Board Of Canada Tag Archive

Hey Saturday Sun – Hey Saturday Sun

Written by Recensioni

Lento è il viaggio verso le stelle, lento è un movimento nello spazio. Questa è musica che richiede pazienza, calma ma forse parliamo addirittura di meditazione e di sogno. Richiede una serata tranquilla per far viaggiare i propri pensieri, spararli nel cielo stellato lontano e pacifico, senza aver paura di farsi trasportare chiudendo gli occhi. L’esordio discografico del musicista umbro Giulio Ronconi in arte Hey Saturday Sun (ispirazione palesemente tratta dal brano del duo elettronico Board of Canada) non è nulla di ciò che vorrei ascoltare la mattina appena sveglio, in qualsiasi tipo di viaggio (terreno) o mentre redimo la mia coscienza facendo la mia corsetta amatoriale. Però è sicuramente un prodotto raro per intensità e per il suo sound, mai banale e mai relegato ai comodi schemi dei generi musicali.

La lunga intro affidata a “Pulsewidth Noise” ci rimanda subito ad un’altra dimensione, meno carnale ma non per questo fittizia, mentre “Silent Kid” fa l’occhiolino all’elettronica viva di Moby e ci detta un passo molto soffice e lento, sappiamo però che piano piano di strada ne faremo molta. Gli echi e i vocalizzi di Marta Paccara conferiscono l’atmosfera giusta e il pianoforte rarefatto pare avere i tasti congelati e dipinge in aria immense praterie mischiate a enormi palloncini fluttuanti. La cavalcata New Age “The Other City” è una precisa descrizione di paesaggi stellati, mentre “Lullaby” finalmente azzarda anche la batteria e richiama i tanto attesi anni 80. Sorpresa! Ecco le chitarre di “1.9.8.9”, il pezzo più forte e scellerato del disco. Senza esagerare questo è il momento più Pop e ciò non ci dispiace affatto. Rullate decise e voci si scontrano, si amalgamano come nuvole in rivolta. Tutto però rimane quassù e il contatto con il suolo è un lontano ricordo. Le due metà di “Museum of Revolution” sono un vortice, un fiume in piena, una cascata di sensazioni a fior di pelle. Una carrellata di suoni che non si limita ad essere un semplice esercizio. La carica e la botta da me tanto adorate sembrano rinchiuse in una teca di vetro da cui escono solo leggeri sussurri, suoni non per questo però privi di forza: viscerali anche se visionari, ma soprattutto positivi.

Un bel sogno possiamo dire, mai troppo finto da sembrare pura immaginazione. Hey Saturday Sun è il sole calmo di una domenica di inverno, quello che non ti aspetti, che ti scalda appena appena sbucando dalla finestra, entra nelle tue coperte e si unisce alla tua dormita godereccia. Una sensazione di respiro di aria buona a pieni polmoni, lontano dalla merda quotidiana che ci tocca ingurgitare.

Read More

A Copy For Collapse – The Last Dream On Earth

Written by Recensioni

Vivere in prima persona un viatico virtuale con le cuffie incollate agli orecchi e le sensorialità staccate da terra fa sempre un bel certo effetto, è un insieme di emozioni che ti fanno trattenere il respiro e orbitare in un qualcosa di plastico, gommoso, senza forma se non quella di un sogno il solitaria, dove tu piccolo astronauta casalingo, per una volta tanto ti senti eroe di mondi lontanissimi, inimmaginati. Tutto questo è il riassunto di una avventura, di un trainspotting hollywoodiano? Affatto, è A Copy For Collapse, il progetto del musicista pugliese Daniele Raguso e The Last Dream On Earth ne è il viaggio, il traveller su cinque strati di atmosfere, un tenue e maestoso arredo mentale per musiconauti  melanconici e avvincenti ascoltatori di altro, di apparizioni sonore che ritraggono in continui flash indiscusse matrici dreaming.

Elettronica buia e interni luminosi, una di quelle porte sonore che si aprono e chiudono senza che te l’aspetti, un lavoro elegante e sotto vuoto da interior sound-designer che l’artista pugliese architetta nella penombra cromatica di una tranquillità sinuosa quanto sintetica, nove incursioni tra Dub, Elettronica, Wave e Chillout Toro Y Moi e allunaggi corposi alla Board Of Canada che delineano ricche geometrie e pacatezze sconfinate, rari addensamenti uggiosi e immobilità che passano distratti per lasciare il colmo senso di libertà fisica e interiore, per finire – a fino ascolto –  reduci di una meraviglia riverberata e a galleggio di una bidimensionalità esemplare.

Una cascata di vibes, echi e atmosfere che sono in fila per raccontare – a pelle – un racconto avvincente che rapisce fin dal primo giro, un film senza immagini e una immagine che si fa film sin dalle prime battute, minimalismo e pastorale cosmica fanno il sangue impalpabile di questo esperimento senza peso corporeo, e tracce come i contrasti ipnotici di “State of Mid”, la tribalità sintetica “Grey Sky”, le conturbanti ritmiche istigatrici alla dance Ottantiana “Lysergic Lullaby” o l’interiorità senza fondo contemplata nelle acquosità di “Walking From Reality” completano lo stato mnemonico di una soluzione alterata che scatena – col suo tempo incalcolabile – il confine mai segnato della notte.

Mettetevi comodi e rilassatevi, e buona andata!

Read More