I Syne (o Syne E∆Ǝ ) sono di Milano e rischiano grosso. Rischiano tempi dispari, testi concisi, sguardi jazzaggianti e suoni a metà tra l’Elettronica e la tradizione italiana del Progressive Rock, che ascoltando quello che è stato prodotto negli ultimi anni pare si stia del tutto perdendo. Croma è il loro primo LP e suona forte, personale, ambizioso, robotico e spaziale. Insomma come nient’altro che io abbia ascoltato negli ultimi dieci anni. L’inizio di “Verdemente” (per altro accompagnato da un video azzeccatissimo) è scattoso come un vecchio videogioco nella sua sala dismessa, ha un perfetto incastro ritmico dove la voce e le liriche di Marcello fanno breccia nel nostro cervello. Il brano presenta uno spesso involucro roccioso che contiene un dolce liquido caldo, mieloso. Scavando si trova quella melodia che pareva perduta. In Croma c’è ampio spazio per ballate interstellari come “Sono Rosso” che ricorda molto il suono vellutato dei compianti Deasonika. “Cercami” è più testarda e spigolosa e si avvicina di più al Prog e alle inquietanti cavalcate dei Bluvertigo, i cori finali si incastrano tra loro sottolineando una produzione sopraffina. Il tema dei colori torna con “Nera” e l’idea del concept album si fa più completa. “Nera” è cupa, si muove sinuosa in un paesaggio futuristico, decadente, i suoi cinque minuti pare non finiscano mai in un vortice di suoni e parole che accendono nuova luce nel panorama musicale italiano. Le similitudini si sprecano, le canzoni sono così complete che potremmo citare insieme PFM e Muse, Elio e Le Storie Tese e Hawkwind. Sia ben chiaro che questa musica rimane fuori dal tempo e non è sicuramente accessibile a tutti. A trarre in inganno il dolce intro di tastiere in “B.L.U”, subito sballata da un tempo storto e dall’eco che avvolge parole visionarie (per altro metà in inglese e metà in italiano) fuse tra loro, come se si assistesse ad un discorso tra due astronauti dispersi nell’etere. La tensione è sempre viva e palpabile, il senso di instabilità ci tiene appiccicati fino alla fine del disco. Anche la bomba Elettronica “Witches” ha il suo maledetto perché nel suono di un cyborg che martoria la sua chitarra super effettata. Mentre “Aerie” rimanda agli anni 80 e ad un mood vicino ai Depeche Mode, il finale dedicato ad un altro colore “Yellow” pare essere la previsione di quello che sarà il Punk Hardcore del prossimo secolo. Grida lontane, batteria martellante e synth ossessivo. Potrebbe scadere tutto in un facile pastone confusionario, ma i Syne sono bravissimi ad ammorbidire tutti gli spigoli, ammortizzando gli urti. La botta in testa alla fine manca fisicamente, ma il cervello esce annebbiato, affaticato e piacevolmente sotto sopra. Questo disco è fatto di materia grigia e di tanto sudore, tutto unito a un’enorme voglia di futuro e di novità.