Ska-ska-skattare, è questo l’imperativo dei veneti Back To Business, che con il loro nuovo lavoro “Ten” occupano stabilmente per tutta la durata del suo running time il lettore stereo con una energia strabiliante, viva e sudaticcia, di quelle che ti infradiciano anche l’anima dopo aver saltato e gioito ad un concerto che rapisce corpo e muscoli; ma non solo ska, pure bordate rock che se anche non apportano nulla di nuovo al catalogo stilistico perlomeno danno quel move-it forsennato che scarica e dissipa tossine canaglie e contribuisce a stendere nervi “tesi” come cordami.
A gettare le basi del loro sound – chiaramente riferito a Ten – e di questo forte movimento sonoro, la visuale d’insieme che sbircia la Bay-Area Californiana e i nostri gloriosi scatti elettrici targati ’90, di quelle versioni scatenate e ibride che eroi come Vallanzaska per la parte oltranzista e qualcosa di Meganoidi o sprizzi di Shandon per quello che riguarda il magnetismo, alzarono il sangue OI a temperatura di mosto; e se ska-core deve essere che sia, un fenomenale approccio che non paga pegno a standard modaioli o quantomeno ruffiani a diktat discografici, pura energia “ska” che ama il funk e adora tingersi la pelle di nero. Dodici traccianti luminosi, dodici traiettorie consolidatissime che si tramutano in urbanità colorata e pensieri intelligenti, pensieri che colgono e trasmettono socialità e prese di coscienze multiple.
Dieci anni passati “sul pezzo” per questa formazione di Bassano del Grappa, e che li celebra dentro a questa maturazione e innovazione formato album, arrangiamenti e brividi che il funky alla Sly & The Family Stone di “Anyway you know” mette in evidenza in tutta la sua funzione di incantatrice tesa a sradicare dal posto il corpo fermo in un frenetismo senza limiti, e non solo, “Take your time”, il basso sincopato e carribean di “Too many songs” e la corsa dinoccolata e rivisitata di “Rock the Casbah” danno quell’indipendenza mentale che se uno non ci fa caso, viene portato a decollare in un sogno culturale immaginifico.
In fondo allo spirito di questi eccezionali musicisti c’è il reggae e tutta la sua nobiltà molleggiata, e onestamente – anche se potrebbe sembrare una frase di “parolone” e non lo è affatto – è diabolicamente difficile controllarsi quando i piedi si mettono in movimento durante questa straordinaria deflagrazione di sensi e respiri sanguigni.