Cap10100 Tag Archive
Tortoise @ Cap 10100, Torino, 27/05/2016
I Tortoise sbarcano a Torino in un caldissimo venerdì sera di Maggio. Sede dell’evento è il Cap 10100 (il concerto è però organizzato dal meno capiente sPAZIO211 e da TOdays Festival), altro locale sul fiume della città ma sulla sponda opposta rispetto al Magazzino sul Po ed ai famosi Murazzi.
Quando entro in sala, intorno alle 21,40, saranno presenti una cinquantina di persone abbondanti e sotto il palco trovo il gruppo dei soliti noti, quelli che ci si vede sempre in prima fila durante i live nei posti più piccoli del comunque non immenso Cap, dove in passato nonostante la scontata presenza simultanea è spesso capitato di non riuscire a trovarsi.
Così, mentre la sala va riempiendosi (non sarà sold out ma credo ci mancherà molto poco) di pari passo con l’aumento della temperatura al suo interno, si riescono a scambiare due piacevoli chiacchiere (l’argomento principale ve lo lascio indovinare) che ci portano all’ora x: le 22,30.
Eccolo, il combo chicagoano per la prima volta davanti ai miei occhi, con quella marea di strumentazione che i 5 polistrumentisti portano con loro sul palco: al centro due batterie che si guarderanno negli occhi per tutta la durata del concerto ma che flirteranno realmente solo durante “High Class Slim Came Floatin’ In” e “Gigantes” e per non più di un paio di minuti a brano, dietro di loro una postazione di synth ed una tastiera, lateralmente vibrafoni, marimbe, ancora synth, senza ovviamente dimenticare basso e chitarre.
Durante l’esibizione gli avvicendamenti alle varie postazioni saranno numerosissimi ed ovviamente saranno i brani tratti da The Catstophist a fare la parte del leone nel corso di una scaletta che andrà comunque a pescare anche da lavori meno recenti pur non proponendo nulla dai primi 2 dischi, con dispiacere che accomuna un po’ tutti per quel che riguarda il loro zenit Millions Now Living Will Never Die e che invece risulta sicuramente più individuale per quanto concerne l’omonimo esordio che personalmente preferisco al più celebre (e comunque prezioso) TNT, d’altronde il quintetto sul palco ha cominciato a lavorare insieme proprio nel 1998 anno della loro terza e più famosa fatica.
Il live parte con la title-track dell’ultimo album che dal vivo guadagna in calore ed è seguita dal cubismo sintetico di “High Class Slim…” (che come tutti i brani del live tratti da Beacons of Ancestorship andrà a guadagnare punti rispetto al disco) primo dei due brani con doppia batteria, in questo caso con John McEntrie e John Herndon seduti uno di fronte all’altro (dei 3 batteristi, includendo dunque anche Dan Bitney, risulterà essere McEntrie il più presente allo strumento, nonché il più sorridente e caloroso dei 5 sul palco, ma questo è un altro discorso), il brano è indescrivibile, come si può descrivere la perfezione? La band suona che è una meraviglia, il pubblico già bello caldo per ragioni climatiche oltre che per l’assenza di almeno un minimo d’aria condizionata o di un paio di ventilatori da soffitto, si scalda ancor di più.
Poi arrivano il gustoso (dal vivo ancor di più) Funk di “Hot Coffee” e soprattutto quella “Shake Hands With Danger” che per chi scrive è il loro più bel brano post 1998 e che rappresenta perfettamente la loro grande coralità ed anche dal vivo si conferma, facendoci godere dei magistrali arrangiamenti della band e del perfetto dialogo tra le parti in questo seducente brano dalla grande percussività e dal forte sapore d’Indonesia; di seguito la seconda perla di The Catastophist quella “Yonder Blue” che orfana della voce di Georgia Hubley perde però gran parte del suo fascino risultando niente più che una ballata strumentale, neanche delle migliori considerando che strumentisti abbiamo sul palco questa sera.
Intanto, per evitare di morire dal caldo e per darvi dunque anche la possibilità di leggere questo report, mi sposto a fondo sala dove la porta d’ingresso, aperta sull’atrio con le finestre spalancate, regala un leggero soffio d’aria ritonificante.
Da qui mi godo la seconda parte della scaletta che trova i suoi momenti migliori nei perfetti incastri di “Gigantes” e nella ballata minimale e jazzata “The Suspension Bridge at Iguazu Falls” con la solita splendida sezione ritmica qui con vibrafono in primo piano, oltre che con un gran lavoro di Jeff Parker alla sei corde.
Ritornato in qualche modo nel mondo mi rituffo davanti approfittando della breve sosta pre-bis.
Al rientro sul palco i Tortoise ci sbattono in faccia un altro momento di una grandezza e di una bellezza sovrumana, l’esplosione di “Prepare Your Coffin”, il suo pathos, i suoi magistrali saliscendi, dal vivo questo brano ti entra dentro come non pensavo potesse accadere, vorresti non finisse mai, fanculo al caldo! Continuate a suonarmelo, per sempre…
Altra pausa, brevissima, e secondo encore, questa volta più rilassato con una “The Clearing Fills” perfetta per introdurre “I Set My Face to the Hillside” brano che parte facendo venire in mente un qualche western morriconiano per poi evolversi in una giostra percussiva (anche qui con vibrafoni in primo piano) marchio di fabbrica di una band che lascia il palco, questa volta definitivamente, tra le urla e gli applausi sinceri del pubblico.
Il suono dei Tortoise live risulta perfetto, come su disco, ma in qualche modo più asciutto, e questo è un bene, perché soprattutto i momenti più statici risultano meno manieristici ed in qualche modo più ricchi di una vitalità latente nell’ascolto su disco. Signori, il pubblico questa sera ha avvertito nell’aria sentori di Stereolab, di Neu!, di Weather Report, di Portishead, di Battles, di Cul de Sac, di Soft Machine…ha ascoltato Jazz, Free Jazz, Dub, Kraut, Experimental, Fusion, Trip Hop, Minimal…come suonano i Tortoise? Che genere fanno? Rassegnatevi, continueremo a non saperlo, anche perché tutti gli stili sopra citati sono eseguiti in un modo assolutamente peculiare ma con grandi contaminazioni.
Finché questa band sarà capace di offrire serate del genere fatevi bastare il fatto che facciano Musica, con la M maiuscola, e che la suonino (dal vivo ancor di più) veramente come pochissimi altri e senza mai risultare scontati nemmeno nei momenti più “semplici”.
Per i più curiosi ecco la tracklist della serata (spero indovinata, il caldo non ha aiutato): “The Catastrophist” \ “High Class Slim Came Floatin’ In” \ “Hot Coffee” \ “Ox Duke” \ “Dot/Eyes” \ “Shake Hands With Danger” \ “Yonder Blue” \ “Eros” \ “Gigantes” \ “Ten-Day Interval” \ “The Suspension Bridge at Iguazu Falls” \ “At Odds with Logic”
Encore 1: “Prepare Your Coffin” \ “Crest”
Encore 2: “The Clearing Fills” \ “I Set My Face to the Hillside”
Stasera i Tortoise al Cap10100 di Torino
Stasera al CAP10100 gli americani Tortoise presentano il loro nuovo disco, The Catastrophis, il primo album in studio in quasi sette anni.
I Tortoise hanno passato quasi 25 anni a fare musica che sfugge ad ogni descrizione. Mentre il quintetto strumentale con sede a Chicago continuava ad annuire su definizioni come dub, rock, jazz, elettronica e minimalismo che hanno sempre associato alla loro discografia composta dai sei album in studio, i suoni che venivano fuori mantenevano comunque, distintamente, e anche ostinatamente, una loro propria personalità.
La band è formata dai polistrumentisti Dan Bitney, John Herndon, Doug McCombs, John McEntire e Jeff Parker, da sempre prosperi davanti a improvvise esplosioni di ispirazione. Nel caso di The Catastrophist, la scintilla si accende quando nel 2010 la città di Chicago commissiona al gruppo la realizzazione di una suite musicata inspirata al jazz locale e alle comunità musicali improvvisate. I Tortoise quindi composero e successivamente eseguirono quei cinque temi sciolti in una manciata di concerti, “e quando finimmo a parlare di un nuovo album, la soluzione più ovvia per cominciare, era quella di prendere quegli stessi pezzi e vedere cosa ci avremmo potuto ricavare lavorandoci sopra come Tortoise”, dice McEntire.