Torna in scena la carismatica Alejandra Burgos e lo fa in grande stile con i suoi Fyre!, band Hard Rock che potremmo accostare al sound dei Bon Jovi (al femminile però!). Lo stile del gruppo è quello del classico Hard Rock anni 80 e 90: riff alla WASP, giri di chitarra alla Skid Row, assoli alla Journey e melodie che stuzzicherebbero il palato dei fan di Bryan Adams. La marcia in più del disco è comunque la calda e sensuale voce della bellissima (perchè è doveroso tenere conto della sua incisiva immagine) Alejandra, capace di far rabbrividire con i falsetti e in grado di cambiare tonalità con invidiabile scioltezza, abbassando e alzando la voce senza nessun tipo di difficoltà. Missy Powerful è il frutto del lavoro dei Fyre!, il loro disco d’esordio, visibile quanto uno spiraglio di luce. Il prodotto è discreto, parliamo di un disco che fino alla decima canzone rende bene, poi pochissima roba fino alla cover di “Stairway To Heaven” dei Led Zeppellin. Sia chiaro: anche se si tratta di un lavoro Hard Rock con forti tratti Blues, Missy Powerful rimane comunque un lavoro dal carattere fortemente Pop. “Get the Hell Out” e la successiva “Stay Until the Moonshine” possono benissimo occupare le prime posizioni di una classifica commerciale. Le due tracce prima citate addirittura si contrappongono: la prima è carica e festaiola, la seconda calma e melodica. “No Happiness” segue la scia della canzone precedente “Stay Until the Moonshine” appunto. “I Love to Rock” come dice il titolo è a suo modo un omaggio al Rock, pacchiana e ben confezionata. “Crazy Little Woman” vanta un interessante giro di chitarra che accostato alla voce di Alejandra lascia veramente il segno. Voglio ricordare che fino alla decima traccia tutto fila liscio, il naso si storce con “Watch Me Close the Door”, “Stay in Bed” e “Front Row Kids”, brani poco impegnati che rivelano pesanti somiglianze con alcune canzoni già editate in passato (ovviamente da altre band). In definitiva Missy Powerful risulta ben riuscito, ha carattere e sa emozionare, bisogna solo procurarselo, metterlo nel lettore e saltare quei pochi pezzi mal conseguiti.
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Fyre! – Missy Powerful
Max Navarro – Hard Times
Il quarto lavoro di Max Navarro, rocker friulano di origini canadesi, arriva dopo tre anni di silenzio, tre anni molto difficili sul piano personale, come dice l’artista stesso in diverse interviste rilasciate nei mesi scorsi. Tre anni che gli hanno comunque consentito, anche grazie al supporto del nuovo produttore (e bassista) Nick Mayer e alla fiducia della sua ormai consueta etichetta, la Cherry Lips Records, di scrivere le nuove canzoni contenute in questo Hard times, tempi duri, appunto.
Il disco si apre con un suono di carillon e per alcuni secondi si ha la sensazione di essere in procinto di ascoltare un album di musica da ambiente o uno di quei lavori da “cantautore sperimentale”. La sensazione svanisce immediatamente però quando arriva la chitarra di John Paul Bellucci, quasi immediatamente accompagnata dal rullante “flamato” di Alex Parpinel. E’ subito rock, un rock che sembra venire da oltreoceano, dal continente del quale Max è appunto originario. Quando la voce di Navarro irrompe nel pezzo si consolida la certezza che del suo illustre concittadino Bryan Adams (Max è originario di Vancouver B.C.), Navarro ne abbia ascoltato davvero tanto. La voce di Max è sabbiosa, graffiante, decisamente rock, nel senso più romantico del termine. Non c’è più nessun dubbio sul genere e sulle intenzioni dell’artista: già dal primo minuto di ascolto si capisce che si è di fronte ad un disco che non pretende di essere innovativo e non vuole in nessun modo nascondere la vera natura di Navarro, alla faccia di chi dice che il rock degli anni’80 è morto e che c’è bisogno di qualcosa di nuovo per attirare l’attenzione del pubblico. A questo punto occorre senza dubbio alzare il volume e proseguire nell’ascolto, magari con una birra ghiacciata in mano.
La traccia 2, “Out of bounds”, conferma la mia prima impressione sulle chitarre di John: gli arrangiamenti sono al tempo stesso classici e originali. Il chitarrista della band di Max Navarro osa con suoni e parti di chitarra “coraggiosi” ma non tradisce le aspettative del sano american rock. E le melodie vocali continuano, sul ritmo pesante di basso (a cura del bravo Nick Mayer) e batteria, ad essere orecchiabilissime e godibilissime, come il genere pretende.
Dobbiamo attendere la terza traccia di Hard times per ascoltare la prima ballad del disco. Ascoltandola non si può fare a meno di notare la melodia e il songwriting tipicamente Springsteen-style. Vedo, visitando la pagina facebook dell’artista, che il Boss appare nelle influenze dichiarate da Max stesso. Lo sferragliante suono delle chitarre acustiche e la melodia sognante della voce, accompagnate da un impeccabile e mai invadente arrangiamento di basso e batteria, fanno di “the Wrong side” (traccia 3 appunto) un’apprezzabilissima ballata che richiama strade infinite e polverose del nuovo continente.
Il disco scivola via, passa dalla veloce “Nothing’s guaranteed”, brano senza infamia nè lode, con un ritornello molto cantabile e facile da ricordare, per arrivare a “Cryin’ ” brano che è stato il primo singolo tratto dal disco. “Cryn’ ” è potente ed evocativa, richiama un terzo ispiratore della musica di Max Navarro, l’americanissimo Jon Bon Jovi, del quale a Max però mancano diversi punti in termini di vocalità.
Il sesto brano è “Winter in Chicago” che si apre con le bellissime chitarre acustiche di John Paul Bellucci: l’atmosfera qui è veramente avvolgente e personalmente preferisco questa seconda ballad alla prima.
Il rock non è finito e lasciate alle spalle le due ballate possiamo metterci alla guida della nostra cabrio, con il sole in zona tramonto di fronte a noi, ascoltando “Beyond the silence”. Continuiamo a guidare e, prima che la notte ci raggiunga, riusciamo ad ascoltare anche “Poison girl” e “End of the universe”, tracce 8 e 9 che chiudono il lavoro di Max Navarro.
Concludo la mia recensione con alcune piccole critiche puramente di natura tecnica: il bellissimo timbro vocale di Navarro non è accompagnato purtroppo da una vocalità altrettanto sorprendente, sia dal punto di vista della precisione dell’intonazione, sia per agilità ed estensione. Anche la pronuncia, nonostante le origini nordamericane del rocker, non è a mio avviso all’altezza di altre produzioni “madre lingua”. Questi, intendiamoci, non sono assolutamente motivi validi per non apprezzare l’album, soprattutto per chi non cerca altro che un po’ di sano, genuino e ben fatto rock.
Hard times non mi è piaciuto al primo ascolto, forse proprio perché, essendo anch’io musicista e cantante, mi sono lasciato prendere da valutazioni molto tecniche. Ora però non escludo di riascoltarlo in futuro, quando avrò voglia di rock. Ho capito da subito a cosa ero di fronte e questo è molto importante. Max Navarro non tradisce le aspettative, ha le idee molto chiare ed è musicalmente, sinceramente sè stesso.
Chi ha voglia di rock e non ha necessariamente voglia di innovazione godrà del disco e non ne rimarrà deluso. Consiglio invece caldamente di evitare l’acquisto dell’album a chi è in cerca di nuove sonorità.