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Roberto Ventimiglia – Look at the Stars Tonite (a lockdown time diary) EP
Un lavoro che piacerà anche a chi predilige l’inchiostro più scuro e – anche nei momenti più dance – sceglie le ombre.
Continue ReadingLa Scimmia intervista Alan Parsons
Qualche giorno prima del live di lunedì scorso 11 luglio al Laghetto di Villa Ada. Siamo sulla terrazza del 47 Hotel a Roma, a destra la Bocca della Verità, a sinistra l’anagrafe. Io e il mio manager diamo da bere alla smania con due peroncini pagato 8.50 euro l’uno mentre Parsons ritarda.
Sara Velardo – 3
Sara Velardo è una giovane cantautrice con un carattere forte, pochi peli sulla lingua e una quantità di energia e passione davvero invidiabili. Dopo due album di matrice prevalentemente acustica il suo terzo lavoro in studio, intitolato 3, evolve verso un sound più elettrico e Rock, riuscendo a trasmettere tutta la necessità espressiva dell’autrice, con ancora maggiore enfasi e impatto. Questa svolta elettrica la avvicina ancora di più e per molti versi a cantautrici Rock come Carmen Consoli e Paola Turci.
Sara Velardo, però, con il suo personale stile diretto, ma al tempo stesso carico di sensibilità, ci parla dell’attualità che spesso fingiamo di non vedere, raccontando dal suo punto di vista storie che si legano a doppio filo con tematiche sociali e di degrado, che includono riflessioni sull’immigrazione e sulla violenza sulle donne. Potremmo definirla come una dolce violenza, spesso enfatizzata dalla voce di Sara, dal cambio di registro linguistico e dall’uso del dialetto calabrese , che attraverso i suoi suoni ruvidi e incalzanti, come in “Trageriaturia” e “Migranti”, riesce a superare la barriera linguistica. In generale lo stile del disco non cede mai il passo a frivolezze e mode passeggere e richiama suoni e sapori antichi, senza suonare vecchio e polveroso. Tra i nove brani si spazia molto: dal cantautorato americano un po’ sixties, che porta con sè tutta l’aria delle strade metropolitane ad episodi in cui la vena femminile e leggiadra prende il sopravvento per brani dalle atmosfere sospese, fino al Pop e agli spunti ritmici tribali.
Possiamo dire che 3 è sicuramente un disco sincero e vissuto, un racconto lucido e moderno in cui c’è spazio per una cover dei Beatles (“Tomorrow Never Know”), per un quasi Rap sperimentale de “I Confini Di Casa Mia”, fino alle ballate struggenti “Come Una Poesia”, senza sembrare contradditorio ne’ confusionario, anzi.
The Winstons – The Winstons
I The Winstons sono un trio formato da Enro Winstons (tastiere, fiati, voce), Rob Winstons (basso, chitarra, voce) e Linnon Winstons (batteria, tastiera, voce). Trattasi di un rockettaro, ma pur sempre amorevole, papà e dei suoi pargoletti? O forse di 3 giovani capelloni scapestrati conosciutisi in un college, magari a sud-est di Londra, che scoprendo di portare lo stesso cognome e strimpellare 3 diversi strumenti decidono di metter su un gruppo per far baldoria insieme? No, niente di tutto questo, almeno in parte, perché dietro ai nomi sopra citati si celano le figure di 3 rappresentanti di razza della musica italiana degli ultimi anni: Enrico Gabrielli (Enro), Roberto Dell’Era (Bob) e Lino Gitto (Linnon), vero però è che soprattutto a sud-est di Londra il trio tende lo sguardo, alla Canterbury dell’indimenticabile decennio 65-75, e trattandosi dunque di Progressive era pressappoco impossibile che ad occuparsi di loro non fosse che la AMS Records, casa discografica molto attenta al presente come al passato di questo genere musicale. Il disco si apre con “Nicotine Freak”, brano scelto anche come singolo ad anticipare l’uscita dell’album, scelta più che condivisibile poiché si tratta di uno dei pezzi migliori del lotto ed è capace di rendere da subito chiare le intenzioni del trio. La voce, seppur meno emozionale, richiama a Robert Wyatt, il lavoro sulle armonizzazioni vocali è più che buono e musicalmente “Nicotine” suona come un Progressive che col passar del tempo diviene sempre sempre più freak. Si prosegue con brani che pur conservando sempre una matrice Progressive e Psichedelica si muovono in diversi territori, passando da brani più jazzati (“Diprodton”, che porta in realtà un titolo giapponese) a caldi saliscendi Pop (“Play With the Rebels” e “She’s My Face”) senza lasciarsi sfuggire neanche atmosfere più cosmiche (“…On a Dark Cloud”) o colorazioni in parte più scure e robuste (“Dancing in the Park With a Gun”). I 3 Winstons si muovono piuttosto agevolmente tra tutti questi territori ed il disco scorre via piacevolmente, ma senza picchi in grado di regalare quelle vibrazioni, quelle sensazioni, capaci di rendere grande un album o comunque una canzone, e purtroppo nel trittico finale (trittico per chi li ascolterà su CD, MC o in streaming, poiché nella versione in vinile “Number Number”, altra canzone che in realtà porta un titolo giapponese, e che probabilmente risulta essere la migliore delle 3, non sarà presente) il trio mi sembra soffrire un po’ di manierismo, non la migliore delle sofferenze per chi propone questo tipo di sound. Ai nostri, qua e là supportati anche dall’immancabile Xabier Iriondo e dalla tromba di Roberto D’Azzan, va il merito di ricordare molti ma di essere uguali solo a sé stessi, durante l’ascolto oltre al già citato Robert Wyatt, non sarà difficile trovare influenze dei Gong come dei Beatles, di Kevin Ayers come dei primissimi Pink Floyd e molto altro ancora risalente al già citato decennio dal quale gli Winstons sembrano provenire e non solo amare e celebrare, o prendere a pretesto per sfornare un disco. Il trio suonerà live in lungo e in largo per l’Italia per tutto il mese di Gennaio (e non è da escludere vengano annunciate nuove date in seguito), consiglio agli amanti del genere di selezionare la data più vicina a casa propria e non mancare all’appuntamento, credo che dal vivo gli Winstons possano regalarci belle sorprese essendo ancor più liberi di poter suonare free.