Atto primo per gli umbri Wonder Vincent, The Amazing Story Of Roller Kostner, musica hot per orecchie “americanizzate” a tutta dritta, ottimo rock’n’roll dentato di blues, funk e solletichi slabbrati di rockabilly punky e stoner che fanno tempi gloriosi lungo la tracklist, sul dorso di otto tracce impazzite, un disco che cucina a fuoco vertiginoso un ascolto pieno e mai allineato come le pieghe di lunghe notti su ballrooms alla corte di vizi inconfessabili.
Tutto gira intorno alla figura allucinata di un Roller Kostner, eroe ed antieroe di tutto ma che da modo e moto proprio a questa formazione di trattare una creatività sonica non indifferente, aggiungeteci un pizzico di volume alle stelle e tutta la sfrenata disinibizione dei debutti che fanno subito centro, e sarete protagonisti assoluti di una sensazione da mainstream, a confine tra un’opera laida di rock a sangue e una benedizione densa di immaginazioni e strade sterrate da cavalcare con l’anima e cuore; otto ingranaggi sonici da frontiera voraci di libertà in grado di far dialogare gli strumenti con i suoi raid stilistici, e non è un semplice contentino per amanti o aficionados di settore, è un carboidratico sound generale che mette soggezione per la parte tecnica e spacca il plesso solare per la forza meravigliosa che percuote ogni millimetro della list.
Andrea Tocci alla voce, Luca Luciani guitars/harp, Marco Zitoli bass/voce e Andrea Spigarelli batteria e percussioni, gestiscono una pressione musicale d’alto bordo, circola nelle venosità do ogni singolo componente il sangue dolce-amaro del rosso yankee, imprevedibile e corale, masticano e sbavano chitarrismi imperanti, urlano e addolciscono melodie e anthems come dentro immaginette sacrificali in equilibrio tra deserto e Delta, una sequenza di brani di grinta e ficaggine assoluta; irresistibilmente adorabili gli ondulamenti wah wah –funky “Funk’o’Saur”, feroce l’epilettismo sliddato alla Alvin Lee “My Little Bunny”, sfiziosa la spennata slogata che si traveste da garage “Piss & love” ed il Dylan virtuale che da continuità ad un country baldanzoso e da hi hip urrà “Venus in Darfur”.
E’ solo un inizio questo dei Wonder Vincent, un quartetto che fa grandi numeri ed è già un preciso indicatore di quello che verrà. Consigliatissimo!!