Dalle ceneri incombuste degli Edwood e Intercity, rinascono a vita nuova i Campetty, l’unione di Fabio e Michele Campetti con Paolo Mellory Comini e Giannicola Maccarinelli, e La Raccolta dei Singoli è il frutto di questa apprezzabile congiunzione che in dodice tracce declina la vena creativa ad un pop-cantautorale senza disdegnare incursioni nelle estetiche melodiche indie che mettono in mostra una dimensione allargata e preziosa che è in fondo la potenza delicata dei grandi dischi in cerca di allunaggio.
I cosidetti “sognatori” stazionano in una dimensione tutta loro, diversa dal presente e alternativa ad un ipotetico futuro, ma rimane la certezza che la parte migliore di un certo modo di fare musica sia ancora da aspettare, o forse, ce la abbiamo già intorno ma non la recepiamo in pieno, poi questo bel disco, questo bel catalogo di poetica intima e sussurrata, tra i Tiromancino e Senigallia da speranza intuitivaefavorisce la voglia di un retrogusto convincente da esibire negli ascolti genuini e senza difetto; ed è un esordio discografico con la nuova ragione sociale che si muove sottilmente con la nostalgia dei giorni andati e quelli che si approssimano, un registrato che ha passione da vendere e che promette piuttosto bene se si cerca il bello delle piccole cose e delle grandi occasioni, da ascoltare ogni volta che una visione opaca ostruisce l’apertura d’anima.
Anche disco che rimetterà in piedi un certo “indie thing” dopo il calo d’interesse generale, tracce e arie che in un solo ascolto confezionano un feeling d’ascolto complice e confidenziale, chiavi d’intesa perfetta che fanno sgranchire le idee con la Ferrettiana “Cowboys Blues”, con il pacato onirico echeggiante “The Muffa Forest” o con la melodia etera di una voce divina, quella di Sara Mazo degli Scisma che in “Mariposa Gru” ingigantisce il pathos femminile illimitatamente; la varietà di queste piccole gemme registrate fanno luce tenue ad una fruibilità generale di livello, alzano punti di assoluto piacere e scavano un’incisività concettuale stilosa, basta accendere il filo teso di “Brasilia”, catturare l’armonia tenue di “Vittoria” o agganciare la battuta emotiva di “A Nastro”, una ballata che si colloca tra gli ingredienti base dell’eleganza incorporale, impalpabile.
I Campetty non solo convincono, ma portano la media ben sopra la media, ogni istante del disco è una seduzione che preda perdutamente qualsiasi orecchio attento. E non sono parole, ma fatti concreti.