Cremonini Tag Archive
Il Video della Settimana: Simone Laurino – “18”
Ecco un esordio davvero bello da sottolineare. Simone Laurino, 18 anni di origine veneta, già cantautore marchiato a fuoco da quel bel pop italiano che un Cremonini ha reso celebre e sdoganato per il main stream – giusto per citare solo le ultimissime cose di questa attualità discografica. Un disco d’esordio dal titolo appunto “18”, didascalico quanto basta per capirei cosa ci racconta Laurino richiamando all’ordine le sua sfaccettature più personali. Autoprodotto con l’aiuto di Daniele Richiedei un bel video con la regia del colombiano Andres Duque Elzaar e prodotto artisticamente da Gustavo Rebonato. L’amore e la vita, quella che in qualche modo sta iniziando o che è iniziata da un po’, genitori, figli, l’essere artisti e la canzone oggi in uno scenario di ingenuità e intraprendenza. Gli ingredienti ci sono tutti. Un bel suono e belle premesse. Resteremo connessi che il bel pop piace un po’ a tutti…il bel pop italiano.
Cesare Cremonini – Logico
Luogo di ascolto: in metro, di fronte a un ciccione con un cheesburger grande quanto il mio orgoglio.
Umore: come di chi prova a imparare qualcosa che già sa.
La mia curiosità di recensire Cremonini parte tutta da un punto: dal momento in cui si è sentita per la prima volta uno spezzone del suo primo singolo nello spot dell’Algida (credo). Ebbene quel frammento di canzone deve avere colpito non poco gli abituali detrattori dell’ex enfant prodige del Pop di 50 special, perchè di lì a poco tempo l’etere era tutto un gorgogliare di sperticati ravvedimenti sulla caratura dell’artista; gente che evidentemente aveva bisogno di un temone con synth house per passare dalla parte di quelli che ” devo ricredermi su Cesare Cremonini, forse sto male, ma il disco è una bomba”, oppure “il nuovo di Cremonini ha suoni da Arcade Fire“. Fermo restando che chi vi parla ritiene gli Arcade Fire stessi una band sopravvalutata e modaiola, ho sentito l’obbligo morale di spendere una parola anche io in merito. Mi sono preso la briga di aspettare il nuovo Logico e ho provato a farmi un’idea un pò meno legata agli isterismi concettuali di certa critica, quella di cui non si capisce un cazzo quando scrive, non perchè scriva con parole sofisticate ma perchè scrive roba che non significa un cazzo. Vi dirò, il disco di Cremonini non è male. Ma non erano male nemmeno quelli che lo avevano preceduto. E lo so perchè li avevo ascoltati e lo avevo visto dal vivo più volte. E’ un personaggio multiforme Cremonini, oppure semplicemente in evoluzione e maturazione: dotatissimo musicalmente e con i giusti riferimenti davanti (è uno cresciuto a pane e Queen, per intenderci, altro che Arcade Fire), ha passato un buon decennio per imbruttirsi e sgarruparsi l’immagine per non essere più associato ad una Pop star alla Eros, manco a farlo apposta ha frequentato le donne giuste (Malika) per uscire dalle grinfie dei primi sogni erotici delle quindicenni e entrare in quelli dei salotti con la puzza sotto il naso, ha provato in ogni modo a cancellare la cadenza scanzonata Bolognese, addirittura storpiando l’italiano del suo precedente lavoro fino a farlo assomigliare al calabrese (provare ad ascoltare “Una Come te”), aveva reso espliciti i suoi ascolti dei Beatles nella coda dello stesso pezzo, meritoriamente simile nelle scelte di orchestrazione ad “All You Need is Love” (l’influenza dei Beatles si avverte, ad onor del vero anche nella nuova “Quando Sarò Milionario”).
Non ci è ancora riuscito. Eppure non serviva, perchè chiunque capisca un pò di musica e non abbia l’anello al naso (come spesso chi dice di capire di musica) si era accorto del talento dell’ex Lunapop già da subito. Uno non può vendere 900 mila copie fisiche e far cantare mezza Italia a 17 anni ed essere un brocco. Scrivere una melodia che rimanga è la cosa più difficile, se ti viene così spontaneo parti già molto bene. Andando avanti è cresciuto ed ha ampliato il raggio, ha approfondito i testi, ha reso più ricercata la musica e gli arrangiamenti. Ma la crescita è stata costante e sicuramente faticosa, considerato il successo da giustificare, mantenere e in un certo senso amplificare. Con questo disco il Cremonini non mi sembra abbia fatto il passo decisivo, la tracklist di Logico scorre fluida e rispecchia tutti i temi intimisti della sua poetica, conserva anche quel gusto per le suggestioni american style (in “John Wayne”) tradotte in salsa Padana (nel senso di pianura); non mi sembra però che abbia ancora acquistato quella personalità e quel carisma che serve per farsi chiamare cantautore, se ancora quella parola ha significato. Forse dovrebbe solo fottersene di tutti quelli a cui quel synth di Logico ha fatto così tanto effetto; del resto quelli non comprano i dischi, nè danno alcuna patente di cantautorato. Perchè Battisti della critica se ne fotteva e Rino Gaetano pure, non parliamo dei Beatles e dei Queen: la critica la patente di artisti glie l’ha data vent’anni dopo, molti anni dopo il pubblico. Diamo a Cesare quel che è di Cesare, non un centesimo di più, nè un centesimo di meno, perchè anche aspettare che arrivi è una bella colonna sonora.
Peanuts 78 – Questione di Gusto
In questi giorni mi sento vecchio. Saranno i malanni di stagione che ogni anno si accumulano tra le ossa, la testa e la gola. Sarà forse che i miei problemi fino a qualche anno fa erano arrivare pronto all’esame e ora mi ritrovo a pensare a mutuo e investimenti. Forse saranno semplicemente le maledette responsabilità. “Old at heart but I’m only 28” diceva Axl Rose in “Extranged”. E mi sento ancora più vecchio perché una volta lui era il mio idolo e ora per me è solo un fantoccio che ha scritto una manciata di belle canzoni.
Potete capire dunque come il mio stato d’animo non possa giovare troppo di un disco che arriva da una giovanissima band propensa a quel pop tanto fresco da rischiare una prematura data di scadenza, condito di parole da Smemoranda liceale, arricchito da elettronica patinata e chitarre pseudo punk (chiedo perdono a Joe Strummer e Joey Ramone ma ormai a queste storpiature credo siano abituati). “Questione di gusto”, il titolo è inequivocabile e i tre torinesi Peanuts 78 sanno benissimo quali sono i gusti dei ragazzi al giorno d’oggi. E attenzione, niente ma proprio niente di male nell’essere degli spudorati “piacioni” soprattutto se si crede nella musica che si suona. “Se sapessi scrivere come quel buzzurro di Fabio Volo di certo non sarei qui a rompervi i coglioni con Leopardi”, diceva spesso la mia superaccultuarata ma onestissima prof di letteratura. E i brani dei Peanuts sono delle vere bombe da classifica a partire da “Insipido”, un po’ ballata alla Tiziano Ferro, un po’ elettronica da luna park. “Non è possibile” invece percorre strade meno lineari, ritmiche inaspettate vengono però raddrizzate in un ritornello facile e sintetico. Il singolo “Fuori Rotta” che ad una prima orecchiata pare non dare nulla in più al disco, stupisce per la facilità di comunicazione. “In equilibrio” prova a spingere su distorsioni e velocità, si cerca di accelerare ma ci troviamo in un autoscontro e i ragazzi cozzano contro le limitazioni del loro stesso pop.
Un bell’applauso in ogni caso va alla produzione, tutto si incastra alla perfezione. Il prodotto certamente suona preconfezionato, ma almeno non da scaffale del supermercato il cui beffardo destino è sempre il cestone dei saldi. Diciamo che conserva la sua genuinità da bancone del mercato.
Tra gli episodi più riusciti sicuramente spicca “Il re”, che rimanda allo stile frivolo di Cremonini ma degenera in un finale robotico. La cornice non cambia: cameretta stracolma di poster, di collezioni autunno/inverno di Zara e un computer portatile posizionato fisso su Facebook.
“Questione di gusto” non è un album memorabile, ma rimane ben suonato, allegro, fresco, orecchiabile, moderno e ricco di pretese. E consideriamo sopra tutto ciò che i ragazzi sono davvero dei pischelli pieni di futuro e strabordanti di musica pop. Non so se la mia prof avesse ragione, ma se potessi tornare indietro di otto anni e fare un album così un pensierino ce lo farei.