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Swans

Written by Live Report

Un venerdì qualunque, arrivo al Circolo Degli Artisti, Roma, esattamente nell’ora in cui dovrebbe iniziare il concerto e io dovrei essere lì davanti al palco con un pinta bionda in una mano che aspetto l’ingresso degli Swans sul palco, in tour con il nuovo album The Seer. Mi sarò anche perso il gruppo spalla ma non Michael Gira con il suo ultimo lavoro che definisce come:  “30 years to make. It’s the culmination of every previous Swans album as well as any other music I’ve ever made, been involved in or imagined. But it’s unfinished, like the songs themselves. It’s one frame in a reel. The frames blur, blend and will eventually fade.” Non posso perdermi questa gestazione, il lavoro di una vita. Della formazione iniziale rimane solo Gira che a quanto pare non si è ancora stancato e in un’atmosfera Industrial-Gotica ci racconta la nera metropoli fatta di violenza, negozi porno chiusi, alienazione, degrado in uno squallido pessimismo apocalittico.

Sono dentro, l’atmosfera è al punto giusto, il Circolo è pieno di gente, gli Swans sono sul palco, Michael Gira in un lutto tenebroso imbraccia la sua chitarra nera, china il capo leggermente per salutare il pubblico, si gira e fa cenno con la testa al batterista di attaccare. Il pezzo è Coward e il basso allo stesso ritmo della batteria inizia a scandire un ritmo secco e cupo a cui si unisce una chitarra stridulante. Si crea una situazione di assuefazione da vibrazioni sonore, mi sento come risucchiato in questa profana cantilena rumorosa e arida. I miei pensieri vengono scartati dalla potenza di queste cupe vibrazioni mentre il vuoto sembra aver preso il posto del pavimento e una tempesta di meteoriti sta elettrizzando il mio corpo. Non ho mai ascoltato nulla di così dirompente e dal vivo posso assicurarvi che si coglie a pieno l’idea che Gira ha delle sue composizioni che rispecchiano un orizzontalità delle voci in campo; nessuno strumento prevale sull’altro, neanche la voce, tutti insieme allo stesso volume per dare armonia al caos. I pezzi si inchiodano su un motivo e lo perseguitano per svariati minuti, anche quindici, venti, perché Gira sostiene di sentirsi più “vicino a Dio quando si suona lo stesso accordo più e più volte”. Nulla che io possa scrivere qui farà giustizia a questo evento estremamente religioso, estremamente intimo. Un evento spettacolare che ha riempito le mura del Circolo degli Artisti di vibrazioni apocalittiche come fosse una cattedrale destrutturalizzata della nuova epoca postmoderna.

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