Black Heart Procession Tag Archive

AUCAN: summer tour 2016

Written by Eventi

Stelle Fisse è il loro nuovo LP ed esce a distanza di 4 anni dai precedenti Self Titled, Dna e Black Rainbow, dischi che li hanno portati con oltre trecento date sui palchi di mezza Europa consacrandoli, grazie alla miscela di elementi acustici ed elettronici, come uno dei migliori live acts in circolazione. Gli Aucan hanno diviso il palco con Matmos, Rioji Ikeda, Fuck Buttons, Chemical Brothers, Tricky, Black Heart Procession, Placebo (su invito personale), e collaborato fra gli altri con Shigeto, Otto Von Schirach, Verdena, Scorn, Zu, e Dalek.

28 Maggio 2016 – Molfetta (BA) – Eremo Club
04 Giugno 2016 – Nerviano (MI) – Big Bang Festival
07 Luglio 2016 – Napoli – Cellartheory
10 Luglio 2016 – Albizzate (VA) – Albizzate Valley Festival (w/Godblesscomputers, Machweo)
23 Luglio 2016 – Schio (VI) – Line Festival
24 Luglio 2016 – Atripalda (AV) – Segnali Evolution
28 Luglio 2016 – Vialfrè (TO) – Apolide Festival
29 Luglio 2016 – Monte S. Angelo (FG) – Festambientesud
18 Agosto 2016 – Vinadio (CN) – Balla coi Cinghiali
20 Agosto 2016 – Sarcedo (VI) – Sarcedo Summer Festival
25 Agosto 2016 – Verona – Mag Festival
10 Settembre 2016 – Cuneo – Nuvolari Libera Tribù

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Black Fluo – Billion Sands

Written by Recensioni

Scelgono l’eleganza del nero, nel nome, nell’artwork e nello stile. La raffinatezza dell’assenza di luce, della disperazione, del lato oscuro dell’anima, delle tenebre, della morte, della scoperta di quello che superficialmente ci sforziamo di sotterrare. Un nero fluorescente, come visivamente può esserlo la dicitura Billion Sands incisa sul nero opaco di copertina. Un nero fluorescente che ha la frenesia di mostrarsi in tutto il suo inquietante splendore. Black Fluo è essenzialmente un quartetto di Chiasso che miscela musica Elettronica e Neo Classical, il tutto frullato in un contenitore di contaminazioni psichedeliche e cosmiche che sciolgono il sound, spezzano i legami molecolari delle note, lasciando sgocciolare materia oscura, liquida e caldissima. Billion Sands è l’esordio di questo progetto che va ben oltre la semplice definizione di band, comprendendo anche grafici e attori. Peccato, a tal proposito, non avere tra le mani quel libro/non libro che rappresenta il packaging ma solo la copia promozionale per la stampa. Immagino sarebbe stato un ulteriore motivo di estasi per i miei sensi.

Da un punto di vista musicale, le attese speranzose possono dirsi, almeno in parte, divenute realtà. L’apporto di Zeno Gabaglio (cello in “La Fin”) e Luca Broggini (batteria in “Les Vagues Caleidoscopiques”) è ulteriore garanzia di qualità ma è nell’insieme che Billion Sands convince a metà, o forse qualcosa di più. Quasi impossibile dare una collocazione temporale alle note dell’opera, sospese come sono nello spazio e nel tempo. Le strumentali che ci introducono al lavoro, dal vago sapore tra certo Slowcore stile Black Heart Procession e conturbanti introduzioni funeree degli Have a Nice Life. Quel cocktail di note oscure, riverberi ed echi cosmici e sconvolgenti che quasi ci trascinano in una dimensione irreale presto diventano sperimentazioni dalle lievi ritmiche tribali, sulle quali si staglia una narrazione eccitante, tra John Cale e Sol Invictus (“Whisper”). Non mancano momenti più canonici, a modo loro, sabbiosi, quasi tendenti al Folk desertico, come dei Calla in giornate particolarmente deprimenti e tristi (“Death of a Sun”) o ancora più vicini al più conforme cantautorato sempre in chiave Neoclassical Darkwave (“Scarborough Fair”, “Narcosia”), un po’ Black Tape for a Blue Girl e un po’ Lisa Gerrard, grazie anche all’apporto di Adele Raes. Dunque, ritmiche ossessive e marziali sullo sfondo di timbriche vocali eteree e sofferenti, tutto in una chiave psichedelica moderna e lisergica ma anche uso sapiente della materia chitarristica (“Les Vagues Caleidoscopiques”) che sul finale apre una porta Psych Rock totalmente nascosta fino a quel momento, quasi a mostrarci una esistenza parallela che deformi totalmente i nostri pensieri prima di mandare tutto in frantumi con il claustrofobico e terrificante finale (“Caledonia”) che alterna speranza e disperazione. Particolare attenzione è opportuno dedicare alle liriche, perfettamente in linea, grazie al loro ermetismo e simbolismo, con lo stile musicale dei Black Fluo. Per il resto uno splendido album che poteva essere ancor più intenso, se si fosse insistito su certe idee e che finisce per apparire ottimo senza lasciarci veramente fluttuare a mezz’aria in una nascosta interzona dell’anima, una volta scoccato l’ultimo dardo dall’ultima nota.

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