Fu il salto di qualità dell’underground italiano, un fulmine nella lunga notte esasperata dell’indie, il punto di fusione massima tra grazia e strafottenza elettrica, e pensare che i Marlene Kuntz nessuno se li filava, un classico mescolone di frizzi alla Sonic Youth e nervosi lazzi Einsturzende Neubauten buoni ma fuori tempo, e Catartica fu accolto da debutto come tanti lungo gli anni Novanta, ma fu una mina ad esplosione ritardata, e quando saltò in aria fu – e rimane – testo rock per tutte le formazioni imbizzarrite che vennero dietro.
Prodotto dal Consorzio Produttori Indipendenti e con la benedizione di Maroccolo e Giovanni Lindo Ferretti, il disco della band di Cuneo fece impazzire i cultori del nuovo rock, della violenza dolce che la formazione modificò e plasmò in una tracklist che è tutt’ora “sacra scrittura”; chitarre al fulmicotone, liriche amarissime, una ritmica a schiaffo/carezza e quella voce serafica e gonfia nel contempo che Godano domava come in un rapporto sessuale, furono queste le alchimie soniche che il quartetto si trascinava dietro, a “spingere” una strepitosa eloquenza distorta con sempre un sole malato a fare da lampadario sopra.
Un disco dove non si butta via nulla, ogni brano – dei quattordici programmati – è sempre più bello di quello che viene prima, una forza di penna e fioretto che taglia e ricuce, e quegli anni Novanta nostrani ne rimasero sconvolti e dannatamente affascinati tanto che definirono il registrato la continuità filologica della parte muscolosa del respiro d’amore; un qualcosa di mistico si muove ovunque, pressioni di maestà e passione sanguigna si ritrovano tra il tellurico di “Festa Mesta”, “Sonica”, nel galleggiamento metafisico “Nuotando Nell’Aria”, “Lieve”, “Gioia (Che mi do)”, nei flussi deliranti di “Mala Mela”, “Non ti Scorgo Più” come nella disillusione umana “Merry X-Mas”. I Marlene colpiscono a dovere emozioni e profondità recondite, lasciano già al primo vagito discografico il disegno graffiato di un modo di fare rock che fece vittime e ferite nei cuori.
Mai esordio fu più “grande”, Catartica anche in questi frangenti, è la bocca storta e l’autunno che ognuno vorrebbe rivivere a loop.