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Double Françoise – Les French Chanteuses
Tra circa tre giorni sarò a Parigi, anzi, quando leggerete questo pezzo probabilmente starò già sbronzandomi ai piedi di Montmartre a suon di pastis sognando epoche mai vissute e contornandomi di tutta una miriade di luoghi comuni dai quali non può mancare quello della Chanson. Magari ascolterò ai piedi della Torre Eiffel il lavoro targato Double Françoise e lo troverò delizioso. Quando leggerete questo pezzo probabilmente sarò già tornato nella triste realtà della provincia (magari?!) italiana e allora la lettura critica di questo nuovo ep del duo francese sarà inevitabilmente infarcita di laconica malinconia, di quelle che affliggono l’uomo moderno malato del “si fatica 355 giorni l’anno per viverne 10”.
La realtà è che mentre scrivo sono ancora qui, in un cazzo di buco di paese nel culo del mondo, dimenticato da Dio, chiuso in quattro pareti che paiono la morettiana stanza del figlio, aspettando davanti al pc, con le cuffie in testa, che giunga l’ora di rituffarmi nel fantastico mondo del produci, consuma, crepa. E intanto ascolto Les French Chanteuses dei Double Françoise sfanculando le fantasticherie ansiose e concentrandomi su quello che ascolto. Maxence e Lisa. Il primo, produttore e compositore, multistrumentista e appassionato di “aggeggi” vintage. La seconda paroliere e cantante, appassionata di suoni, termini e scrittura. Sono loro a confezionare questi cinque brani (quattro in francese e uno in inglese) di canzoni Pop fatte in casa con amore e infarcite di Funk e Bossa Nova che sembrano tirate fuori da una pellicola anni 70. Nonostante la brevità del disco che supera appena i sedici minuti e ne limita la varietà stilistica, inevitabili sono gli accostamenti al grande Serge Gainsbourg ma qui il suono sembra piuttosto inzeppato di cliché senza una reale ricerca sonora che abbia una parvenza di originalità. Le melodie neanche appaiono troppo accattivanti limitandosi a seguire uno schema predefinito che non ha la capacità di elevarsi oltre la mediocrità e che non è affatto aiutato nel suo intento dalle due voci, tutt’altro che fuori dal comune e dalla timbrica poco accattivante. È il nome stesso a suggerire un paragone con più note Françoise e tra queste certamente da ricordare Françoise Hardy ma il raffronto ispirato non fa altro che aumentare il rimpianto per il passato glorioso della Chanson e del French Pop di qualche decennio fa. Spengo tutto e torno ad innamorarmi sulle bionde note di “Ton Meilleur” e la ebbra follia di “Initials B.B.”; di Serge e Françoise ce ne sono solo due. Non si accettano duplicati scadenti.
Tati Valle – Livro dos Dias
Tati Valle ha viaggiato per un po’ così da esplorare nuovi luoghi, nuovi suoni e pure se stessa, decidendo poi di fermarsi in Abruzzo per conoscere meglio il territorio e la lingua italiana. Nasce così Livro dos Dias, un diario di viaggio in cui l’artista brasiliana cerca di convergere l’identità di diversi paesaggi, culture e musicisti per farle un po’ sue e un po’ di tutti. Si inizia con il paradosso degli ultimi saranno i primi attraverso “Ultimo Samba” dove a farla da padrone sono una voce calda, percussioni e un basso pieno ed articolato. Si prosegue con “Camaleao” in cui il Pop comincia a prendere forma descrivendo quel desiderio di avventura e di scoperta nascosto in ognuno di noi. C’è invece lo zampino di Gustav Lundgren alla chitarra e di Luca D’Alberto alla viola elettrica in “Novo Mundo”, traccia Bossa Nova pesante come il tempo che passa, e che grazie agli archi riesce ad accompagnarti cullandoti in un viaggio calmo e sensuale. Bellissima, malinconica e a volte contornata da suoni elettronici è “Arrepio”: quì attraverso una tromba di altri tempi si racconta quel senso di inadeguatezza che a volte si prova restando incastrati in un contesto sbagliato. “Samba de Quinta” nasce da un’improvvisazione e questo rimane, risultando un brano carino ma sicuramente non speciale. Altra storia invece per “Diante de Voce”, dove finalmente si iniziano ad esplorare nuove influenze musicali dando un tocco Rock e meno acustico al tutto. Si vola a Trastevere con la romantica e poetica “Voz e Violato” per poi finire con “Slowmotion Bossa Nova”, brano che racchiude in sé un po’ tutto il senso dell’album: si parte dal Brasile, si attraversa l’Italia e si arriva inaspettatamente alla Hawaii. Dunque il testo giustamente è in inglese e sul finale incontra anche la voce di Ivan D’Antonio (amante delle Hawaii e produttore artistico del progetto).
Per concludere, Livro dos Dias è riuscito alla fine a esprimere l’idea di un viaggio internazionale? Più o meno direi, in quanto se l’intenzione era appunto quella di fare un disco dipinto da diverse contaminazioni sonore, il risultato appare si complesso (specialmente per la varietà di strumenti utilizzati suonati egregiamente), ma però ancora troppo radicato alle sue origini d’oltre oceano e quindi poco sperimentale a livello compositivo. Godetevi la versione live di “Novo Mundo”, buon viaggio!