a vedere dal vivo con tanta voglia di sudare e di divertirsi con semplice musica swing buttata giù di getto. Ad ora non è certo una band cantautorale, pronta a discorrere dei soliti (e a volte futili) problemi della vita quotidiana. Solo tanta cazzoneria spinta in faccia da un piccolo impiantino del baruccio di periferia.

Insomma il “fuoco” brucia di vita ma non lancia segnali invitanti al cielo. Chi sentirà da vicino il suo calore si limiterà a ballarci intorno.

 

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