Banco del Mutuo Soccorso Tag Archive
Top 3 Italia 2015 – le classifiche dei redattori
I tre migliori dischi italiani di quest’anno secondo ognuno dei collaboratori di Rockambula.
Continue ReadingAbiura – Piccola Storia di una Bimba e del suo Aquilone di Idee
Rock allo stato puro: ecco come si potrebbe definire in poche parole Piccola Storia di una Bimba e del suo Aquilone di Idee degli Abiura. Un titolo apparentemente lungo e complesso che lascia presagire sonorità Progressive Rock ma che, in realtà, piuttosto che Premiata Forneria Marconi (come Franz Di Cioccio il gruppo è originario di Pratola Peligna) e Banco del Mutuo Soccorso, prende come punto di riferimento i Timoria della prima ora (quelli con Francesco Renga in formazione, per capirsi) e i Litfiba post El Diablo. Dalla cosiddetta “Quadrilogia del Potere” della band fiorentina gli Abiura hanno infatti attinto parecchio, imitandone i suoni e gli stili. Basta ascoltare la chitarra in “Il Nonno della Bimba (il Vecchio)” per far tornare alla memoria il tapping di Ghigo Renzulli ma tuttavia c’è anche tanto altro in questo disco. “Sorella” è un brano dalla classica impronta Blues alla Stevie Ray Vaughan / John Mayall, mentre la conclusiva “Festa” è molto più Heavy rispetto a quanto sentito in tutto il resto del cd. Se dovessi dare un consiglio ai quattro ragazzi abruzzesi, direi loro di provare ad ascoltare anche i Diaframma, che del Rock italiano sono un pezzo importante e non da trascurare in modo da ampliare la molteplicità dei suoni proposti. Qualche riff di stile fiumanesco in fondo ci starebbe davvero bene all’interno delle loro canzoni, anche per dare una fluidità melodica maggiore facendo attenzione a non sfociare in un’impronta Punk che denaturalizzerebbe lo spirito del progetto. Avrei anche cercato un mixaggio leggermente diverso perché gli strumenti non sono bilanciati come dovrebbero ma tuttavia, a parte questo piccolo particolare tecnico che probabilmente sarà anche voluto per dare un sound “grezzo” e allo stato brado, come nel più classico Rock n’ Roll, il disco non soffre mai di “alti e bassi”. Piccola Storia di una Bimba e del suo Aquilone di Idee degli Abiura è infatti un lavoro che suona quasi perfetto anche negli arrangiamenti e, in aggiunta, degni di nota sono anche l’artwork generale con un insieme di disegni realizzati da una bambina e dalla stessa voce della band, opere d’arte del maestro Silvio Formichetti e foto volutamente retrò che richiamano alla memoria quelle di The Doors, The Allmann Brothers Band e The Notting Hillbillies. Perché in fondo le radici del Rock sono quelle, ed i buoni alberi nascono tutti da lì. O dall’Abruzzo forte e gentile!
Addio Francesco.
Ieri pomeriggio intorno alle 18 un incidente stradale ha tolto la vita al cantate storico del Banco Del Mutuo Soccorso Francesco Di Giacomo. Il Banco attivo dal 1969 rappresenta una delle più importanti band del panorama Rock italiano di tutti i tempi. Non ti dimenticheremo mai, ciao Francesco.
Banco del Mutuo Soccorso 19/10/2013
Negli anni Settanta il Progressive era certamente uno dei generi più seguiti dai giovani e di quella generazione, di gruppi ne sono sopravvissuti non molti (peccato!). In Italia i grandi alfieri erano Premiata Forneria Marconi (meglio nota come P.F.M.), gli Osanna, i Delirium, Le Orme, i New Trolls e il Banco del Mutuo Soccorso. Questi ultimi. il 19 ottobre scorso hanno dato vita a un concerto che raccontava la lunga carriera della band che ha saputo con la sua musica anche conquistare il mercato discografico d’oltralpe spingendosi a esibirsi persino in Messico e in Giappone.
Tanti gli aneddoti che Francesco Di Giacomo e Vittorio Nocenzi raccontano dal palco del Pin Up, di Mosciano Sant’Angelo (TE) fra una canzone e l’altra, interagendo spesso con il pubblico ma soprattutto tanta la qualità e la perfezione assoluta delle esecuzioni di brani che, diciamolo, non sono certo semplici da suonare in studio e ancor più live. Non si è assistito tuttavia a una sorta di autocelebrazione (perché si sa che la modestia li ha da sempre contraddistinti) ma a una continua ricerca sonora fatta anche di lunghi assoli e improvvisazioni di tastiere e chitarre che ben si incastonavano le une con le altre. Recentemente è stato ripubblicato anche uno dei lavori più importanti della band, Darwin, in un prezioso cofanetto disponibile in doppio cd e in triplo vinile e contenente l’album in versione rimasterizzata originale e live e un inedito, “Imago Mundi” in cui è ospite un certo Franco Battiato.
Evoluzione darwiniana a parte, i fortunati che erano presenti alla serata hanno potuto ascoltare tutti i loro più grandi successi, da “Non mi Rompete” a “Il Ragno”, da “750000 Anni fa… L’Amore?”, da “Canto Nomade per un Prigioniero Politico” a “E mi Viene da Pensare”. Un trionfo apparentemente scontato quindi, con fan che nonostante spesso superavano i cinquant’anni, erano sempre attenti ad ogni dettaglio ed eseguivano persino richieste di brani non previsti in scaletta. Purtroppo grande assente della serata è stato lo storico chitarrista del Banco, Rodolfo Maltese, comunque stato sostituito egregiamente. Da segnalare inoltre un merchandising molto fornito di tutte le ultime uscite discografiche e persino di alcune rarità difficilmente reperibili sul mercato “normale”. Insomma nel complesso davvero un gran bel concerto, che se dovesse capitare fra le vostre mani non dovreste assolutamente farvi sfuggire.
Virginiana Miller
Lo scorso 17 settembre è uscito per Ala Bianca/Warner il sesto album in studio dei livornesi Virginiana Miller, Venga il Regno. La band ha un curriculum di tutto rispetto: dal 1990 ad oggi hanno ricevuto premi e riconoscimenti, lavorato con personaggi illustri del panorama musicale nostrano come Vittorio Nocenzi del Banco del Mutuo Soccorso, Giorgio Canali, Francesco Bianconi e Rachele Bastreghi dei Baustelle, sperimentato nuove collaborazioni come nel caso della sonorizzazione dei reading letterari dello scrittore Giampaolo Simi e, in ultimo, hanno curato la realizzazione del brano “Tutti i Santi Giorni” per l’omonimo film di Paolo Virzì, che è valso alla band il David di Donatello per la Migliore Canzone Originale. I Virginiana Miller sono al momento impegnati, per la presentazione del disco, nel tour che questa sera farà tappa a Milano, al Biko, con i bresciani Claudia is on the Sofa. Ho avuto piacere di parlare con Daniele Catalucci, bassista dei Virginiana Miller, per scoprire un po’ meglio cosa sia Venga il Regno e in quale direzione stiano andando.
Partiamo subito con una domanda un po’ stronza. In più di vent’anni di carriera avrete avuto modo di conoscere e incontrare parecchi gruppi nostrani. Qual è la band che avrebbe meritato più attenzione da parte del pubblico e della critica, ma non è riuscita ad emergere e quale quella che ha invece avuto un successo secondo voi immeritato?
Abbiamo sicuramente parlato un milione di volte tra noi di band che avrebbero potuto raggiungere risultati più alti ma per un motivo o per l’altro non ci sono riuscite.. Fammi pensare.. Credo che fra tutti i Northpole siano quelli che avrebbero meritato un po’ di più e credo che gli altri della band sarebbero d’accordo con me. Per quanto riguarda una formazione sopravvalutata, do un parere personale: mi sono sempre domandato come mai gli Afterhours sono diventati un caso così eclatante. C’è sicuramente qualcosa di interessante in loro, ma, lo dico con tutta la bontà possibile, mi chiedo se avrebbero avuto lo stesso successo se fossero arrivati da un’altra realtà, anche geografica, o se invece non sarebbe stato molto diverso.
Veniamo al disco. Venga il Regno è una profetica annunciazione o una rassegnazione a uno stato di cose? E questo regno com’è?
Questo è un terreno in cui Simone (Lenzi, frontman e autore dei testi della band, ndr) saprebbe rispondere meglio. Posso dirti a cosa corrisponde secondo me questo regno sul piano musicale, perché abbiamo avuto molto tempo dall’album precedente per occuparci di questo, anche perché Simone era impegnato in altro. Quando ci siamo rincontrati siamo andati dritti al punto, facendo emergere tutta la conoscenza che abbiamo tra noi da anni ed evitando tutte le fasi centrali che di solito ci caratterizzavano. Sai: quelle in cui tendono ad emergere le personalità individuali e che portano anche a scontri e scambi di opinioni. Per Venga il Regno, invece, in venti giorni i brani erano pronti, passati da embrione a canzoni fatte e finite, con una struttura musicale, gli arrangiamenti e il testo. Simone parla di regno intendendo una Apocalisse che è già in atto, un cambiamento, una rinascita. Contestualizzato in ciò che stiamo vivendo tra noi, mi è sembrato calzante: da una fase di stallo a questa nuova creazione.
Com’è stato lavorare con Ale Bavo e Ivan Rossi per la realizzazione di Venga il Regno?
Il loro apporto è il 60% del disco. Ci tengo davvero a sottolineare l’importanza dei loro ruoli, perché sono stati eccezionali. Sono due che hanno capito esattamente dove volevamo andare noi e ci hanno aiutato a tirarlo fuori e, pur essendo oltretutto anche molto diversi tra loro, perché per certe cose sono uno l’opposto dell’altro, hanno messo nel disco cose che continuano a piacermi nonostante lo ascolti praticamente sempre da sei mesi.
Repubblica ha definito Venga il Regno il disco più militante della vostra carriera. La definizione vi piace? E se sì, quali sono i principi della vostra militanza?
È vero. Perché senza rendercene conto e senza aver stabilito delle guide, tra i testi e la musica l’ambientazione politica è più netta rispetto ad altri album e altri brani. Anche l’arrangiamento è più efficace, più giovanile forse, e questo aspetto gli ha dato una certa ruvidità, che ha aiutato ad affrontare tematiche anni 70 in una chiave musicale che anni 70 non è.
La collaborazione con Paolo Virzì ha portato grandi risultati. Qual è il vostro rapporto con il cinema? Cioè: quanta narrazione cinematografica c’è nella costruzione dei pezzi?
La figura di Paolo è stata uno stimolo perché è una celebrità con cui alla fine siamo stati sempre in contatto ed esserci ritrovati a collaborare e soprattutto a soddisfare una sua richiesta è stata una bella soddisfazione. Ha avuto una grande importanza non tanto sul piano musicale puro, quanto perché è stata l’occasione per concentrarci su un aspetto compositivo che abbiamo innato ma che non sempre sfruttiamo consapevolmente. Noi lavoriamo tanto sui timbri e sulle sonorità e ci capita spesso, senza ancora avere un testo, di sentire un nostro brano e dire “Questo è molto cinematografico”. Ci è sembrato quindi di essere calzanti per il compito. E credo anche che l’esperienza abbia cambiato qualcosa anche nel modo di scrivere di Simone, che è sempre stato una bella penna, tanto che lo chiamiamo “Il pavone”, ma che si è semplificato senza rendersi banale: questo l’ha resto più arrivabile anche da parte di un pubblico più ampio. Va subito dritto al punto, non come in brani dei dischi vecchi che a volte mi ricapita di ascoltare e penso “Ammazza quanto è ostico”, tanto nel testo quanto nella musica. Ormai, senza falsa modestia, credo abbiamo raggiunto una certa maturazione.
Spotify, Musicraiser, i Social Network.. Qual è il vostro rapporto con i nuovi media per la promozione?
Non sono un esperto, ma ho capito come funziona Musicraiser e ho visto esempi pratici di persone che lo sfruttano per avere una visibilità che non hanno e di persone che lo impiegano per avere una visibilità che avevano un tempo ma che non hanno più. Questi ultimi mi fanno abbastanza tenerezza, perché se, per esempio, sei stato famoso ma devi organizzare una raccolta fondi per partire con un tour, forse avresti prima dovuto chiederti se quel tour interessa davvero. Altrimenti è come scrivere una letterina a Babbo Natale con la lista dei regali. Per gli artisti emergenti, invece, credo sia una buona cosa, una possibilità in più. I Social Network sono un passatempo e un bel mezzo di pubblicità. Se penso a com’era la situazione quindici anni fa, quando la band aveva a disposizione il suo solo sito internet e raggiungeva solo un pubblico limitato, oggi c’è molto più contatto diretto con le persone. Chi è in grado di utilizzare questi mezzi ne ha senza dubbio un bel rientro in termini di visibilità. Alla fine è un’abilità anche questa.
Stasera suonerete a Milano. Dopo tanti anni di carriera com’è il rapporto coi vostri fan? Cosa si aspettano da voi e voi da loro? Qualcosa è cambiato?
Nel live siamo cambiati sicuramente più noi che il pubblico. Nel 2000, quando sono entrato nella band, avevamo un atteggiamento che definirei più spirituale, silenzioso e concentrato e, forse, sul piano sonoro sentivo un po’ meno energia. Ma con il tour promozionale di Fuochi Fatui d’Artificio le cose sono cambiate. Nel disco usavamo una drum machine, quindi ci siamo sforzati nel live di creare quell’energia che nel disco c’era ed era contenuta nell’artificio. Negli ultimi dieci anni direi che siamo diventati più energici. Forse il pubblico si aspettava questa cosa da sempre al di là del fatto che venga a vedere un nostro concerto perché è già un fan e già ci conosce.
Per la presentazione del disco sono previsti anche set acustici. Si tratta di una necessità dettata dalla mancanza di location adatte all’elettrico o anche di una scelta stilistica?
Un po’ entrambe le cose. Vai in posti dove non è possibile suonare tutti insieme o in elettrico. Non sarebbe neanche bello. La dimensione della band tutta insieme è il palco. Nelle presentazioni in libreria, per esempio, ti adatti, e diventa un modo per sperimentare anche altro, presentare i brani nudi e lasciare anche la curiosità di venire a sentire un nostro concerto per scoprire come sono realmente.
Rockambula sta preparando la tradizionale classifica di fine anno. Ci saluteresti con la tua personale classifica?
Sarò sincero, durante quest’anno ho passato sei mesi in studio e mi sono davvero concentrato poco sulle nuove uscite, anche internazionali. Randon Access Memory dei Daft Punk, però mi ha colpito e sicuramente e ampiamente “Get Lucky” è miglior singolo dell’anno. Mi ha anche molto colpito Black City di Matthew Dear, un disco tutto fatto di sola voce elettronica e basso. L’ho scoperto quest’anno ma è più vecchio. Molto particolare, comunque, una bella novità per me.