La nostrana IndieBox per il punk e tutte le sue affiliazioni è come una casa madre ospitante e premurosa, un porto sicuro dove le band “professanti” questa ribelle religione anarchica hanno riparo e voce per poi imperversare – col loro ruggito più o meno antagonista – lungo tutto lo stivale ed oltre, e ciò non può che farci piacere tanto da poterci fanfaroneggiare come una seconda Inghilterra di spilloni da balia, creste e urla guerriere.
Anche grandi anfitrioni punk storici e “inquilini della casa” come i calabresi Duff tornano a riempire la scena e forsennati live con un nuovo lavoro “Ci sono gente che non stanno bene”, quindici tracce che oltre ha fornire energia high-voltage continuano con quell’impulso primordiale che è ormai logo di “instabile garanzia” e scuola per tantissimi apprendisti di settore, praticamente un disco Duff è contemplazione elettrica e non solo più – come un tempo – schizofrenia ad alta velocità. Forti di una linguacciuta verità e ferrei nello stare fedeli ai ritmi convulsi “contro”, i Duff escono sempre “vivi e veri” dalle valanghe di mediocrità che arrivano da ogni dove, il loro è un sound punkyes che è tra i più potenti da sempre intercettati nell’underground stizzoso e deviato.
Con gli anni Novanta nelle piastrine e i Nofx nel dna, la formazione di Cosenza conferma una monumentale e visionaria passione a spaccare di brutto, non con la cattiveria che è sempre attribuita – come sfogo – al genere proposto, ma con la forza della melodia storta, quella che dice, ama e combatte con le intemperanze della poesia da cortocircuito, amplificata da woofer e jack impetuosi dal cuore “mammone”; riconoscibilissimi tra la scaletta i padri putativi sonici come Anti-flag, Rise Against, Propagandhi, Diesel Boy e Lagwagon, ma anche uno stainter formidabile che si intercetta nelle tirate elettriche “Che state facendo”, “Solo”, “Cristianità”, nella bella stonatura che fa hook “La tua storia”, nella sterzata sludge che schizza in “Finzione” o nel rock’n’roll old style che furoreggia in “Domani”, una scaletta a perdifiato che si da una calmata (si fa per dire) nell’alcolica e slogata “A luci spente” chiusura cabarettistica – con voci di sottofondo – che fa da gioiellino di promesse e resoconti agroamari.
Buon ritorno per i calabresi Duff, autori di musiche e logos irrequieti come sempre tra i più eccitanti in circolazione