Cesare Di Flaviano Tag Archive

Fabio Cuomo – La Deriva del Tutto

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La metamorfosi è uno dei temi principali della nostra cultura: da Omero a Carpenter, dalle scienze cognitive all’identità di genere, sembra riesca a rimanere un ambito in continuo sviluppo e lontano dall’essere esaurito (in crisi l’uomo, in ascesa il robot).
La Deriva del Tutto è un complesso lavoro al limite fra il racconto ed il suo effettivo disfacimento, nei giorni del disastro culturale -forse il titolo dell’album è meno retorico di come si possa pensare- la decostruzione e la successiva espansione attraverso raccordi al limite dell’atonale di matrice Ambient sembra funzionare bene. Le due canzoni che compongo questa esperienza sonora sono in realtà contenitori di un sistema che si libera di ogni struttura musicale, privandosi di veri e propri temi ad eccezione di qualche citazione sparsa qua e là. Le stanze rappresentante dal genovese Fabio Cuomo cercano l’asetticità poetica lasciando al fruitore il compito di ricostruire la propria esperienza estetica.
È possibile trovare una cesura nei minuti finali di Bene Gesserit (Dune e la metamorfosi -di nuovo- del nostro pianeta?), dove possiamo effettivamente assistere ad uno stacco quasi cinematografico, collocato e schierato verso una direzione definita; è forse la forma compiuta dell’intero processo di sviluppo dell’album.
Non credo in ogni caso che questo sia una creazione da accostare ad una qualsiasi colonna sonora. La Deriva del Tutto è un ottimo ascolto per capire come certo sperimentalismo si muove e cerca di attingere dall’avanguardia post Eno.
Finisco con una considerazione riguardante il missaggio: avrei preferito un minor volume a vantaggio di una maggiore profondità nel panorama sonoro.

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Intervista a Luca Olivieri

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Gouton Rouge – Giungla

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I Gouton Rouge riescono a miscelare il loro buon talento ad una sincerità di fondo che viene, a tratti, edulcorata da una delicata paraculaggine (ad esempio chiamare un brano “Hasselhoff” è paraculaggine) che crea un contesto totalmente svincolato dal pressappochismo che genera la musica di tendenza in Italia. Sono fermamente convinto nella buona fede del quartetto. Il loro è un lavoro molto lineare e pulito: chitarre dal suono prevalentemente crunch, batterie e bassi semplici e tastiere ricercate e presenti quanto basta. Possono ricordare immediatamente i The Drums con qualche sfumatura qua e la figlia dei primi Cure. Le creature della giungla della band lombarda si palesano con un meccanismo lento e fluido, che lascia spazio a personaggi dai contorni abbastanza netti, sintomo di una buona capacità compositiva e di una maturità artistica non molto lontana dall’essere raggiunta. “Sulle mie Labbra” è sicuramente il brano di maggiore impatto del disco, sotto ogni punto di vista. La vera forza dell’ottava traccia risiede in un riuscitissimo bridge che spinge tutto il brano ad un livello effettivamente più alto rispetto al resto del comunque piacevole CD. In definita Giungla è uno di quei lavori che potreste ascoltare due giorni e dimenticare subito dopo oppure tenere nel cuore per sempre. Io sto nel mezzo. Non mi piace né dimenticare né affezionarmi troppo.

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Maneaters – Ugly Dirty Evil

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Bello tosto, aspro, spigoloso. Maneaters – Ugly Dirty Evil. Il primo approccio, lo ammetto, non è stato dei più felici. Sono prevenuto, ingenuo. Una band composta da sole donne. Errore mio. D’altronde vengo dalla provincia.

Ottime melodie, grande spinta ed una voce semplicemente fantastica: ruvida e assolutamente femminile. La forza dell’LP sta nella grandissima capacità di non esagerare, nel tenersi distante dalla banale imitazione, nel lasciarsi trasportare dal flusso delle idee; questa risulta essere l’arma vincente. Una vittoria che le quattro ottengono a man bassa, trionfalmente. Tutto il lavoro è ben organizzato, vivo, accattivante; i brani sono nella giusta posizione e riescono a creare un continuo, piacevolissimo, saliscendi. Si passa dal graffio alla carezza, dall’introspezione più sincera alla rabbiosa accusa, dal muro di chitarre al semplice arpeggio, espressione di una consapevole maturità artistica, dichiarata senza nessuna paura e spavalderia.

Si divertono eccome le pugliesi, spingendo sui powerchord e disegnando melodie immediate ma assolutamente fresche, inedite. D’altronde definirsi “d’influenza foxcore “esplicitazione, questa, nata da una battuta, va a braccetto con la consapevolezza di essere in grado di gestire una retorica assolutamente positiva, recuperando in buona parte il sostrato filosofico ed ideologico di un genere definito e limitato soltanto alla categoria femminile e quindi corrotto (scherzosamente e positivamente) all’origine. Tutto ciò per avvisarvi del fatto che troverete un ottimo mix di spontaneità e riflessione, il tutto tenuto insieme da evidenti e lampanti capacità artistiche (per ricordare a tutti che sfasciare lo strumento su un palco nel pieno di una sbronza colossale non trasforma un/una cretino/a in un artista).Insomma, se credete di avere a che fare con delle sprovvedute, siete assolutamente fuori strada. Se prendessimo quattro ragazze, le collocassimo nello stato di Washington, nei primi anni novanta e le privassimo del lontano riverbero psichedelico che aleggiava nell’aria di quei giorni, ci troveremmo di fronte le Maneaters. Ora, mi si perdoni il semplice esercizio retorico e la scarna applicazione ermeneutica, ma gli accostamenti risultano utili e personalmente li ritengo vicini al vero. Considero Ugly Dirty Evil una delle migliori uscite di questa caldissima estate.

Il disco è da ascoltare nella sua interezza, senza eccezione alcuna. Dico davvero. Non sono ammessi approcci ideologici radicali. Nemmeno etichette. Maneggiare con cura. I miei ossequi.

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Luca Olivieri – La Saggezza delle Nuvole

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Un unico corpo che si muove sinuosamente fra atmosfere eteree. Racconti lontani che accarezzano l’immaginazione. Colori sonori densi e delicati. Un violoncello, un glockenspiel, un flauto e chissà quante altre estensioni della fantasia umana creano un’eco lontana; lo sfondo delicato di un film ancora da scrivere. Luca Olivieri con La Saggezza delle Nuvole ci tiene per mano lasciandosi ascoltare delicatamente, senza compromessi. I frutti del lavoro di due anni ci consegnano un complesso artistico costruito con grande capacità e competenza; si gioca sulle melodie, sui piani sonori, sugli accostamenti fra acustico ed elettronico, in maniera decisa, mai banale ne tantomeno furba. Numerosissime e prestigiosissime le collaborazioni (Andrea Chimenti, Caroline Lavelle, fra gli altri); l’intero lavoro tende continuamente a creare esplosioni controllate, mai per questo artificiose. Si alternano titoli in italiano a titoli in inglese, a testimonianza della consapevolezza di poter raggiungere un pubblico eterogeneo.

Il lavoro è una serie in nove episodi, da seguire con passione e concentrazione. Non è sicuramente il cd che si ascolta un paio di volte, sulle ali dell’entusiasmo, e poi si tende frettolosamente a dimenticare. Se da lato il limite può essere quello di non essere propriamente immediato (bisogna, aimè, fare i conti con l’utente medio), dall’altro è bene chiarire che questo è in tutto e per tutto un lavoro che va ascoltato attraverso il filtro cosciente delle emozioni; è bellissimo scoprirsi protagonisti solitari, in viaggio verso noi stessi.

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