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This is Head – The Album ID BOPS

Written by Novità

Ancora una volta un disco di una band svedese tra le mie mani, fuori è troppo caldo per questa musica ma una pioggia improvvisa crea la giusta atmosfera. Io musicalmente li ho sempre visti superiori gli svedesi, sarà qualche concetto assurdo assorbito con gli anni di ascolti ma non mi ricordo un disco svedese che facesse completamente schifo. Questa volta la mia attenzione è chiamata a confrontarsi con i This is Head e il loro disco The Album ID. Il lavoro suona senza troppi giri di parole sotto un tetto indie pop rock tipicamente (nord)europeo, le melodie semplici ma orecchiabili catturano subito l’ascoltatore temporaneamente ipnotizzato, tutti i pezzi si legano tra di loro con una semplicità disarmante. Brani come “Staring Lenses” e “Summertime” rendono molto bene l’idea di The Album ID. Non voglio lasciarmi scappare la naturale passione trasmessa dai This is Head, non sarà certamente un capolavoro ma ricordiamo sempre che sono svedesi e gli svedesi fanno le cose per bene. Almeno è quello che da anni continuo a credere.

http://www.youtube.com/watch?v=kUlMJ4edhrM

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Kandma – Demur EP BOPS

Written by Novità

Rilasciato sotto licenza Creative Commons, l’EP d’esordio di questi ragazzi di Pavia – Demur – è una notevole relase sperimentale realizzata con cura dei dettagli e con un ottimo lavoro di mixing e mastering. Il loro è un mondo al confine tra elementi di disturbo analogici e pacate ambientazioni eteree capitanate da una voce lontana e ultra riverberata. Un rock sperimentale che ti fa viaggiare e provare angoscia misto pace ad intermittenza. I Kandma decidono di aprirci le porte della percezione con “Lambda”, un pezzo che ricorda la quiete del cielo dopo una tempesta. Una scelta azzeccatissima come prima traccia, che prosegue anche con le successive “Pushing” e “Ursa”, più calme ma comunque disturbanti. Chiude l’EP “Three Hours”, cover di Nick Drave, artista che sicuramente ha influenzato notevolmente la band e che più assomiglia alle loro sonorità.

Tutto l’EP segue la vena sperimentale di Nick Drave, aggiunge l’ennesima sensazione che ti provoca ascoltare gli Explosions in The Sky e infine crea la stessa malinconia prodotta dagli Anathema. I Kandma sono una di quelle band che vai a vedere live e ti fanno viaggiare tra immagini sfuocate, a fine concerto ne esci sconvolto ma con il loro disco in mano (non mi sorprende infatti che  al loro primo live siano riusciti a vendere la bellezza di 100 copie).

 

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Le Storie – Vieni Con Me BOPS

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Forse suona un po’ anacronistico questo primo album dei romani Le Storie, ma ha dalla sua un atteggiamento quieto e pacato, privo (per fortuna?) di pretese rivoluzionarie. Sta al suo posto, ben delineato e non vuole strafare. Ligabue, Ruggeri, Rats sono solo i primi nomi che mi vengono in mente per descrivere quello che è un classico tuffo negli anni 90, un tentativo (direi anche riuscito) di suonare Rock in Italia, senza sfoderare i nervi implacabili dei Ministri o senza seguire onde latineggiati alla Negrita. Una via facile certo, ma non per questo così fuori dal tempo e innaturale.

“Guardando in Cielo” ci fa intuire che quando riabbassiamo gli occhi puntati verso l’alto, vediamo una lunga e deserta highway americana (e questa fuori moda non ci andrà mai). E nonostante gli incastri vocali forzati e l’assolo eccessivo (non è l’unico purtroppo) il pezzo si salva dignitosamente. “Uomini di Niente” paga il suo tributo alla grande musica popolare italiana, guarda indietro fottendosene delle tendenze. Racconta con meticolosità la vita di mare in un testo che sembra estrapolato dagli antichi archivi dei Nomadi, “Sfido Dio con le stelle e il sole”, la canzone sembra dalla rima sempliciotta ma mantiene alta la dignità, certo il finale stride un po’, forse più perché inatteso che per altri motivi. Il temporale che anticipa “Lontano” è invece solo presagio di una semplice e bella canzone, ben arrangiata nonostante qualche eccessivo fasto tecnico e suoni di chitarra che (si questi ora si!) suonano anacronistici.

In fin dei conti se volete liriche illuminate, canzoni graffianti, carisma da poeti decadenti questo non è il disco per voi, ma se vi accontentate di buone e semplici storie e di un buon esercizio di rock’n’roll all’italiana, siete nel posto giusto.

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Ordem – The quiet riot BOPS

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Gli Ordem se ne escono con questo album sincretico di rock poco graffiante e molto abbordabile, basato su chitarre retrò, batterie in faccia e una voce istrionica che snocciola liriche in inglese deformandosi, ringhiando per poi sussurrare in saliscendi emotivi che almeno hanno il pregio di tenere in movimento il percorso che altrimenti potrebbe annoiare (ammesso che non lo faccia a prescindere).

The quiet riot è un tuffo nel passato, nel rock che furoreggiava a cavallo tra gli anni ’80 e i ’90 del secolo scorso, a volte andando più indietro (“No Life”) a volte più avanti (“Brand New Song”), in ogni caso, probabilmente, risultando più eccitanti dal vivo che su disco. Non che le canzoni siano scritte o suonate male, intendiamoci: però cosa ci dicono gli Ordem che non sapevamo già? Probabilmente nulla.

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Àlia –Ària Ep BOPS

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Le atmosfere di  lana, l’amore arrivato al punto di arrivo, le varie sfumature della poesia e i rimandi culturali a poeti ed eventi storici, costruiscono a forma d’arte l’ep Ària , del progetto musicale Àlia, dietro il quale c’è il bergamasco Alessandro Curcio (voce, cori, chitarra elettrica) e Giuliano Dottori (chitarra elettrica, basso, pianoforte, tastiere, rhodes, batteria, e anche produttore e chitarrista degli  Amor Fou).                                          

Un lavoro di cinque brani, che vagano tra pennellate di New Wave, Post Rock, Jazz, grazie alla tromba di Roberto Villani, e soprattutto di poesia cantata, quasi sussurrata, senza sovra-eccessi, ma solo quel che serve, quel che è indispensabile all’arte, che è il tutto e non il mezzo. Gli strumenti, poi, sono il collante, il cielo, la terra, l’aria di questo mondo musicale, quasi perfetto se non fosse per l’emozione che emana, che non fa parte del non plus ultra.                                                                     
Una poesia musicale non facile da costruire e che dovrebbe essere sempre il desiderio di ogni compositore, ma purtroppo così non è, e quando questo connubio esiste nella sua bellezza non si può far altro che dedicargli un plauso e un attento ascolto.

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Le teste – 2012 BOPS

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Dopo l’incipit meditativo, a tratti cool, di “Preludio”, i lombardi Le teste partono in quarta con uno ska-rock potente, cantato in italiano e swingato in stile Roy Paci (ma se possibile con molta più classe), che non guarda in faccia nessuno: ce n’è per tutti, dalle idiozie mediatiche sulla fine del mondo di “Fine dei giochi” o “2012”, al nostro bel Paese di maneggioni in “Calciopolis” e lo status symbol da drink regalati nei locali fighetti di provincia in “Free Drink”. Immancabili la canzone d’amore, “Lovely girl” e la critica sociale di “L’animale” e “C’è crisi”. E se la prendono anche coi fresconi che si bevono qualsiasi prodotto musicale come fosse Coca-Cola nella velocissima “Estasi sintetica”, e con i “Pagliacci!” che riempiono le nostre città di slogan e false speranze. “La ruota”, traccia di chiusura del disco, sembra essere una summa di tutte le narrazioni precedenti: i ragazzi ci stanno dicendo che siamo coinvolti in un ingranaggio che forse neanche vediamo, la cui morsa stringe e lascia un segno silenzioso, nel suo incessante movimento. A noi non resta che illuderci di poterla fermare. Le teste, al contrario, vi faranno muovere e parecchio. Che vi piaccia il genere o no, questa è gente da andare sicuramente a vedere dal vivo. Enjoy!

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Devil – Magister Mundi Xum _ The Noble Savage BOPS

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Insomma i Devil si sono decisi a partire in quarta, quasi come se volessero dire <Vogliamo tutto e subito>. Certo, perché a distanza di un anno dal loro disco d’esordio, Time To Repent, sfornano una raccolta che comprende il loro primo demo Magister Mundi Xum e i loro primi singoli “TheNoble Savage” e “Blood Is Boiling”. Si sono dati da fare, c’è volontà di farsi notare con la loro musica, con il loro repertorio, con le loro creazioni. Il disco è un immancabile occasione per chi ha apprezzato i Devil, se Time To Repent è stato di buon gusto questa raccolta non potete perdervela. Chiaro che lo stile è quello Stoner e Sludge alla Black Sabbath condito all’Hard Rock dei Blue Oyster Cult vecchio stampo per rendere l’idea. E’scontato a questo punto che ascolterete poco di nuovo, alcune tracce sono addirittura presenti nel disco d’esordio altre invece, come i due singoli citati prima o “Welcome The Devil”sono in un certo senso la sorpresa della piccola compilation. Personalmente ho apprezzato tantissimi il loro debut album, i Devil hanno dimostrato già in quel momento di avere carattere, con questo lavoro hanno confermato di avere uno stampo eccezionale. Logicamente i lavori di produzione e di registrazione sono molto più avanzati, questo perché ora la band ha un etichetta alle spalle che gli ha potuto permettere un certo tipo  di lavoro e perciò è nota la qualità dei lavori precedenti e di quelli presenti nella raccolta. Detto brevemente, se i  norvegesi Devil vi sono piaciuti  e volete approfondirli, questo è il momento giusto.

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Beach Fossils – Clash The Truth BOPS

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Ci sono dischi che si raccontano pezzo per pezzo. Si smontano, si analizzano, come un’autopsia, come al microscopio, atomo per atomo. Ce ne sono altri che invece sono un unico, grande viaggio. O un’atmosfera, una sola. Una fotografia a più dimensioni, da diversi angoli, ma della stessa cosa. Clash The Truth è fatto così. È onirico, sospeso, tenuto in volo dalla voce eterea e bagnata di Dustin Payseur, la mente dietro al progetto, un progetto nato DIY e casalingo e finito invece, con questo disco, in ben due studi newyorkesi (il primo è stato abbandonato, ad un certo punto, per colpa dell’uragano Sandy). Clash The Truth è fatto di melodie semplici, ritmi post-punk, bassi cordosi, chitarre che da acustiche diventano elettriche, morbide, poi acide, poi suadenti, ambienti riverberati e gonfi d’eco, come nuvole in fuga dentro la tua stanza. Melodie, ritmi, ambienti che sono una sola melodia, un solo ritmo, un solo ambiente, lungo quattordici tracce, circa mezz’ora. Poi, a scavare, si possono notare isole nella spuma (“Sleep Apnea”, la mia preferita, che non ha bisogno di spiegazioni; momenti drone e leggeri attimi strumentali, come “Modern Holyday”, “Brighter” e “Ascension”, a spezzare il tutto; brani leggermente più sostenuti – “Crashed Out”, “Burn You Down”, “Caustic Cross” pronti a mescolarsi con l’ossessività della title track, o con il sogno Pop-Noisedi “In Vertigo”, con Kazu Makino dai Blonde Redhead) ma a svelarli tutti vi toglieremmo il gusto di scoprirli da soli. Dalla Captured Tracksun altro esempio di post-qualcosa leggero, facile, intimo, di scuola Low. E oggi, col mal di testa che incombe e un’altra primavera alle porte, è tutto ciò che mi serve.

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Tres – Tres Bops (recensioni tutte d’un fiato)

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I Tres sono il progetto dei livornesi Roberto Luti, Simone Luti e Rolando Cappanera, nomi già ben noti e stimati nel fecondissimo panorama blues nostrano e non solo: i primi due, infatti, sono rispettivamente chitarrista e bassista affermati nel blues e nel funky, mentre Cappanera militò nella band heavy metal Strana Officina, che negli anni ’80 portò a casa meritatissimi successi e che ad oggi può vantare l’incisione di sette album. Il disco dei Tres, omonimo, pubblicato nel 2012, si compone di 11 tracce sanguigne, calde, tutte esclusivamente strumentali. Il richiamo al rock blues di Jimi Hendrix è pressoché istantaneo dall’iniziale Tres Niños a Cool ain’t cold con il suo sguaiato e onnipresente wah wah; 504th stone into the sea è una ballatona americana sexy e pelvica, mentre Bound to Houma con i suoi nove minuti di delirio psichedelico dà prova di tutta la bravura dei tre. Molto significativa è Hey Joe, citazione dell’hendrixiano omonimo capolavoro, con un inserimento non troppo velato del riff di Whola Lotta Love dei Led Zeppelin.

Non è il disco da avere assolutamente eh, soprattutto perché non è particolarmente originale né aggiunge qualcosa a un genere che già ha raggiunto esiti altissimi nella sua sotira, ma se vi capita tra le mani passerete un’oretta più che piacevole e se vi capitasse di poter assistere a un loro concerto dal vivo, avreste l’occasione di vedere dei veri musicisti.

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