Dardust è un nome d’arte che racchiude in sé le anime del pianista e compositore Dario Faini. Una vera e propria crasi che eredita una buona percentuale di stelle, non solo per l’esplicita citazione a Ziggy Stardust di Bowie, ma soprattutto per il valore del lavoro di Dario come compositore e autore per molti artisti del panorama mainstream come Marco Mengoni, Francesco Renga, Irene Grandi, Fedez Luca Carboni, per citarne alcuni.
Birth è il secondo album di una trilogia iniziata nel 2014 con 7. Il progetto nasce con la volontà di raccontare attraverso tessiture di suoni elettronici e melodie minimali paesaggi e scenari di tre città Berlino, Rekiavik e Londra.
Il secondo capitolo è quindi dedicato all’Islanda e alla sua proverbiale natura esoterica e magica. Il freddo, l’isolamento, il cielo stellato percorso dell’aurora boreale sono solo alcune delle suggestioni che le note dei dieci pezzi di Birth lasciano trasparire. Come l’Islanda pacifica e desolata in superficie, ma che ribolle di vita al suo interno, il disco mette in scena uno schema musicale metodico: cinque brani neomelodici, nei quali il pianoforte e gli archi rappresentano i pilastri portanti, e cinque brani “loud” nei quali i suoni diventano elettronici e ritmi incalzano l’ascoltatore. Apparat, John Hopkins, Apex Twins si mescolano in un costante gioco di ruoli. I brani melodici sono rotondi, pieni, caldi tanto da scaldare il pungente freddo islandese. Uno sguardo delicato all’interno di un piano sequenza tra lande innevate, gyser di vapore e strade che sembrano perdersi all’orizzonte. L’elegante “Slow Is The New Load” e la leggera “Næturflüg” sono l’esempio di questa voglia di rallentare e assaporare l’istante, coglierne l’essenza, lasciando che la natura faccia la sua magia. I brani “rumorosi” invece, pulsano di vitalità e racchiudono in sè vere e proprie esplosioni di synh e drum machine. Il ritmo a volte incalza, e le stratificazione dei suoni raggiungono momenti al limite come in Bardagin (The Battle), a volte si dispiegano e si sviluppano progressivamente nel corso del brano, come nell’eterea“Á Morgun” oppure si fanno esplodere all’improvviso mostrando la potenza e la fierezza di un lupo in corse, “The Wolf”.
Birth è un album ambizioso e originale, una terra di mezzo, dove vige la continua e costante ricerca del compromesso tra melodico ed elettronico. La voglia di trovare il modo per far dialogare due anime, un lavoro in divenire volto alla creazione e alla sperimentazione. Aspettiamo, ora, il terzo capitolo per apprezzare l’opera nel suo complesso.