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Mike Zaffa – Rockstars
“Perché Rockstars? Il significato è ambivalente. È un dito puntato a tutti quei cantanti che calcano palchi più o meno importanti, convinti di reincarnare l’aura delle rockstars del passato, idoli indiscussi di intere generazioni.In realtà oggi questa gente non ha nulla da dire. L’altro e più importante significato, è una questione di attitudine: questo disco è dedicato alle vere rockstars, cioè tutte quelle persone “comuni” che la mattina si svegliano alle 7 e combattono per raggiungere un obiettivo preciso, anche se questo vuol dire spesso affrontare un lavoro di merda che con quell’obiettivo non ha nulla a che vedere”.
Con queste poche righe Mike Zaffa giustifica l’uscita del suo secondo lavoro in studio che ha ambizioni grandi, quali quelle di mischiare il Rap, la Dubstep e le chitarre del Rock. Insomma un progetto abbastanza bramoso, soprattutto se da realizzare in Italia dove le produzioni non hanno gli stessi budget di quelle americane e dove l’unico esempio che potrebbe tornare alla mente è Noyz Narcos (che però potremmo definire molto più “commerciale”). A dimostrare l’impegno profuso ci pensa la terza traccia del disco, “Gli Occhi di un Cobra”, che unisce liriche e rime velocissime a ritmi raffinati e lenti, che si contrastano senza mai calpestarsi a vicenda. Un flusso di parole e musica che scorre come un fiume in piena. A tratti il disco ricorderebbe anche roba d’oltreoceano tipo i Beastie Boys, ma le vocalità, i flow e i beats sono più fedeli a quelli dell’Hip Hop italiano, soprattutto in “Sottozero”, brano effervescente e mai banale. “Venomous” è il singolo perfetto per questo artista, con un testo che parla di droga e in cui non mancano anche un paragone con il suo “collega” Neslie e una bestemmia che forse si sarebbe potuta evitare. L’effetto, o forse lo scopo ultimo, è quello di attrarre diverse categorie di pubblico senza cedere ai compromessi e alle logiche del mercato discografico. A mio giudizio Mike Zaffa ci è riuscito, soprattutto con brani quali “Tatuaggi e Cicatrici” e “L’Erede di Bukowski”, ma preferirei aspettare un’ulteriore prova discografica per poter avere un giudizio più preciso su di lui e sul suo operato. Intanto strappa la sufficienza che attesta la validità di “Rockstars.
Rivoluzioni musicali in mostra alle OGR di Torino
Quando si parla di musica, ognuno ha senza dubbio i propri riferimenti, i propri miti, le stelle polari che lo guideranno lungo il corso della propria esistenza ,in lungo e in largo, a destra e manca, forever and ever, “finché morte non vi separi”. Alcuni di questi miti, però, non fanno solo parte del nostro universo musicale, ma sono delle vere e proprie pietre miliari della storia della musica, simbolo di un’ epoca, esempio per le generazioni future ed esponenti di rivoluzioni che hanno deviato il corso della storia stesso. Ed è proprio a questi Dei dell’Olimpo musicale che fa riferimento Alberto Campo, curatore della mostra fotografica Transformers – Ritratti di Musicisti Rivoluzionari, allestita presso i Cantieri OGR di Torino e visitabile dal 28 settembre al 3 novembre 2013. Il filo conduttore che la caratterizza è quello della “Trasformazione”, tema tanto caro alle ex Officine Grandi Riparazioni Ferroviarie (una delle ultime testimonianze della storia industriale della città), oggetto di un recente restauro che le ha restituite alla popolazione torinese sottoforma di “Cantieri Culturali”, sede di eventi musicali, teatrali, mostre, fiere ecc.
Ed eccoli allora sfilare uno per uno i Grandi della musica, in una serie di scatti che li ritrae durante la loro vita di artisti (con una predilezione per quelli realizzati durante gli eventi live) e di comuni mortali; un richiamo all’idea della “Trasformazione” come trapasso dalla dimensione pubblica a quella privata. Le fotografie sono attinte dal vasto bacino messo a disposizione da Getty Images, ed abbracciano sessant’anni di musica (dall’avvento del Pop negli anni ’50 all’era del web e delle tecnologie digitali odierne); il sottofondo musicale è una lunga colonna sonora composta da canzoni-simbolo degli artisti considerati. Campo fa cominciare tutto con Elvis (e come dargli torto!), opportunamente inserito nella sezione “Origini della Specie” e fotografato durante una delle sue celebri mosse di bacino. La seconda tappa porta il titolo de “l’Invasione Britannica” ed i protagonisti non potevano che essere Beatles e Rolling Stones, considerati perennemente in antitesi. Gli anni ‘60 si tingono anche di Folk e dei ritratti di un giovanissimo Bob Dylan, che con la sua “Blowin’ in the Wind”, cantata come inno di chiusura dei comizi di Martin Luther King, diviene il rappresentante della “Canzoni di protesta”, mentre Miles Davis e James Brown lo sono del Jazz e del Soul-Funky nella sezione “Black Power”. Si conclude un decennio e ne comincia uno nuovo, segnato dall’ “Utopia Hippie” che vede i suoi massimi esponenti nei Doors e in Jimi Hendrix (immortalato mentre dà fuoco alla chitarra elettrica durante il festival di Monterey), mentre il Transformer per eccellenza, David Bowie (nelle vesti di Ziggy Stardust) trova posto nella sezione “Rock a Teatro” insieme alla primissima formazione dei Velvet Underground (fotografati con l’immancabile Andy Warhol ), quella di cui faceva parte anche la splendida Femme Fatale Nico, immortalata in un primo piano stupendo, mentre indossa una maglietta riportante la scritta Fragile. Nella sezione “gli Outsider” si piazzano Tom Waits e Frank Zappa, mentre l’unico artista italiano preso in considerazione, Ennio Morricone, non poteva che collocarsi nella sezione “la Musica Come in un Film”. Passano gli anni, cambia il modo di far musica, che diventa “definitivamente prodotto dal vivo su larga scala”: Led Zeppelin e Pink Floyd sono esempio dell’ avvento dei grandi concerti che riempiono gli stadi. Dall’altro capo del mondo, sempre in quegli anni, “One Love”, Bob Marley si faceva portavoce di un nuovo genere musicale: il Reggae. Altra rivoluzione musicale degna di nota in quegli anni è il Punk, rappresentato nella sua forma più grezza dai Sex Pistols (lo scatto che ritrae Johnny Rotten nel tentativo di armeggiare un paio di forbici enorme parla da sé) e nella sua forma più colta da Patti Smith, la sacerdotessa del Rock che sembra non aver alterato con gli anni l’espressione che ha in volto mentre canta. Gli anni ‘80 sono quelli dell’ Hip Hop dei Beastie Boys, del re e della regina del Pop: Michael Jackson e Madonna. Gli anni ’90 segnano una frattura col decennio precedente grazie all’avvento del Grunge e dei Nirvana: il primo piano di Kurt Kobain troneggia in sala (forse è una delle immagini più belle della mostra), mentre ha in mano la chitarra che riporta la scritta “Vandalism: beautiful as a rock in a cop’s face”. La mostra arriva fino ai giorni nostri, e si conclude con l’ “Evoluzione della Rockstar” verso una musica sperimentale e ricercata, i cui esponenti sono rappresentati da Björk e Radiohead (riconoscere una foto scattata durante il loro ultimo tour del 2012 ti fa sentire fiero di esserci stato) per chiudersi definitivamente con l’avvento della musica elettronica dei Kraftwerk e dei Daft Punk nella sezione “Technologia”.
I grandi assenti? Tanti, ognuno sicuramente troverà qualche suo “mito” mancante all’appello. In ogni caso, non è un buon motivo per privarsi di questa mostra, che non è una semplice esposizione fotografica, ma un viaggio visivo e sonoro indietro nel tempo, verso tappe della storia e rivoluzioni musicali compiute dai musicisti che tanto amiamo. Allacciate le cinture, si parte.
Fonti: http://www.ogr-crt.it/events/transformers-ritratti-musicisti-rivoluzionari/