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Carmilla e il Segreto Dei Ciliegi – Anche se Altrove

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La musica come essenza di infiniti mondi mentali. Come bagliori di nuove vite attraverso un percorso molto spesso lastricato di ostacoli. La musica come ripartenza verso un’anima nuova che vive e respira “anche se altrove”. L’arte a trecentosessanta gradi per sfiorare quella perfezione celestiale che quando si tramuta in suono si schiude sulla nostra natura più autentica, quella natura più fragile: l’identità nascosta, talvolta strappata dalle gelide parole degli altri. Una perfetta peregrinazione per presentare il primo album Anche se Altrove di uno dei più interessanti gruppi del panorama pugliese Carmilla e il Segreto Dei Ciliegi. Il significato del nome è duplice. Infatti da un lato c’è Carmilla, noto vampiro della letteratura irlandese che si rigenera nelle varie epoche e che qui diventa immagine di quel Suono/Essenza che sopravvive al tempo e ai cambiamenti, dall’altro ci sono i fragili ciliegi simbolo tradizionale di forza e invito alla rinascita nella cultura orientale. Insomma Anche se Altrove è una porta, un varco che se attraversato porta ad un’esistenza parallela fondamentale per ricominciare un nuovo viaggio, sulle vie e sulle emozioni di una vita già vissuta, forse da cui prendere esempio.

Anche se Altrove è l’album di esordio, in uscita a breve, dei Carmilla e il Segreto Dei Ciliegi, giovane band che attraverso undici brani raccoglie la bellezza, quella più profonda di un mondo difficile, ostile, in declino, ma sempre degno di essere amato con tutte le forze. Undici brani Rock, a tratti forte, come il bellissima “Anche se Altrove” che da il titolo all’album, sospirato, dondolante e cornice di testi studiati e affascinanti. Un fascino che da subito si scorge dall’artwork di Patrizia Emma Scialpi. Una ragazza che dondola appesa ad un filo d’erba è l’immagine della vita libera da domande e dalle oppressioni quotidiane. E sono proprio queste le sensazioni che suscitano i loro brani, un senso di forza, di libertà, ma anche una profonda ricerca di se stessi e delle origini del mondo. Interessante è il brano “Dorjiee” indissolubilmente legato alla causa tibetana, utilizzato anche per l’apertura straordinaria del Padiglione Tibet nella performance di danza contemporanea Elemento Sottile. Come interessante è “Addestro il Pensiero” brano che apre l’album, o come “Inosservata”, “Non Oso o Non so” e “Clochards” che parla dell’amore con la A maiuscola.

Insomma, un primo album interessante nella sua intera concezione, ma anche un lavoro studiato e soprattutto vissuto nel tempo e in linea con le esperienze della band, formata da Giuliana Schiavone, voce e chitarra acustica, Anna Surico, chitarra elettrica e tastiere, Roberto Ficarella, batteria e tastiere, e Marco Bellantese, basso elettrico.

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Fadà – Polvere di musica

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William Fusco in arte Fadà, musico del lato sghimbescio della  nuova arte cantautorale emergente, esce con il primo disco ufficiale della sua carriera “Polvere di musica”, un dieci tracce che suona come un diabolico ronzio infinito nelle orecchie, un crescendo vertiginoso di storie, storiacce e storioni grandi come i sogni appannati di un Capossela rilassato, dieci tracce con le quali non si può usare il termine “una tantum” per farsi capire: appena in circolo, come bislacche farfalle, ti si appiccicano addosso e ti ci rimangono per molto, con una ironia  che sposi immediatamente o in men che si dica.

Un artista, Fadà, che sfugge ad ogni epitaffio che di solito si affibbia ad artisti stravaganti e fuori delle righe, e l’inusitato effluvio che il disco emana ti porta alle pendici di sensazioni caricaturali psichedeliche, forse il versante ancor più allucinato di un Marcovaldo strampalato, una forma teatrale della musica con tutti i panneggi della poesia contaminata dall’idioma sonico indie, un modo inafferrabile di stare sull’onda degno dei grandi equilibristi scenici della benedetta surrealità.

Polvere di Musica, polvere di stelle e di palcoscenico, ma anche una infinita professionalità che, nell’effetto d’insieme di questa tracklist, trasporta in ogni angolo del sogno, del delirio e della circense botta di libertà che Fadà si prende e si permette alla faccia di tutti e di tutto, dentro un incredibile aggiornamento di vita e relativi scazzi d’intorno che lui fa salire a galla dal profondo malessere che fa scrigno inviolabile alla quotidianità.

Se i testi scavano volentieri nel melò esistenziale, il marchingegno musicale disvela un impasto denso di trame disco-elettroniche “Antidoto”, forte di “tonfi RnB” e boccoli Caparezziani “La donna cervello”, fresco nel beat seventies “Il poeta”, liquido nel funky, jazzly che sembra uscito dalle magie di Franco CerriLike a danz”, magico nella stupenda visione deformata di “Perfect face” e pirotecnico nella spennata gispy che strattona “Souvenir”, sì un impasto che si fa perla e fermaglio di un progetto discografico che, ripeto – non ha bisogno di ripetuti ascolti per essere annesso al nostro patrimonio underground  – occorre solamente dargli carica, prepararsi ad un volo libero ed il gioco è fatto.

Fadà crea un disco che non è solo un disco che suona e canta, è anche una stupenda pellicola che “si sente e non si vede” di devastante contemporaneità.

 

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