Quando ascolto un nuovo disco, tra le prime cose che faccio, mi soffermo sul titolo e spingo l’acceleratore sull’immaginazione per vedere fino a dove mi riesce a portare. Il titolo che ho davanti in questo momento è Vol.3 – Il Cammino di Santiago in Taxi della Brunori SAS, fondata da Dario Brunori. Non ho mai avuto modo di fare l’esperienza del Cammino di Santiago, ma dai racconti di chi si è cimentato in questa impresa colgo che la bellezza di tale cammino sta nel viaggio in sé, nelle tappe intermedie che lo compongono, negli incontri casuali che lo caratterizzano. Con questa premessa, la lentezza del mezzo di locomozione diventa una condizione necessaria e sufficiente per assaporarne appieno tutte le tappe ed arricchirsi interiormente sotto diversi aspetti. A piedi, in bicicletta, in autostop o in bus, immagino un viaggio a volte più lento, a volte più veloce, ma che dà sempre la possibilità di creare legami con gli esseri viventi circostanti: piccoli pezzi di vita messi nelle mani di altre vite. Cosa posso aspettarmi invece da un Cammino di Santiago che avviene in Taxi? Certo la comodità del viaggio è un aspetto allettante, ma il solo pensiero di una conversazione più o meno sterile con il tassista che riguarderà nel 90% dei casi il Meteo e nel 10% la Crisi mi fa venire un’ansia assurda. Premo play, forse è meglio.
“Arrivederci Tristezza” arriva dopo una breve introduzione al piano. Più che un titolo è un monito: la tristezza si saluta solo con un arrivederci e mai con un addio. Il brano, che si sviluppa in un graduale crescendo, mi porta alla consapevolezza che la Brunori SAS funziona sempre più come una piccola orchestra: gli strumenti si moltiplicano, il suono si completa di sfumature che lo rendono più caratteristico, gli arrangiamenti sono più articolati, anche se non mancano brani più intimi. Tra questi ci sono “La Vigilia di Natale”, dove bastano voce e piano per raccontare l’angoscia di certi giorni festivi, dell’ obbligo alla felicità dettato dal numero rosso di un calendario, oppure “Kurt Cobain”, che introduce il tema del suicidio partendo da una serie di riflessioni sul senso della vita, e che perde di intensità nel ritornello dove vengono tirate in ballo le morti di Kurt Cobain e Marilyn Monroe come esempi emblematici (il motivo di tale scelta rimane per me ancora un mistero). La conclusione alle riflessioni sul senso della vita si risolve in un forse troppo superficiale: vivere è come sognare ci si può riuscire spegnendo la luce e tornando a dormire. “Mambo Reazionario”, dal ritmo quasi caraibico, è un modo ironico di criticare la decadenza di certi ideali di rivoluzione. I temi scottanti arrivano con “Pornoromanzo” che si rifà al tema dell’amore tra adulti ed adolescenti, dei novelli professor Humbert e delle moderne Lolite, che confondono sesso e amore, il tutto cantato con un ritmo rockeggiante ed un linguaggio esplicito che esclude ogni fraintendimento. “Le Quattro Volte” mette in risalto lo scorrere inevitabile del tempo e la routine che accompagna la vita affrontandone con tono semplice e leggero le tappe che la caratterizzano, dalla scuola elementare alla pensione, senza però considerare che il corso della vita è ormai cambiato, e che in pochi si rivedono nelle tappe descritte. “Il Santo Morto” è una sorta di zapping televisivo di immagini contrastanti, che vanno da Padre Pio al Pulcino Pio, senza tralasciare i programmi trash che ci propone Nostra Signora TV. “Il Manto Corto” spegne le parole e permette alla Brunori SAS di esprimersi con la sola forza del suono, e ciò che ne viene fuori è una bella conversazione in musica in un brano del tutto strumentale. Non potevano mancare infine le storie d’amore finite male, come “Maddalena e Madonna” e “Sol Come Sono Sol” in chiusura, una sorta di Valzer sulla solitudine con tanto di storia di abbandono sull’altare.
Il viaggio è finito e sotto certi punti di vista è stato comodo e veloce. Ma per quel che mi riguarda, non sempre la parola comodo è sinonimo di bello. È stato comodo nella scelta di alcune tematiche, e veloce nel modo di trattarle in superficie, con retorica, senza addentrarsi troppo nelle questioni, lasciandosi indietro la possibilità di arrivare fino in fondo. La scelta di intraprendere un cammino come quello di Santiago, e la scelta di farlo in Taxi, lasciandosi indietro dettagli che avrebbero davvero potuto fare la differenza. Posso affermare con sicurezza che il titolo dell’album è quello giusto.