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“Comete”, il videoclip del nuovo singolo di Bianco
Un’anticipazione dell’EP in uscita il 1° aprile prossimo per INRI.
Continue ReadingSiren Beach Stage, un nuovo palco in spiaggia per il Siren Festival 2018
Quest’anno la Siren Beach trasloca in un lido interamente dedicato al pubblico del festival e si trasforma in un vero e proprio nuovo palco, dove si esibiranno 16 band in tre giorni.
Killer Sanchez – Bianco [STREAMING]
In esclusiva su Rockambula vi presentiamo “Bianco”, il nuovo singolo dei Killer Sanchez, band milanese che miscela Blues Rock Stoner.
Bianco: il nuovo video dei Plunk Extend
“Bianco” è il nuovo video dei Plunk Extend, terzo estratto dal disco Prisma uscito a dicembre 2014. Come i precedenti episodi, il clip è stato realizzato da Michele Vairo, Claudio Roveda e Francesca Manuele e continua il percorso musico-visuale della band milanese, che ha deciso di realizzare un brano per ciascuna delle cinque tracce del suo ultimo lavoro.
“Come gli altri video estratti da ‘Prisma’ – raccontano i Plunk Extend – anche ‘Bianco’ rappresenta un percorso che in qualche modo è una fuga. In un’ambientazione fuori dal tempo, lungo le sponde di un fiume, un uomo è affascinato da un mistero che non sa spiegarsi. L’impossibile, o quanto meno l’improbabile, diventa così la spinta che lo porta a cercare una ragione, o forse uno scopo. Ancora una volta è il viaggio a rappresentare la ricerca di una verità. Cosa troverà l’uomo alla fine del suo percorso? Ciò che cercava, ciò che ha lasciato dietro di sé, o un indizio sulla vera natura della sua ricerca?”
“Bianco” è il nuovo singolo dopo “Rosso” e “Nero” tratto da Prisma, lavoro di soli cinque brani – ciascuno intitolato come un colore – che i Plunk Extend considerano come un disco a tutti gli effetti. Prisma è infatti un concept album dove i colori sono una metafora per raccontare storie dal carattere esistenziale, accomunate da un desiderio di fuga e di rifiuto della realtà così come è. I brani sono tutti contraddistinti da un suono art-rock multicolor che ha lo spirito dei Settanta ma si muove nel presente mescolando indie-rock, pop, psichedelia, hip hop, cantautorato, prog e molto altro.
Plunk Extend – Prisma
All’apparenza un Ep di cinque pezzi, nella realtà un vero e proprio disco quello d’esordio dei Plunk Extend, artisticamente vario e imprevedibile, mi concentro ed inizio ad ascoltare Prisma. Le canzoni prendono il nome di cinque colori (Blu, Nero, Bianco, Rosso, Verde), cinque colori che rappresentano le diverse personalità della band stessa, Prisma non vuole assolutamente seguire una linea, vuole mostrare ogni volta una facciata differente, non vuole mai dissiparsi nella convenzionalità. “Blu” apre il disco con una chitarra capace di rapire le papille gustative, la ritmica tiene alta la tensione, il testo tiene impegnata l’attenzione. Insomma, parte molto bene Prisma, nella maniera in cui speri possa sempre iniziare un disco. Avete presente quando una giornata parte nel migliore dei modi? “Nero” cambia completamente aria, certo che rimaniamo sempre sul Pop Elettro Acustico, ma il cantato nelle strofe assume tonalità prettamente Hip Hop, le chitarre a tratti trasudano Folk, una cosa tanto nuova quanto inaspettata. I Plunk Extend decidono di non dare mai niente per scontato, questa caratteristica riesce a renderli in un certo senso controcorrente, non amano troppo catalogarsi nella definizione di un genere. “Bianco” è dolcemente cantautorale, della classica scuola italiana dei cantautori, una perla carica di sentimento, le emozioni iniziano ad intrecciarsi indissolubilmente. Potrei urlare tutto l’amore che ho dentro quando un finale tipicamente Coldplay inizia a far cavalcare gli strumenti verso una trionfale conclusione. Poi arriva “Rosso” e non poteva essere altro che potenza, rabbia e passione. I riff in progressione volteggiano in stile Ska, qualche lontano riferimento al Metal Hc (ma solo i profumi più nascosti, sia chiaro). “Verde” è la speranza, la speranza di portare un nuovo modo di comporre musica, i Plunk Extend suonano musica di un’altra galassia, una roba ancora sconosciuta al comune mortale. Dietro Prisma c’è tecnica, sperimentazione e soprattutto tanta voglia di stupire. Io vedo questo album come una mano di poker, cinque carte da spizzare lentamente, una per volta. Dopo i precedenti lavori in lingua inglese i Plunk Extend dimostrano largamente di saperci fare anche con l’italiano, sono una band innovativa a cui andrebbero rivolte tutte le migliori attenzioni del settore. Io un disco del genere potrei ascoltarlo in qualsiasi condizione emotiva, riesco sempre a trovare quello di cui ho bisogno. A voi sembra poco?
Nuovissimo Canzoniere Italiano
01 Settembre 2013 @Magnolia, Milano
Arrivo al Magnolia di Milano che la serata è già iniziata da almeno un’ora. Mentre cammino sulla via dell’entrata penso che questo Nuovissimo Canzoniere Italiano, serata dedicata alle “nuove” (?) leve del cantautorato italiano, potrebbe, alternativamente, essere un evento-bomba o una fiera della noia.
Non vi racconterò la serata dall’inizio alla fine: mi è, innanzitutto, impossibile, dato il mio arrivo in ritardo e la mia dipartita in anticipo (all’incirca dopo l’esibizione di Dario Brunori). Vorrei però darvi un’idea di come si è sviluppata, per quanto ho potuto esperire, questa maratona (30 artisti, 3 canzoni ad artista, partendo dalle ore 19), nata da un’idea di Marco Iacampo, appoggiata da Dente e dal Magnolia, che l’ha ospitata. Di cosa si trattava, in soldoni? Di piazzare su un palco qualche decina di cantautori che potessero ricreare quell’attenzione verso la canzone nella sua anima più pura, quell’approccio voce e strumento (voce e chitarra nel 90% dei casi) che è allo stesso popolare e intellettuale, passatempo delle masse e empireo del racconto lirico, dove le parole regnano e narrano tutto il prisma delle emozioni umane in finestre di tre, quattro minuti per volta.
Ma non solo: si trattava anche di dimostrare, empiricamente, che una “scena” della musica italiana d’autore “indipendente” esiste e, anche se il fine dell’evento non era assolutamente quello di “creare un manifesto”, si leggeva tra le righe il tentativo di fare una summa delle esperienze cantautorali più in vista del momento (con qualche assente eccellente, per esempio un Vasco Brondi). Ha funzionato, la cosa? Nello specifico, è stata una “festa della canzone”? Ma soprattutto, i cantautori di oggi fanno parte di una specie comune? E che qualità media si intravede nei loro dieci/quindici minuti di esibizione a ruota libera? Insomma, il Nuovissimo Canzoniere Italiano rappresenta la musica d’autore italiana indipendente (o una parte di)? E questa (o questa parte di) è in buona salute?
Andiamo con ordine. Iniziamo col dire che la prima cosa che ha assalito le mie orecchie camminando sul prato del Magnolia durante l’esibizione di Alessandro Fiori (che non ha nessuna colpa tranne quella di essere stato lo sfondo della mia entrata in loco) è stata la noia. Non la mia, nello specifico: quella di un pubblico sì numeroso, ma certo non concentrato sulle canzoni (o almeno, non in quel momento). Cinquanta persone fisse sotto il palco, le altre a farsi i cazzi propri in giro per il prato. Non riesco neanche a dar loro torto, per la verità, e la scusante sta tutta nel problema principe della serata: la varietà (inesistente). 30 artisti con 3 canzoni a testa dovrebbero garantire un buon grado di varietà, si pensa; e invece no: canzoni lente, spente, senza verve, per la maggior parte tristi, ed è davvero un cliché della musica d’autore che prende vita, questo… si salvano i pochi allegri o ironici (Dente, Brunori) e quelli agguerriti (Maria Antonietta, Bianco). Colpa anche della modalità scelta, forse: 30 artisti in fila, tutti con chitarrina al seguito, non possono in ogni caso sfuggire ad un effetto appiattente, per quanto estrosi e ispirati possano essere. Ma anche all’interno di ogni singola mini-esibizione non brillava la fiamma del divertimento: tutti cantautori di più o meno successo, alcuni con diversi anni di esperienza alle spalle, e pochissimi che abbiano scelto 3 canzoni agli antipodi, per darci un assaggio delle loro capacità compositive o interpretative. La varietà questa sconosciuta, dunque; ma non solo quest’ombra ha offuscato la (lunga) serata acustica. C’era in generale (o almeno questo si percepiva) poca voglia di sorprendere, di incantare il pubblico: pochi ci sono riusciti (il già citato Brunori, o lo splendido, nella sua naiveté eccentrica e contagiosa, Davide Toffolo). E poco importa che le canzoni fossero belle (o meno): passavano sulle teste del pubblico come la pioggia che iniziava lentamente a cadere, e solo i grandi nomi riuscivano a magnetizzare la folla e a farla tornare sottopalco (o qualche tormentone del momento, come l’ironica “Alfonso” della peraltro bravissima Levante).
Ritornando alle nostre domande: se “festa della canzone” doveva essere, bè, non lo è stata; le canzoni sono passate in secondo piano rispetto alla bravura e al carisma del singolo interprete, o, se vogliamo, al grado del suo successo. Il genus del cantautore post anni zero s’è visto? Io, sinceramente, non l’ho visto; se c’era, non me ne sono accorto; e forse preferisco così. Forse illuderci che esista una scena è un modo bellissimo per credere in qualcosa, ma si tratta solo di rare somiglianze (che non fanno mai bene in un mondo che dev’essere caleidoscopico e variopinto per non morire) e usuali amicizie, contatti e collaborazioni (che sono utilissime ed essenziali, ma terminano nei rapporti personali tra gli artisti – per inciso, qual è stato il criterio per invitare, o accettare, gli artisti su quel palco?). La qualità media non è stata disastrosa, ma sfido chiunque a dire che si sia mantenuta su un livello d’eccellenza: tanti bravi artisti che mi hanno incuriosito (oltre a quelli che ho citato sono stati molto interessanti Marco Notari, Oratio, Colapesce e Dimartino – ricordo che molti, tra cui Nicolò Carnesi e Appino, non ho avuto occasione di ascoltarli), ma tanti altri sono scivolati come l’acqua dell’Idroscalo tra le piume delle papere. Come concludere? Io direi: tralasciando ogni eventuale significato socioculturale esteso, ed evitando ogni deduzione statistica – insomma, considerando la serata solo nei suoi attributi più direttamente percepibili, ossia un concerto con 30 artisti sul palco per una dozzina di minuti a cranio, si può dire che, sì, tra tanti cantautori ve ne sono parecchi interessanti, e che sì, è bello vederli affrontare la canzone nel suo lato più intimo e raccolto. Ma, e attenzione alla grandezza ciclopica di questo “ma”, la formula non è delle migliori, e il sottotesto che questa formula implica mi disturba e mi lascia alquanto amareggiato. 30 artisti sono troppi per un palco solo. Tanti sembravano lì solo in quanto conoscenti di Iacampo. E questo dividere ancora la canzone in “canzone d’autore” e “altro” è solo perdere dei pezzi; per non parlare del considerare il “cantautore” qualcosa di definibile a priori. Quanto rende di più un Dario Brunori con tutta la Brunori Sas al seguito? O un Davide Toffolo con i Tre Allegri Ragazzi Morti? Quanto è noioso (per quanto possano essere “belle” le sue canzoni, non è questo il punto) un Federico Dragogna senza i Ministri? Dove sta scritto che LA CANZONE vive nel connubio voce+chitarra? La canzone (o meglio, la canzone “bella”, o “importante”) è per forza “canzone d’autore”? Il Teatro Degli Orrori non fa canzoni d’autore? I Verdena? Davvero crediamo ci sia ancora differenza, o conflitto, tra la “canzone d’autore” e il Rock? E poi, la canzone d’autore dev’essere per forza seria, triste? I Selton non possono fare canzoni d’autore?
Forse tante di queste cose non sono nemmeno passate per la testa di nessuno, né organizzatori, né artisti, né pubblico, ma sono concetti che, per come è stato pensato e per come è stato messo in pratica questo Nuovissimo Canzoniere Italiano, rimangono sottesi, che lo si voglia o no. Forse pensiamo tutti troppo (io per primo), e la realtà è che, più che manifesti (non è questo il caso), maxi-rassegne, serate-evento, più che masturbazioni semantiche, voli pindarici e manifestazioni narcisistiche, forse più che tutto questo, servirebbero solo più concerti, con gente più brava, con canzoni più belle.
Annunciata l’edizione 2013 del Reset Festival!
Musica Incolta sarà la nuova edizione del _resetfestival che animerà Torino dall’11 al 14 settembre 2013: protagonista la musica emergente come germoglio non ancora colto, pianta selvatica, vergine ai compromessi e ai sistemi di mero business. Di seguito il calendario:
Torino, Mercoledì 26 Giugno con i Nadar Solo
Band simbolo dell’indie rock torinese, nel 2013 Nadar Solo hanno pubblicato il nuovo album “Diversamente, come?”. Singolo di lancio e simbolo di una lunga collaborazione su vari fronti artistici, il brano “Il Vento” è realizzato insieme al Teatro degli Orrori.
Milano, Mercoledì 3 Luglio con Bianco
Cantautore sognante in cerca di una strada tra la Terra e il Sole, con il suo disco “Storia del futuro” Bianco ha collezionato collaborazioni eccellenti come i conterranei Perturbazione. Per l’estate 2013 si prepara ad aprire il tour di Niccolò Fabi sui palchi di tutta Italia.
Torino, Mercoledì 10 Luglio con Levante
La giovane siciliana trapiantata a Torino è già diventata il tormentone dell’estate e un hashtag imprescindibile su Twitter con il suo “Alfonso” e #chevitadimerda. L’album “Manuale Distruzione” farà il resto.
Milano, Mercoledì 17 Luglio con Massaroni Pianoforti
Un nonno liutaio e un padre che restaura e vende strumenti musicali. Il giovane “cantautonomo” ha la musica nel sangue. Un destino quasi inevitabile, che non a caso onora con il suo nome d’arte.
I luoghi dei concerti saranno svelati nei due giorni precedenti ad ogni evento. Per partecipare o proporre la propria casa per i concerti di _re(live)set basta scrivere una mail a partecipare@reset.to.it specificando data e artista di interesse.
La Band Della Settimana: Levante
Levante è come le sue melodie: un carezzevole vento d’estate pronto ad esplodere all’improvviso in violenti temporali, gli occhi sempre fissi al sole alto nel cielo.
Nasce nel 1987 a Caltagirone in provincia di Catania e cresce ascoltando le grandi voci internazionali di Janis Joplin, Tori Amos, Alanis Morisette ma anche le nostrane Meg e Cristina Donà. Levante ama raccontare delle cose semplici in modo limpido intessendo con grazia un tappeto di suoni, immagini e parole dove viene voglia di sedersi e farsi cullare storia dopo storia.
Il suo nome lo deve agli odori e al calore della terra che porta nel cuore, ad un passato che spesso manipola in musica per affondarvi con voce fresca e limpida parole profonde che sembrano quasi intagliate nel cedro.
“Alfonso” è il primo singolo di Levante e anticipa l’album d’esordio Manuale Distruzione in uscita per l’etichetta INRI il prossimo 2 ottobre, un progetto fortemente voluto da Davide “Anti Anti” Pavanello, fondatore della label indipendente torinese e realizzato a quattro mani con Bianco, amico e collega che l’ ha accompagnata nella produzione del suo primo lavoro solista.
Qui sotto trovate proprio “Alfonso”: la cronaca di una festa grottesca in cui si fanno i conti con tutta la solitudine del mondo. Scarpe scomode e un vestito d’insofferenza indossati insieme ad un sorriso beffardo, a nascondere il labiale della frase che tutti quanti avremmo voluto urlare a squarciagola almeno una volta nella vita